Poesia del giorno. Davide Rondoni
CERN
Da che punto dell’universo
si sono chiamate nella tenebra
le nubi luminose di galassie per iniziare
a immaginare il tuo viso dove non c’era
immagine ancora
da quale
improvviso silenzio delle orbite musicali
del non tempo
ha iniziato a venirmi incontro
il tuo sorriso, il corpo carillon –
e da quale sperduto scambio di inchini di stelle
nell’istante della loro esplosione e morte
ha iniziato a venire verso di me
la tua delicatissima figura, la linea dolce
e dura della tua concentrazione
Era mattino? Era sera? Dov’era
il treno che prendesti, la mia voce rotta di poesia, dov’era
quella città bianca nella mappa del non universo ancora?
Era già vita, o era già la sua
nostalgia?
Ti crea e mette a mio imperio
la natura, e il vento che via le traversa lo sguardo
amore in tutto l’anticipo tutto il ritardo
appari sulla mappa del pianto dei millenni
ti affina la energia libera degli elementi, la malinconia
primordiale di forze indenni
il loro unirsi nel rischio del vivente,
in una cosa chiamata
“ecco è, così
sia”
– che destino sono i miei occhi per vederti
che appuntamento hanno preparato le prime
collisioni della vita con la vita
per la carezza che ora meravigliato
avvicino al tuo viso
ho al braccio tutti i nastri e gli sciami
di pianeti e astri
da dove vieni, creatura così di continuo creata
nell’aria fino a qui dall’inizio tremata
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