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Elezioni in Angola: proteggere la famiglia Dos Santos

23 Agosto 2017

Lo storico Presidente rivoluzionario José lascia lo ‘scettro’ del Paese: è l’unico modo per prevenire una rivoluzione

Dopo 38 anni di potere incontrastato José Dos Santos abbandona il potere, non presentandosi alle elezioni che si sono tenute oggi 23 agosto. La decisione fu annunciata con largo anticipo nel 2016, facendo entrare il Padre della Nazione tra il ristretto circolo di Presidenti africani che passano il potere prima della loro morte. Dos Santos è un indiscusso eroe nazionale.

Ispirato dal movimento Panafricano e dal marxismo liberò l’Angola dall’oppressione portoghese dopo una guerra di liberazione svoltasi negli Anni Settanta dove il Portogallo non era intenzionato a perdere le sue ultime colonie africane (Angola e Mozambico). La resistenza dell’esercito coloniale portoghese fu sanguinaria e la guerra di liberazione conobbe le stesse atrocità e crimini contro l’umanità inflitti quindici anni prima dai francesi in Algeria.

Ereditato un Paese distrutto dai Portoghesi, Dos Santos dovette difendere la giovane Repubblica Socialista dalla controrivoluzione organizzata da Stati Uniti ed Europa Occidentale che crearono l’Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola (UNITA), composta dagli elementi più fascisti del ex esercito coloniale autoctono e da mercenari. La guerra civile angolana fu il primo scontro internazionale in Africa dove si riscontrarono dinamiche simili all’attuale guerra civile in Siria. In piena Guerra Fredda, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e il regime Boero del Sud Africa sostennero l’UNITA contro il neonato governo di liberazione con il preciso obiettivo di distruggere sul nascere lo Stato socialista africano e instaurare un governo fascista burattino delle multinazionali occidentali.

All’epoca erano ben note le potenzialità petrolifere angolane oltre ai giacimenti di diamanti, oro e altri metalli preziosi. Dos Santos a capo del Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (MPLA) fu sostenuto da vari Paesi africani, Unione Sovietica, Cina, Vietnam e da Cuba. Fidel Castro inviò centinaia di migliaia di soldati a combattere sul fronte angolano divenuto un simbolo di resistenza contro l’imperialismo occidentale e il capitalismo.

La guerra civile durò oltre un ventennio e solo agli inizi del 2000 l’UNITA fu definitivamente sconfitta. A seguito della caduta del blocco sovietico Dos Santos abbandonò il Marxismo per istaurare un ‘Capitalismo di Stato’ simile a quello creato dal Partito Comunista Cinese. La vittoria sull’UNITA e il ripristino della pace crearono le condizioni ideali per sfruttare a pieno le potenzialità petrolifere. In pochi anni l’Angola divenne uno tra i principali produttori di petrolio nel Continente e una potenza economica e militare regionale in grado di influenzare la sorte di vari Paesi tra cui la Repubblica Democratica del Congo, dove il potente esercito angolano impedì agli eserciti di Uganda e Rwanda di conquistare il ricco Paese durante la Seconda Guerra Pan Africana (1998 – 2004).

Il petrolio creò un indiscusso boom economico trasformando l’Angola in una potenza in grado di attuare investimenti in Europa e di evitare la bancarotta del Portogallo nel 2007 tramite ingenti prestiti monetari. Gli imprenditori angolani acquistarono molte unità produttive portoghesi che tutt’ora mantengono e i giovani della ex potenza coloniale, privi di futuro e di lavoro, emigrano in Angola per rifarsi una vita.

Il boom economico angolano non ha però sviluppato il Paese. La popolazione vive ancora in povertà e nelle campagne il tempo sembra essersi fermato. La disoccupazione è a livelli ormai insopportabili. L’Angola, assieme alla Nigeria, è il classico esempio di concentrazione di potere e ricchezze ai danni delle rispettive popolazioni. Il Padre della Nazione, abbandonando il Marxismo concentrò tutto il potere politico nelle sue mani e il potere  economico fu concentrato dalla sua Famiglia. Ai membri del Partito e all’Esercito fu consentito di arricchirsi grazie alla corruzione e a traffici illeciti di armi, diamanti e oro a patto che restassero fedeli alla Famiglia Dos Santos.

La figura chiave all’interno dell’Impero Dos Santos è sua figlia: Isabel Dos Santos, la più ricca donna africana attualmente Direttrice indiscussa della ricchissima multinazionale SONANGOL, la compagnia petrolifera statale che rappresenta il fulcro dell’economia angolana. La SONANGOL è stata utilizzata non per sviluppare il Paese e elargire benessere alla popolazione ma per aumentare le immense fortune della Famiglia Presidenziale. Grazie al petrolio Isabel ha costruito un Impero Economico internazionale che ingloba vari settori economici sia in Angola che in Portogallo. Holding Telecom, banche, ditte edili e supermarket sotto diretto controllo di Isabel apportano altri milioni di dollari.

Quello che resta dell’economia angolana è sotto il controllo del figlio: José Filomeno Dos Santos. Gestisce l’intero sistema finanziario nazionale, i fondi sovrani (dal valore di 5 miliardi di dollari), e la maggioranza delle banche. Ogni imprenditore angolano e investitore straniero è direttamente o indirettamente  controllato da Filomeno. Recentemente ha comprato il 49%  delle azioni della Standard Bank Angola divenendo così uno tra i più importanti azionisti della potente banca sudafricana: Standard Bank Group, operante in 38 Paesi in Africa ed Europa.

I figli minori: Welwitschia José Dos Santos Pego (detta Tchizé) e José Paulino Dos Santos (detto Coreon Dù) sono stati compensati dal Padre della Nazione in modo che non si sentissero esclusi dagli affetti familiari. Tchizé controlla il Comitato Centrale del MPLA, la TV di Stato TPA 2 oltre ad essere  la principale azionista del Banco Prestigio. Paulino, interessato all’arte più che agli affari, controlla assieme alla sorella la compagnia Semba Comunicação, la Hollyvood angolana che sforna film e soap opere per tutto il Continente e l’America Latina creando una produzione cinematografica talmente florida che è in grado di competere con quella Nigeriana e creare milioni di dollari di profitti.

Edane Danilo Dos Santos, altro figlio del Presidente, gestisce vari investimenti e controlla la Banca delle Poste : Banco Postal de Angola. La terza moglie di Dos Santos, Ana Paula, è la principale azionista del Banco Sol, della esclusiva ditta Deana Spa e controlla la maggioranza delle principali attività commerciali e ditte del terziario della capitale Luanda tramite fedelissimi prestanome.

Il ritiro dalla scena politica nazionale de Dos Santos non è stato motivato da ideali democratici ma dalla precaria condizione di salute  del Padre della Nazione che spesso si reca in cliniche specializzate a Barcelona. Tutti si aspettavano che Dos Santos nominasse uno dei suoi figli alla Presidenza. Al contrario ha attuato un’abile mossa, trasferendo il potere al Partito e nominando suo successore il Ministro della Difesa João Lourenço. Questo trasferimento di potere è basato su un preciso patto tra “gentiluomini”: mantenere intatto l’Impero Finanziario Dos Santos.

Nato nella provincia de Benguela Lourenço è una figura  chiave sia nella guerra di liberazione contro i portoghesi sia nella guerra  civile contro l’UNITA. Il suo indiscusso coraggio sui campi di battaglia lo ha portato a controllare il partito al potere riuscendo a bilanciarsi tra le varie correnti interne comprese quelle avverse alla Famiglia Dos Santos. Lourenço gode di ottimo prestigio  all’interno dell’esercito. Il prescelto è un fedelissimo del Padre della Nazione e il suo compito è di garantire il potere politico ed economico della Famiglia, permettendo a Dos Santos, ai suoi figli e a sua moglie di interagire ed influenzare le sorti dell’Angola durante il suo scontato mandato presidenziale.

La vittoria elettorale di João Lourenço sembra scontata e non necessita di frodi o manipolazioni. Il MPLA è ancora visto dalla popolazione come il partito guida del Paese, nonostante le degenerazioni subite al suo interno. Nelle legislative del 2012 il MPLA ha preso il 71,84% dei voti in totale assenza di frodi. Il principale partito di opposizione è rappresentato dagli ex-guerriglieri fascisti della UNITA che hanno potuto accedere alla vita democratica abbandonando la lotta armata. L’UNITA paga politicamente un ventennio di atrocità e crimini inflitti alla popolazione. Meno del 20% dei cittadini sono disposti a concedergli il loro voto.

João Lourenço dovrà gestire la non facile situazione interna causata dalla crisi economica a seguito del crollo del prezzo mondiale del petrolio. A livello continentale la Repubblica Democratica del Congo sta diventando un serio problema e Luanda ora è più propensa ad un cambiamento di regime a Kinshasa se non alla balcanizzazione del Congo, vecchio progetto Americano, Ruandese e Ugandese mai abbandonato. L’Angola è stata tradita dalla Famiglia Kabila che non ha rispettato gli accordi presi durante il suo sostegno militare nel 1998. Nessuna seria compensazione in oro e petrolio è stata elargita all’Angola.

Luanda controlla di fatto le immense riserve minerarie della confinante provincia congolese del Katanga, attualmente in pieno subbuglio. La guerra fredda tra Luanda e Kinshasa crea vittime dirette. Il governo angolano si accanisce contro i centinaia di migliaia di congolesi che si sono rifugiati in Angola per scappare dagli orrori di guerra etnica e dalla miseria. Sul fronte interno João Lourenço deve affrontare vari gruppi ribelli separatisti. Il più famosi  operano nella ricca enclave congolese: Cabinda (che assicura il 8% del greggio nazionale) e nella regione di Lunda Norte. La probabile sconfitta elettorale potrebbe spingere l’UNITA  a riprendere la lotta armata. Sarebbe comunque una decisione non fruttifera in quanto il movimento armato fascista ha perso tutti i suoi storici alleati che ora considerano il MPLA idoneo a tutelare i loro  interessi in Angola.

Una minaccia interna ben peggiore dei gruppi separatisti e dell’UNITA grava sul Paese. La mancata distribuzione delle ricchezze petrolifere e la povertà estrema diffusa potrebbero portare a rivolte popolari incontrollabili che metterebbero a serio rischio il partito al potere, la Famiglia Dos Santos e le multinazionali straniere tra le quali anche la nostra  ENI. La campagna elettorale di João Lourenço fa intravvedere le prossime mosse del MPLA delineate dal Padre della Nazione. I Dos Santos sono consapevoli che se si continua il processo di accumulo delle ricchezze nazionali si andrà dritti ad una crisi di sostegno del MPLA, scissioni e a rivolte popolari dove l’utilizzo dell’esercito diventerebbe assai problematico. All’interno dell’esercito è ancora forte il senso di protezione del popolo sorto durante  la guerra di liberazione e la guerra civile contro le orde fasciste. Questo potrebbe provocare un colpo di Stato o una rivolta qualora fosse impartito l’ordine di sparare durante una rivoluzione contro la tirannia Dos Santos.

L’unica via di uscita è fermare l’accentramento di potere della Famiglia Dos Santos, ridistribuire parte delle ricchezze, creare un ceto medio, migliorare le condizioni di vita di operai e contadini, aumentando così il mercato interno e la coesione politica al MPLA. Questa via di uscita sarebbe stata delineata dalla stessa Famiglia Dos Santos. Anche bloccando la sua espansione, l’Impero Dos Santos è talmente  vasto e solido da poter permettersi “regali” alla popolazione senza soffrirne economicamente.

Il Capostipite della Famiglia ha fatto una serie di abili mosse per garantire la sua influenza politica sul Paese dopo l’abbandono della Poltrona Presidenziale. Nel 2016 Dos Santos ha varato una legge che lo pone come Presidente del MPLA fino al 2021 con poteri di scegliere i parlamentari del partito. Lo scorso luglio è stata approvata una legge che pone Dos Santos al comando della Difesa e dei Servizi Segreti dopo il suo mandato presidenziale. Questa legge mette al riparo la Famiglia da un eventuale tradimento di Lourenço.

Le riforme interne decise da Dos Santos e cavallo di battaglia della campagna elettorale del futuro Presidente si basano sulla lotta contro la corruzione, la diversificazione economica sviluppando industria e agricoltura e il miglioramento della Sanità ed Educazione, ancora considerati diritti gratuiti. La dichiarazione rilasciata da Lourenço al ‘Washington Post’ non lascia spazi ad interpretazioni: “I nostri sforzi saranno orientati verso una amministrazione trasparente e la lotta  contro la corruzione“. La lotta contro la corruzione farà vittime, forse già individuate, all’interno della Amministrazione Pubblica e al Partito salvaguardando però il patrimonio della Famiglia Dos Santos e le necessarie risorse che il MPLA necessita per funzionare e mantenere il consenso popolare.

Gli unici settori non presi in considerazione da questa riforma interna al MPLA riguardano i diritti civili e la libertà di espressione, entrambi tabù per Dos Santos, MPLA e persino per Lourenço. Qualche mese fa il Ministro degli Interni ha distribuito ai media un decreto che vieta ogni protesta o dimostrazioni promosse da sindacati, società civile e altre associazioni. Il divieto riguarda anche manifestazioni di protesta contro i risultati elettorali e prevede l’immediato uso della forza da parte della polizia, corpo di difesa che è maggiormente sotto controllo di Dos Santos rispetto all’esercito che in questi ultimi anni ha beneficiato di un potenziamento in armi, addestramento e risorse finanziarie. Il decreto è esteso al di là del periodo elettorale. D’ora in avanti, in Angola, qualsiasi dimostrazione popolare, sciopero o protesta non organizzate dal MPLA sono soggette ad autorizzazione del governo centrale e dei governi provinciali, ovviamente  tutti sotto  controllo del Partito Rivoluzionario che dal 1975 garantisce “Libertà” e “Progresso” a tutti gli angolani…