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Arabia Saudita, i diritti delle donne e la vittoria di Maryam

1 Agosto 2017

L’attivista è tornata libera. Senza cauzione e il permesso di un famigliare-tutore. Un precedente storico per il movimento di emancipazione Guardiana di me stessa sostenuto dal Qatar.  

Per la maggioranza delle saudite rappresenta una vittoria storica il rilascio – senza la cauzione di nessun tutore – della giovane attivista Maryam al Otaibi, arrestata nell’aprile 2017 dopo essere scappata dalla famiglia per vivere da sola in modo indipendente nella capitale Riad. Nel regno assolutista degli al Saud, (dove non esiste un parlamento, si vota solo per i Consigli municipali con potere consultivo e dove il velo e l’abito nero – l’abaya – sono obbligatori per le donne) le saudite possono svolgere solo limitate professioni, non possono guidare da sole, né sposarsi o possedere un passaporto per l’estero senza la firma di un tutore: in genere il padre, un fratello o il marito.

LE BATTAGLIE DELLE DONNE. All’esplosione delle Primavere arabe, nel 2011, aveva fatto il giro del mondo la giustissima e scenografica protesta di un gruppo di saudite alla guida delle loro lussuose auto senza autista per la campagna Women2drive: una rivendicazione che di tanto in tanto torna attuale, con nuovi tentativi di abolire il divieto attraverso un nuovo tam tam e nuove foto.

Questa estate ha fatto molto rumore anche l’arresto (e il successivo rilascio) di una modella che si era filmata in minigonna nella città storica di Ushayqir, circa 150 chilometri a Nord di Riad, postando poi il video sui social network. Meno, invece, si è parlato della fuga di Maryam, che ai suoi oltre 32 mila follower sui social network diramava i post della campagna contro il cosiddetto “sistema del guardiano” accompagnato dall’hashtag #IAmMyOwnGuardian, «sono la guardiana di me stessa». Con altre firmatarie della petizione, Otaibi aveva scritto anche a re Salman che, come il predecessore Abdallah, qualche strappo alle regole lo aveva concesso.

PICCOLI PASSI GRADUALI. Nel frattempo nel Paese qualche passo in avanti è stato fatto. Le Municipali del 2015 sono state le prime a suffragio universale dove le donne, ancorché nella segregazione dei sessi e con divieto di foto, hanno potuto votare e anche candidarsi. Nel 2017 re Salman ha poi cancellato l’obbligatorietà del permesso firmato da un famigliare maschio anche solo per uscire di casa, concedendo alle donne di studiare e accedere ad altri servizi statali, come quelli sanitari, per loro libera scelta. Sotto il regno di Abdallah, era stato significativamente aumentato l’accesso a un’istruzione qualificata, con campus all’avanguardia e borse di studio anche per l’estero. La monarchia fondamentalista della setta originariamente wahabita degli al Saud, dove gli Usa non hanno mai tentato di esportare la democrazia, resta il baluardo dell’islam, ma non è un monolite.

Le donne saudite, con la loro tenacia, hanno piantato piccoli semi per la parità di diritti e le libertà d’espressione: un percorso in verità duro anche per gli uomini al di fuori della (pur prolifera) tribù beduina dei monarchi. «Non tornerò ancora all’inferno, anche se perderò la vita», aveva twittato Maryam prima di essere imprigionata per oltre 30 giorni nelle carceri di Raid. Non si trattava di retorica, visto che in Arabia Saudita per le donne è in vigore la pena di morte per lapidazione. Otaibi accusava anche la polizia della sua cittadina d’origine – al Ras – di cospirare contro di lei, d’accordo con la sua famiglia. Vero è che abbandonato il tetto domestico, era stato il padre a rivolgersi alle forze dell’ordine a denunciare il suo comportamento “trasgressivo”. E che in precedenza, l’attivista aveva tentato di disobbedire anche al fratello-padrone ma era stata più volte segnalata alle autorità.

UNA PIETRA MILIARE. La notizia del rilascio di Maryam, senza il consenso di un parente maschio tutore, viene festeggiata dalle femministe arabe come una «pietra miliare», un precedente per l’auto-determinazione delle saudite: dal 30 luglio potranno lasciare casa senza il permesso degli uomini. «Un grande giorno per le donne saudite», «eroina», «coraggiosa» scrivono in Rete altre attiviste. Di più: «Maryam, il tuo sogno si è avverato. Ora sei sicura nel tuo Paese».

Le donne di #IAmMyOwnGuardian contano di strappare altre aperture alla monarchia, magari con la successione al trono del 30enne figlio del re e principe Salman, prevista stando alle indiscrezioni già il prossimo settembre. Altre giovani saudite, prima della modella ormai diventata famosa, avevano postato foto o erano uscite senza velo finendo per essere arrestate e quindi rilasciate. Altre avevano tentato la fuga come Maryam, mai non sono tornate libere. Le spinte verso l’emancipazione sono sempre più forti, rilanciate soprattutto da media arabi e internazionali liberi di proprietà del nemico e boicottato emirato del Qatar, come al Jazeera, o da esso finanziati, come The new arab (ex al Araby al Jadeed). Per sopravvivere gli al Saud sono costretti a concessioni.