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Terrore e relazioni col ricco Qatar: chi ha paura dello scomodo Iran

7 Giugno 2017

Un attentato dell’Isis colpisce al cuore Teheran. E la Guardia rivoluzionaria punta il dito sull’Arabia saudita. Destabilizzazione dei piani di soft power con Doha e affari sul gas: cosa c’è dietro la partita del Golfo.

L’attentato al cuore della Repubblica islamica, al suo parlamento e al santuario del fondatore Ruhollah Khomeini è caduto immediatamente dopo il blocco diplomatico ed economico del fronte dell’Arabia saudita al vicino emirato del Qatar, cacciato dall’alleanza con gli Stati del Golfo e in odore di un patto con l’Iran. A meno di tre giorni dallo strappo, due commandi di kamikaze e terroristi hanno sparato sulla folla facendosi esplodere nei punti tra i più impenetrabili e intoccabili di Teheran, mentre altri gruppi di jihadisti sono stati neutralizzati nella capitale. Non si ricordano attacchi del genere, organizzati e a catena come a Bruxelles e Parigi, ai luoghi istituzionali e religiosi dalla rivoluzione islamica del 1978.

MONTA L’IRA CONTRO USA E SAUDITI. Con questo sconvolgimento, il santuario sciita di Khomeini si avvicina paradossalmente al Bataclan e ai locali parigini delle danze e delle musiche vietate in Iran, che mai l’ayatollah aveva frequentato neanche durante l’esilio in Francia. L’Isis ha rivendicato immediatamente, spari all’uscita del parlamento sarebbero stati avvertiti anche contro i passanti. E con lo choc monta istantanea in Iran l’ira per gli «Stati Uniti e il suo servo saudita». «Morte all’America e all’Arabia saudita» è lo slogan che ritorna, dopo la già grave crisi di inizio del 2016 dell’assalto all’ambasciata saudita dopo le esecuzioni di massa a Riad di decine di oppositori, incluso l’imam sciita Nimr Al Nimr. E anche la Guardia rivoluzionaria punta il dito contro l’Arabia colpevole di essere «dietro l’attentato».