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Socialismo: è morta la coscienza di classe?

8 Giugno 2017

Con gli storici Sabbatucci e Colarizzi analizziamo le ragioni di una crisi ormai trentennale

L’Era della Globalizzazione è un’epoca di passaggio e di grandi cambiamenti. Come sempre accade in periodi simili, persone, istituzioni e idee sono messe di fronte ad un dilemma fondamentale: adeguarsi alle nuove realtà o divenire irrilevanti. In campo politico, a subire maggiormente questo momento di crisi sono stati la Sinistra e, in particolar modo, il Socialismo.

Dopo la grande stagione degli anni ’50 e ’60 del XX secolo, la Sinistra è gradualmente andata perdendo la sua capacità di parlare agli elettori che, storicamente, erano il suo bacino di consenso, ovvero le classi operaia e contadina. Oggi ci troviamo in una situazione che potrebbe confondere chi volesse tentare di comprendere la realtà attuale con vecchi strumenti: i partiti della Sinistra vengono votati soprattutto dalle classi borghesi, mentre le classi popolari si rivolgono più a proposte di Destra, quando non di estrema Destra. In questo modo è venuto a saltare uno dei punti fermi della situazione politica, quanto meno europea, venuta a crearsi nel secondo dopo-guerra.

A trarre guadagno dalla crisi della Sinistra e del Socialismo sono stati movimenti che, di per sé, non si pongono come rappresentanti di una data parte della società, ma come rappresentanti di tutta la popolazione: è il trionfo di movimenti che si definiscono inter-classisiti e che, spesso, propongono istanze populiste.