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Il voto francese e il collasso della Quinta Internazionale socialista

8 Maggio 2017

Il declino dei suoi partiti ora è irreversibile, eccezion fatta per quello tedesco. Colpa del flirt col capitalismo. E di leader che, dopo Delors, tali non sono. Anche a sinistra servirebbe un Macron.

Le elezioni francesi sono per il “socialismo” un po’ quello che la caduta di Berlino fu per il comunismo. Socialismo occidentale e comunismo non sono comparabili, è ovvio. Democratico l’uno, totalitario l’altro. Ma il tratto comune, che alcuni lungimiranti videro nell’89, è che la morte dell’uno avrebbe provocato la morte dell’altro. La Francia ha indicato il declino ormai irreversibile del partito legato all’Internazionale socialista e, se non fosse per la Germania che nella storia del socialismo ha sempre avuto un ruolo diverso, oggi potremmo concludere che il socialismo europeo è finito.

SONO TUTTI BLAIRIANI. Hanno concorso molti fattori. Il primo è certamente la trasformazione dei partiti socialisti in partiti di centrosinistra o della Terza via. L’impronta socialista, magicamente incardinata sul patto del Welfare, è venuta via via a diluirsi dentro l’idea antica della mano invisibile e protettiva della globalizzazione estrema che avrebbe prodotto qualche strappo ma arricchito tutti rilanciando il capitalismo. Il socialismo di questi anni ha così perso finalità. Quello “democratico” da soggetto di trattativa e di riforma del capitalismo ne è diventato il suo portavoce anche negli aspetti più crudeli e punitivi verso il lavoro. Nessun leader della sinistra, soprattutto in Italia, può sottrarsi a questa responsabilità. Sono stati tutti blairiani e clintoniani, anche se oggi cercano di nasconderlo.