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Fuga, rivincita e riscatto: storie di donne migranti per celebrare l’8 marzo

8 Marzo 2017

Emma Bonino incontra alcune migranti che dopo aver lottato sono riuscite ad affermarsi nel nostro Paese. Vittime di tratta e violenza, oggi hanno un’impresa e si sono integrate. Un modo diverso per celebrare l’8 marzo, un altro volto della nostra società



Storie di fuga e di riscatto. Storie di donne immigrate in Italia, che dopo aver lottato sono riuscite ad affermarsi nel nostro Paese. Come Agitu Ideo Guideta, che dagli altopiani dell’Etiopia si è trasferita in Trentino, dove ha realizzato il suo progetto di agricoltura sostenibile. Oppure Habiba Ouattara, rifugiata della Costa d’Avorio che ha aperto a Roma un catering multietnico. Princess Okokon è arrivata dalla Nigeria, vittima della tratta di esseri umani. Oggi lavora come mediatrice culturale ad Asti e aiuta la sue connazionali a liberarsi dalla schiavitù. Storie incredibili e un modo diverso per celebrare l’otto marzo. Tante esperienze di vita per ricordare, nella giornata dedicata alle donne, il tema dell’immigrazione, troppo spesso declinato solo al maschile. Ma anche il nuovo volto della società italiana. A promuovere l’incontro è la radicale Emma Bonino, già ministro degli Esteri. Un evento organizzato presso la sede della Stampa estera di Roma per conoscere da vicino le storia di tante donne venute da lontano «e dare voce a quella parte del Paese che tanta voce non ha, come le 800mila badanti che abbiamo nelle nostre case». Oppure le centinaia di migliaia di clandestine, «che lavorano in nero e vengono sfruttate» continua Emma Bonino.

Agitu Ideo Gudeta è una rifugiata etiope. Nella sua terra ha combattuto lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, gli affari delle multinazionali che retribuiscono i contadini 85 centesimi al giorno. Divenuta un’attivista dei diritti dei lavoratori, è stata costretta a fuggire nel nostro Paese. In Trentino ha realizzato il suo progetto di agricoltura sostenibile. Oggi ha ottanta capre, recupera terreni abbandonati in Val di Gresta, produce latte e formaggi. «I miei antenati in Etiopia erano pastori nomadi – racconta con un sorriso – Evidentemente la pastorizia è nel mio Dna».