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Gli Herero e i Nama fanno causa alla Germania per genocidio

di Niema Movassat, Die
Freiheitsliebe, 23 gennaio 2017, traduzione italiana di Milena Rampoldi,
ProMosaik. 


“Scuse subito: non c’è prescrizione per il genocidio”. Foto: Uwe Hiksch
All’inizio di quest’anno rappresentanti degli Herero e dei Nama della Namibia
a New York hanno avviato un procedimento contro la Repubblica Federale Tedesca
per genocidio, richiedendo il risarcimento materiale per il genocidio del
1904-1908 e una partecipazione diretta alle negoziazioni.
Le negoziazioni ufficiali del
governo tedesco con quello namibiano oramai procedono da oltre un anno. Ma
questo processo, inizialmente avviato per promuovere la riconciliazione, sta
per riaprire vecchie ferite e creando nuovi dissesti. Infatti i gruppi interessati non sono stati invitati al tavolo delle negoziazioni, e la Germania rifiuta il
pagamento di qualsiasi riparazione.
Genocidio e furto di terre

Il quartiere
generale dei tedeschi a Keetmanshoop nell’Africa sudoccidentale tedesca nella
Namibia odierna, 1904. By Bundesarchiv, wikimedia commons,
licensed under CC BY-SA 3.0.
Tra il 1904 e il 1908, l’Impero
Germanico nell’ex colonia Deutsch-Südwestafrika, l’attuale Namibia, ha commesso
un genocidio. Questo tenebroso capitolo della storia tedesca determina ancora
la storia dei discendenti. Infatti i soldati tedeschi allora non solo uccisero
fino a 100.000 Herero e Nama, ma distrussero anche le basi dell’esistenza economica
dei sopravvissuti, privando loro della loro terra e dei loro animali, senza
pagare alcun risarcimento.
L‘attuale distribuzione
ingiusta delle terre, di cui i bianchi ancora possiedono oltre l’80 percento, risale direttamente a questo genocidio. Anche per questo tanti
discendenti delle persone assassinate vivono in povertà. Il capo Herero Vekuii
Rukoro ha spiegato in modo inequivocabile che una scusa simbolica senza
risarcimento materiale non vale niente.
Il massacro del colonialismo
Le prospettive giuridiche del
successo di una querela di questo tipo sono difficili da prevedere. È molto promettente
il riferimento al diritto sancito nel contesto della convenzione dell’ONU sui
diritti dei popoli indigeni relativo alla partecipazione ai “processi
decisionali che riguardano questioni che potrebbero riferirsi ai loro diritti
di partecipare attraverso i rappresentanti da loro eletti secondo la propria
procedura di elezione”. Sia la Germania che la Namibia ha firmato questa
convenzione. I negoziati attuali li conduce un herero,
il Dr. Zed Ngavirue, 
nominato dal governo della Namibia, ma senza il consenso da parte dei
rappresentanti ufficiali degli Herero e dei Nama.
Se la Germania venisse
obbligata dal tribunale a pagare delle riparazioni, questo avrebbe delle
conseguenze enormi. Anche altri massacri dell’epoca coloniale quali la guerra di Maji-Maji nell’Africa orientale tedesca e i crimini
di altre ex potenze coloniali  quali la Gran Bretagna o la Francia
potrebbero essere rinegoziati.
Si bara con la cooperazione
internazionale

Le proteste dei
rappresentanti e degli attivisti OvaHerero e Nama a Berlino, 16
ottobre 2016: Anything about us without us is against us!. By Berlin Postkolonial, flickr, licensed
under CC BY-ND 2.0.
Ma il messaggio politico è
ancora più decisivo rispetto all’aspetto legale della querela. Si tratta
infatti di una protesta contro la gestione del tutto insensibile dei rapporti
con i gruppi etnici e con gli effetti del colonialismo. Di continuo gli Herero
e i Nama hanno fatto riferimento al fatto di non voler accettare alcun accordo
preso senza di loro. Infatti dicono: “Everything about us without us is against
us” (Qualisasi cosa riguardandoci fatta senza di noi si fatta contro di noi).
Il governo federale tedesco
vuol far credere di assumersi la propria responsabilità storica, ma non prende
sul serio i segnali. Quale reazione alla querela, il Ministero degli Esteri
tedesco attraverso il suo portavoce Martin Schäfer ha solo comunicato che i colloqui
procederebbero bene e che si abbia “rinunciato volutamente” a negoziare
direttamente con gli Herero e i Nama. Anche l’incaricato speciale del governo
federale tedesco, Ruprecht Polenz (CDU), si è mostrato alquanto rilassato,
accennando a diversi tentativi privi di successo di questi gruppi, volti ad
ottenere pagamenti di riparazioni in tribunale. Invece di mettere in dubbio la
propria strategia diplomatica, ci si comporta da presuntuosi.
In questo contesto la parte
tedesca bara quando si tratta della questione delle riparazioni. Infatti fin dall’indipendenza
 della Namibia nel 1990 la Germania ha
cercato di vendere gli aiuti allo sviluppo pagati allo stato della Namibia come
riparazioni. Ma l’aiuto dipende dalla clemenza di chi dona, mentre invece una
riparazione spetta ai discendenti delle vittime di allora. Evidentemente il
governo federale pensava di poter pagare dei soldi, senza ammettere la propria
colpa e senza chiedere perdono.
Bersagli fittizi invece di onestà
Anche nel corso degli attuali
negoziati probabilmente non ci saranno riparazioni chiamate per nome. L’ambasciatore
tedesco Christian Schlaga parla di prestazioni volontarie per la riconciliazione
e lo sviluppo.

Herero sopravvissuti
nel 1907, in fuga attraverso il deserto dell’Omaheke per lasciare l Africa Tedesca del Sud-Ovest  (la Namibia odierna). By Galerie Bassenge, wikimedia
commons,
 published under public domain.
Ruprecht Polenz difende la
propria posizione di aver escluso delle riparazioni individuali già prima della
conclusione dei negoziati. Purtroppo le aspettative nei confronti dei colloqui
sarebbero fin dall’inizio stati appesantiti da una tale prospettiva, afferma
Polenz. In questo modo però Polenz colpisce bersagli fittizi. Basta dare un’occhiata
alla querela per vedere che gli Herero e i Nama non richiedono affatto delle
riparazioni individuali. Per loro invece si tratta di un fondo comunitario di
sviluppo che mira a compensare gli svantaggi strutturali. In questo contesto si
tratta ad esempio dell’acquisto di terra o di progetti infrastrutturali. E
questi si distinguono totalmente dai pagamenti individuali.
Al governo federale tedesco piace
far credere di volere assumersi una responsabilità a livello mondiale, in
particolare in Africa. Ma in verità non è neppure in grado di apprendere dal
passato. Non prende sul serio le persone direttamente coinvolte e nella sua
posizione da reo vuole dettare le condizioni della riconciliazione. Questi sono modi coloniali e non corrispondono affatto ad un modo di trattare un
genocidio in modo dignitoso e rispettoso.