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L’Italia si prepara ai referendum sull’autonomia

25 Gennaio 2017

Veneto e Lombardia verso il referendum per una maggiore autonomia, da tenersi entro l’estate

Con l’inizio del nuovo anno le tendenze autonomiste del Veneto e della Lombardia, governate rispettivamente dai rappresentanti della Lega Nord Luca Zaia e Roberto Maroni, possono dirsi più vive e più forti che mai. Dopo il via libera della Consulta, arrivato la primavera scorsa, sulla costituzionalità del referendum, Veneto e Lombardia possono finalmente passare dalle parole ai fatti concreti.
Luca Zaia aveva annunciato da tempo la sua decisione di celebrare un referendum consultivo sull’autonomia regionale del Veneto, sulla falsariga del referendum sulla Brexit, e i lavori di preparazione hanno preso ufficialmente il via il 17 gennaio a seguito di un incontro tra Zaia e Roberto Ciambetti Presidente del Consiglio regionale del Veneto. Zaia ha affermato di avere fiducia nella volontà dei suoi elettori e si aspetta una partecipazione molto elevata alle votazioni (nonostante il quorum non sia richiesto per i referendum consultivi), con l’espressione di una netta maggioranza a favore del SI.
Le pretese autonomistiche del Veneto non sono una novità. La regione già da tempo si muove con una propria politica estera, sganciata delle linee ufficiali del Paese. Basti ricordare la decisione del Veneto di riconoscere l’annessione della Crimea da parte della Russia, nonché la loro proposta di porre fine alle sanzioni economiche da parte dell’Unione Europea. Si tratta di posizioni politiche prive di valore effettivo, ma con una forte valenza simbolica.
Il malcontento delle regioni settentrionali verso Roma è emerso con forza già in occasione del referendum costituzionale, in cui il Veneto è stata una delle regioni del Nord Italia più nettamente schierata per il NO, con il 61,9 % dei votanti. Secondo un sondaggio pubblicato dalla Demos a settembre, la maggioranza dei veneti, però, non vorrebbe la secessione, ovvero la proclamazione di uno Stato Veneto indipendente, ma sarebbe favorevole a una più ampia autonomia sempre all’interno del territorio italiano.
In linea con queste tendenze, l’obiettivo ultimo di Zaia è ottenere uno status simile a quello del Trentino Alto Adige, Regione a statuto speciale, che gode della possibilità di trattenere sul territorio una parte consistente del proprio residuo fiscale, si parla di circa il 90% delle tasse. Un problema molto sentito dai cittadini veneti – ma anche lombardi – è per l’appunto il fatto che la loro Regione ceda ogni anno a Roma quasi 20 miliardi – più di 50 nel caso della Lombardia – in più rispetto a ciò che riceve dallo Stato sotto forma di spesa pubblica, uno squilibrio che genera rabbia e frustrazione.
Rimane da decidere la data in cui si terrà il referendum. Da rivedere in questo caso saranno anche le spese a cui bisognerà fare fronte per organizzare le votazioni in entrambe le regioni, soprattutto nel caso in cui il referendum non dovesse tenersi in concomitanza con altre elezioni, che ne ridurrebbero sensibilmente i costi che, al momento secondo il ‘Sole 24 ore’ oscillerebbero tra i 14 e i 20 milioni.
A questo proposito si sta già parlando della possibilità di abbinare il referendum ai quesiti sul Jobs Act proposti dalla CGIL e recentemente approvati dalla Consulta. Indipendentemente dalle circostanze resta, comunque, difficile pensare che i costi basteranno a frenare la volontà di Zaia, deciso a portare avanti la sua battaglia. Il referendum, in base a quanto annunciato dallo stesso Zaia, dovrebbe infatti tenersi entro 60 giorni dalla sua proclamazione.
Non si tratta però di un fulmine a ciel sereno. Dopo il primo referendum sulla secessione organizzato nel 2014, il Veneto ha iniziato a muovere passi concreti in questa direzione già da qualche anno.