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Rai, il caso Merlo e l’ingerenza della politica

2 Dicembre 2016

Il piano di Verdelli mira a smontare la logica della lottizzazione che domina da sempre viale Mazzini. Ma i partiti vogliono tenere lo status quo. E il potere delle nomine. L’abbandono dell’ex editorialista di Repubblica è figlio di questa lotta intestina.

Ufficialmente non lo dice nessuno però, fuori dai ruoli, sono in molti ad ammettere che le dimissioni di Francesco Merlo dalla Rai non sono affatto una sorpresa. Anzi, altro non sarebbero che la logica conseguenza di una sceneggiatura scritta da tempo. Perché parlare di riforma, o riorganizzazione se preferite, dell’informazione della tivù pubblica equivale a toccare i fili dell’alta tensione.

IL PROBLEMA DELLA LOTTIZZAZIONE. Sui pali delle linee ferroviarie c’è scritto “chi tocca muore”. Fuori dai telegiornali di viale Mazzini il cartello non c’è, ma esiste una sorta di tacito accordo che rende quella indicazione più reale di quanto non lo so sia quella che accompagna la corrente elettrica che fa viaggiare i treni. Ogni telegiornale è riconducibile a una precisa area politica, e ognuna di queste gestisce posti e poltrone. L’infornata di vice-direttori, avvenuta qualche mese fa, ha seguito alla lettera le regole del manuale Cencelli e ognuno, compreso il Movimento Cinque Stelle, ha ottenuto ciò che voleva.


Siccome il piano di razionalizzazione dell’offerta informativa della tivù pubblica mira a smontare la logica della lottizzazione, è del tutto evidente che la politica si è difesa. Prima ha fatto uscire le linee guida del piano messo a punto da Carlo Verdelli, direttore dell’Offerta informativa di viale Mazzini, assieme a Merlo. Poi sono inziate le voci che indicavano come autore di quella fuga di notizie proprio l’editorialista di Repubblica, creando così un caso che, in realtà, non esiste.

SI PREFERISCE LO STATUS QUO. Nel progetto di Verdelli, anticipato dal settimanale L’Espresso, lo stesso che aveva intervistato il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, ci sono solo vaghe indicazioni, ma manca del tutto la parte economica. Dunque non di piano si tratta ma di idee, ipotesi di lavoro. L’aver fatto uscire il documento è servito solo a bruciarlo. In pratica il vertice della Rai, volendo assecondare i voleri della politica per non avere particolari problemi prima e il dopo il referendum, preferisce lo status quo alle novità. E Merlo forse, avendo, preso atto di tutto ciò ha preferito uscire di scena prima del voto e non dopo, lasciando nelle mani di Verdelli l’intera partita.

Secondo le voci raccolte a viale Mazzini, l’attuale direttore dell’offerta informativa, sembra essere intenzionato a vender cara la pelle. Sicuramente aspetterà l’esito del voto di domenica 4 dicembre, in modo da affrontare il consiglio di amministrazione del 14 dicembre con qualche elemento in più. Di sicuro non metterà sul tavolo il piano completo, come vorrebbe il consiglio, ma soltanto una bozza più raffinata rispetto a quanto anticipato dal settimanale diretto da Tommaso Cerno, in modo da offrire qualche elemento di riflessione agli amministratori che vorrebbero tutto e subito.

LA POLITICA DOMINA ANCORA LA RAI. Il nodo, però, non è tanto il piano quanto la governance dell’azienda. Verdelli, essendo una diretta espressione di Campo Dall’Orto, difficilmente si muove senza un assenso preventivo del direttore generale, il quale, a sua volta, deve decifrare i voleri di Palazzo Chigi. Insomma, una catena di Sant’Antonio lunga e complessa che permette alla politica di avere ancora un forte controllo sulla Rai.

VERDELLI PRONTO A LASCIARE? Non tanto sulla gestione editoriale, quanto sul fronte delle nomine, l’unico vero gioco che appassiona gli esponenti della maggioranza e opposizione che si occupano di Rai. Non a caso anche i franceschiniani, la componente interna al Pd che fa capo al ministro Dario Franceschini, grazie al sottosegretario Antonello Giacomelli hanno iniziato le grandi manovre per accaparrarsi qualche punto di prestigio.
Dopo il referendum potrebbe essere il loro momento. Magari con Verdelli in uscita.