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Napoli, scuola negata e ricatti: il business sugli alunni disabili

30 Novembre 2016

Il Comune litiga con la Regione. E giura di non avere i fondi per l’assistenza in aula né per il trasporto. Senza istruzione 3 mila bambini. Ma c’è chi di nascosto offre “servizi alternativi”. A pagamento.

A Salerno le “luci d’artista” (costo: tre milioni) del governatore Enzo De Luca promettono per il Natale 2016 atmosfere da favola. A Napoli il mega-albero “imposto” dalla giunta comunale sul Lungomare (un business – a favore dei privati – di qualche decina di milioni) profetizza la presenza di 100 mila visitatori estasiati e paganti (8 euro a biglietto). Peccato che, invece, per 8.500 bambini disabili napoletani sarà un Natale per nulla sereno e scintillante. E che quasi 3 mila (i più gravi, quelli che in classe avrebbero bisogno di un’assistenza specialistica) si ritrovino rifiutati dalla scuola e costretti a restarsene a casa. Il motivo? Il Comune dice di avere le casse vuote e che non ci sono più soldi per pagare lo stipendio al personale che fino all’ultimo anno ha badato alle esigenze degli alunni disabili.

ALLA FACCIA DEL DIRITTO INALIENABILE. Non solo: il Comune dice che ha dovuto abolire anche il servizio di trasporto affidato alla cooperativa “Napoli sociale” che accompagnava chi non è autonomo. Perciò, niente più pulmini. Niente più assistenti. E niente più lezioni. Tutti a casa, a consumarsi la vita davanti alla tivù. Buon Natale, Napoli. E che importa se la Corte costituzionale nel 2010 ha sancito che l’istruzione di qualità è «un diritto inalienabile per i disabili e non può essere compresso per motivi economici». E pazienza se lo stesso diritto è sancito – come ha ricordato Emanuele Imperiali sul Corriere del Mezzogiorno – anche al punto 4 dalla Convenzione Onu sulle persone con disabilità.

DISCRIMINATI COME I MIGRANTI. C’è chi – forse esagerando – paragona la discriminazione in atto a Napoli al dramma dei respingimenti in mare dei migranti: «La logica», denunciano, «è ugualmente perversa. E simile è il livello di inciviltà che da tali esclusioni traspare». Sei disabile? Resti a casa. La scuola, la crescita culturale, la gioia dell’apprendimento e della socializzazione spettano agli altri bambini, mica a quelli come te. Ha scritto Gianni Rodari, che di creature se ne intendeva: «Se ci diamo una mano, il giorno di Natale durerà tutto l’anno». E invece… altro che mano.

Sei disabile? Per te, niente scuola. O meglio, attenzione: se la famiglia può pagare, c’è pronta e “accogliente” la scuola privata che offre servizi di ogni genere. Ma c’è chi insinua che anche qualche scuola pubblica offra sottobanco alle famiglie benestanti servizi di assistenza a pagamento per consentire agli alunni disabili di non perdere le lezioni. Tariffe libere. Do ut des senza regole. Prendere o lasciare, perché «qui non siamo mica al supermercato». Quanto è diffuso il fenomeno? Trattasi di episodi o di un sistema – occulto e alternativo – che “copre” a suon di banconote il vuoto istituzionale dei servizi? E quanto denaro smuove? Quante famiglie coinvolge? Chi e a nome di chi svolge le mansioni di assistenza? Quale livello di specializzazione e di competenza garantisce?

UNA BLACK LIST DI SCUOLE PUBBLICHE. Qualcuno ipotizza che – nel silenzio di tutti – a Napoli esista una black-list delle scuole pubbliche che – pressate dalle richieste – consentirebbero l’assistenza a pagamento ai figli disabili delle famiglie che possono mettere mano al portafoglio. E poco importa se così si commette un illecito, si espone il bambino a rischi imprevedibili e si instaura una doppia discriminazione tra chi ha i soldi e va a scuola e chi non ce li ha e resta a casa.

Toni Nocchetti, medico specializzato in odonto-stomatologia, nel 2004 ha radunato una decina di famiglie con bambini disabili di cui aveva conosciuto il dramma e ha fondato “Tutti a scuola onlus”. Una buona idea. Oggi l’associazione conta centinaia di adesioni e il suo “Giochi senza barriere” coinvolge 15 mila visitatori e migliaia di disabili: «È una vergogna», racconta a Lettera43.it, «scaturita dalla scelta del Comune di non finanziare più la coop romana Nuova Sair che curava l’assistenza materiale dei bambini disabili. Per i casi più gravi, è stata una condanna: restano senza scuola, e chissà fino a quando».

FINORA PRESENTATI 760 RICORSI. Diceva don Lorenzo Milani: «Ogni parola che non impari oggi è un calcio nel culo domani». Insomma: che cosa vuol dire rinunciare alle lezioni? «Significa un grave arretramento rispetto alla già pesante fatica del vivere», risponde Nocchetti. Che aggiunge: «Ogni bambino disabile ha i suoi tempi individuali. I sorrisi, i rumori, gli scherzi dei compagni, l’affetto costituiscono per lui una medicina insostituibile. Le mamme mi raccontano che i bambini, se vanno a scuola, la sera poi sono allegri. Cenano con piacere. E si addormentano sereni». Finora sono 760 i ricorsi presentati dall’associazione. Tutti accolti, sebbene poi siano stati in parte disattesi.

Meno chiari appaiono i motivi per cui non è più attivo il servizio di trasporto scolastico (che risultava già molto carente, riuscendo a portare avanti e indietro solo un centinaio di bambini sui quasi 3 mila casi gravi): il sistema era affidato alla coop “Napoli sociale” (430 dipendenti), poi confluita in un’altra coop che si chiama “Napoli servizi” che conta 2 mila dipendenti e si occupa di manutenzione, giardini e altro. E 365 operai di “Napoli sociale” sono confluiti in “Napoli servizi”. Ma non si occupano di trasporto scolastico. Perché?, si chiedono le famiglie. E di che cosa altro si occupano? Qualcuno, in giunta comunale, riesce a spiegarlo?

COLPA DI DE LUCA O DE MAGISTRIS? Anche sui soldi che mancano, gli interrogativi si moltiplicano: quale ruolo ha nel merito la Regione Campania? È vero o no che i 7 milioni e mezzo stanziati il 30 agosto 2016 dal governo Renzi «per il trasporto, l’assistenza specialistica e la comunicazione a favore dei disabili della Campania» non sono ancora stati trasferiti dal governatore De Luca al Comune di Napoli? O è vero invece che tali fondi sono stati trasferiti ma la Giunta De Magistris non è in grado di spenderli subito perché, essendo in pre-dissesto, ha l’obbligo di effettuare prima una variazione di bilancio che richiede tempi e procedure?


Il governatore della Campania Vincenzo De Luca e il sindaco di Napoli Luigi de Magistris.
Nocchetti usa i toni duri di chi ogni giorno fa i conti con il dramma dei bambini disabili e delle famiglie: «Il Comune ha le casse vuote? Vediamo in che senso ciò è vero: ai disabili, la Giunta De Magistris ha deciso di sottrarre 18 milioni in tre anni. Alla lotta al disagio sociale ha sottratto 41 milioni (da 53). All’infanzia e asili nido ha tolto 33 milioni (da 42). In più, manca ogni tipo di raccolta dati e di programmazione dei bisogni sui soggetti deboli». Di contro, fa sapere Nocchetti, «il sindaco ha ritenuto di stanziare 5 milioni per il test sul reddito di cittadinanza. E 25 milioni servono per il restyling dello stadio San Paolo. Tutto ciò mentre a centinaia di giovani cittadini deboli si nega il diritto all’istruzione. Per me, una classe dirigente che ragiona per spot è politicamente già fallita. Io l’ho votato, ma oggi dico che per i cittadini sarebbe stato molto meno dispendioso se De Magistris avesse lasciato spazio a un commissario».

C’È BISOGNO DI CIRCA OTTO MILIONI. Per l’ideatore di “Tutti a scuola” c’è bisogno di circa otto milioni per arginare il problema dei disabili a Napoli. «Non è vero», avverte, «che non potevano (e non potrebbero) essere effettuate scelte diverse»: per esempio, spiega, «si potrebbe risparmiare sui fondi per l’illuminazione» o «su alcune operazioni di manutenzione stradale». E per Natale? «Spendere 800 mila euro per le luminarie appare decisamente troppo, vista la gravità della situazione». E c’è chi aggiunge che «potrebbe essere rivisto, perché no?, anche il costo dello staff del sindaco e degli assessori, che nel 2016, come recita la delibera 477 dell’8 luglio, è di 2 milioni e 204.640 euro». Cioè il 38% in più, secondo il quotidiano Il Mattino. Mica male, per chi ha le casse vuote.