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Russia, la nuova Guerra fredda passa da Kaliningrad

23 Novembre 2016

Mosca schiera i missili nell’exclave. Un cuneo nel dispositivo Nato dell’Est Europa. Kortunov, analista del Cremlino, a L43: «Escalation difficile da interrompere».

La Russia rafforza la presenza di armamenti nucleari e sistemi di difesa di nuova generazione nella sua base di Kaliningrad, sul Baltico, al confine con i Paesi Nato di Polonia e Lituania. Mentre i rapporti tra Mosca e l’Occidente rimangono al livello più teso dai tempi della Guerra fredda e aumentano i dubbi sulla solidità della Nato, definita in campagna elettorale dal presidente eletto statunitense Donald Trump «costosa e obsoleta».

UNA EXCLAVE STRATEGICA. Mosca sta schierando a Kaliningrad il sistema di difesa navale Bastion, vi ha reso permanente il dispiegamento dei missili balistici tattici Iskander e, soprattutto, annuncia la prossima installazione del sistema di difesa aerea S400, in grado di creare una vera e propria no-fly zone di vaste proporzioni. La regione di Kaliningrad è una exclave della Russia, ovvero un territorio con cui non confina ma su cui ha sovranità. È la parte di Germania che per secoli si è chiamata Prussia orientale, dove nacquero i filosofi Immanuel Kant e Hannah Arendt. L’Urss la tenne per sé dopo la Seconda guerra mondiale. Stretta tra il Baltico, la Polonia e la Lituania, vicina alla Bielorussia alleata di Mosca, è un cuneo russo nel dispositivo Nato del Nord-Est dell’Europa.

REAZIONE ALL’ESPANSIONISMO NATO. «L’espansione della Nato ai confini della Russia ci costringe a far tutto quel che è necessario per proteggerci», ha detto alla Tass il portavoce di Vladimir Putin Dmitri Peskov. «Il blocco Nato ha un atteggiamento aggressivo e la Russia ha tutti i diritti di prendere le precauzioni che ritiene utili, nel territorio di cui è sovrana». Putin, in un’ intervista col regista americano Oliver Stone andata in onda sui media russi, ha parlato più precisamente di «contromisure» in reazione all’espansionismo dell’alleanza occidentale.


Lo schieramento missilistico a Kaliningrad «sta destabilizzando la sicurezza europea», ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato americano John Kirby. «Chiediamo alla Russia di astenersi da parole o fatti non coerenti con l’obiettivo di promuovere la sicurezza e la stabilità». Secondo il Pentagono, «il sistema di difesa aerea Nato al quale questa azione della Russia è la risposta non è orientato contro Mosca: come ogni altro dispiegamento Usa e Nato nell’ Europa orientale è solo difensivo e inteso a migliorare la sicurezza collettiva». Il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg, durante l’ultimo vertice Nato, ha ribadito che l’organizzazione agisce solo in modo difensivo e proporzionato e che l’obiettivo è di «prevenire un conflitto e non di provocarlo».

SCUDO O SPADA? Lo scudo difensivo occidentale che Mosca considera una provocazione bella e buona è operativo in Polonia e, da maggio, anche in Romania. Per le ire di Putin: la Romania si accorgerà «di cosa significa trovarsi nel mirino», disse al tempo il presidente russo. La posizione ufficiale Nato è che i suoi missili in Europa servono a difendersi dall’Iran, anche se almeno per ora con Teheran resta in vigore l’intesa su vasta scala promossa da Barack Obama (con l’aiuto della Russia) e che in teoria rende improbabile una diretta minaccia iraniana.

«AGGRESSIVITÀ OCCIDENTALE AUMENTATA». «Certamente la percezione di un’ aggressività occidentale è aumentata, visto che dopo il trattato sul nucleare iraniano niente è cambiato nella narrativa e nel dispiegamento Nato», ha detto a Lettera43.it Andrei Kortunov, presidente del Consiglio russo per gli affari internazionali (Riac), istituto di studi del ministero degli Esteri. «In più, il Cremlino ritiene che gli ultimi dispiegamenti missilistici in Olanda violino i trattati perché a carattere potenzialmente offensivo». «Abbiamo conferme del fatto che i luoghi dove ha base lo scudo missilistico occidentale possono diventare luoghi di attacco contro di noi», ha spiegato il presidente della Commissione difesa del Consiglio della Federazione Russa Viktor Ozerov nell’annunciare i nuovi dispiegamenti a Kaliningrad.

Il Bastion è un sistema di difesa costiera mobile ideato per ingaggiare gruppi navali, convogli e navi da sbarco, ma si è dimostrato efficace anche nell’entroterra siriano, dove i suoi missili supersonici Oniks sono stati utilizzati contro obiettivi terrestri. I missili Iskander, la cui presenza a Kaliningrad è ora “permanente”. possono contenere una testata nucleare e sono detti “tattici” perché a corto raggio. Massimo 700 chilometri. Vuol dire che Berlino è alla loro portata.

ARMA LETALE. Ma l’arma convenzionale più potente che in questo momento ha la Russia e il cui annunciato dispiegamento a Kaliningrad può dare a Mosca un vero vantaggio tattico è l’S-400. «È il sistema difensivo missilistico a lungo raggio più capace e letale del pianeta», dice Scott Wolff, ex top gun oggi responsabile delle testate specializzate Pilot e Fighter Sweep. «Fa paura a qualsiasi forza aerea». Il sistema è l’ultima evoluzione dei missili Sam. In confronto, i Patriot americani sembrano antiquariato. Può distruggere tutto quel che vola nel giro di 460 chilometri. Solo gli stealth, gli aerei invisibili, riescono a farla franca. Per questo è quasi sempre integrato con batterie S-1. Buttar giù velivoli stealth è la loro specialità.

CRUCIALE IN SIRIA. L’utilizzo dell’S-400 in Siria è risultato cruciale, ed è una chiave di lettura per gran parte dell’atteggiamento tattico russo e delle iniziative militari-politiche decise dal Cremlino nel corso del conflitto. Dispiegato nella base aerea di Latakia un anno fa, e in altre aree recentemente, lo S-400 ha reso praticamente impossibile senza l’accordo di Mosca ogni azione aerea in un raggio che include le basi militari Usa in Turchia. Non avendo né lo Stato islamico né altri gruppi terroristici sul terreno alcuna forza aerea o sistemi missilistici veri e propri, è stato subito chiaro contro chi lo S-400 fosse puntato. E questo ha garantito a Putin il riconoscimento di una capability tale da consentirgli quasi mano libera, nella sua avventura armata in Medio Oriente.


«Il dispositivo di Kaliningrad avrà due compiti: penetrare la difesa aerea e assicurare protezione da possibili attacchi», ha spiegato Ozerov. «Visto il tipo di minaccia, siamo obbligati a rafforzare la nostra difesa aereo-missilistica». Quasi ogni giorno sul Baltico aerei militari russi e della Nato spengono i transponder e violano i rispettivi spazi aerei per testare tempi di reazione e capacità operativa del potenziale nemico. Non ci vuole esperienza militare per capire come l’escalation di sistemi difensivi nell’area aumenta esponenzialmente il rischio di incidenti dalle conseguenze imprevedibili. E poi va tenuto presente che ogni arma difensiva è anche offensiva: dipende solo al punto di vista di chi la usa.

ZONA PERICOLO. A rendere lo scacchiere internazionale ancora più incandescente è la possibilità concreta che la Russia fornisca presto sistemi S-400 alla Turchia. Uno sviluppo dell’opportunistica nuova alleanza con Istanbul, un perno della politica mediorientale del Cremlino. Per la Nato, di cui la Turchia è il perno sudorientale, pericoloso e difficile da affrontare quanto una scheggia impazzita. Il ministro della Difesa turco ha confermato che sono in corso trattative, e che Mosca è in ottima posizione rispetto ad altri. È chiaro che un accordo per un tale fornitura non potrebbe in nessun modo esser scambiato per un episodio commerciale: le ripercussioni politiche e militari sarebbero potenzialmente distruttive per il blocco atlantico.

L’INCOGNITA TRUMP. Il Cremlino, come fa da molti mesi, sta sfruttando l’ incapacità degli Stati Uniti di reagire con azioni di diplomatiche energiche durante gli ultimi giorni della presidenza Obama, e vuol massimizzare ogni possibile vantaggio strategico in vista di una riapertura del dialogo con la nuova amministrazione della Casa Bianca. L’alta tensione attuale sarà una bella sfida per Donald Trump. È difficile prevedere quali saranno le sue mosse. E questo rende lo scenario ancor più pericoloso. «Non ci sono più paletti nè schemi negoziali, tutto deve essere ancora ridiscusso e non si ha idea di come sarà ridiscusso», nota Andrei Kortunov. «Non credo che la politica della Nato con Trump presidente cambierà di molto, nonostante le dichiarazioni da lui fatte in campagna elettorale. Ma il pericolo è già nella direzione che si è presa sul piano militare, che è una direzione di escalation. E come tutte le traiettorie, una volta avviata assume logiche sue che rendono difficile interromperle”.