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“L’Europa non si piega all’America, il trattato commerciale Ttip è morto”

29 Agosto 2016

Il vicecancelliere tedesco Gabriel certifica il fallimento del negoziato atlantico. Per Hillary Clinton è un vantaggio: il rivale Trump perde un tema polemico

L’accordo commerciale fra Unione Europea e Stati Uniti Ttip è morto, almeno per ora, ucciso dalla crisi economica del 2008, dall’ondata populista in entrambi i continenti, dalla Brexit, e dalle elezioni imminenti in molti Paesi al centro delle trattative. A rendere ufficiale quanto già appariva ovvio a molti osservatori, è stato il ministro tedesco dell’Economia e vicecancelliere Sigmar Gabriel, che ieri ha parlato così in un’intervista: «I negoziati con gli Usa sono de facto falliti, perché noi europei non ci vogliamo assoggettare alle richieste americane. Le cose su questo fronte non si stanno muovendo». 

Il vicecancelliere ha rivelato che durante la tornata di trattative all’inizio dell’estate non è stata trovata l’intesa su nessuno dei 27 capitoli in discussione. Washington poi sarebbe risentita per l’accordo Ceta concluso da Bruxelles col Canada, perché contiene vari aspetti ritenuti inaccettabili dagli Usa. Il vice di Angela Merkel è socialdemocratico, e quindi sensibile alle obiezioni di un elettorato non maggioritario nel governo e in Germania. Detto questo, nessuno ormai crede che l’accordo possa essere raggiunto prima della fine dell’amministrazione Obama, o prima delle elezioni tedesche e francesi. 
Il Ttip è il trattato per la liberalizzazione dei commerci fra i due blocchi economici più grandi del mondo, che secondo i suoi promotori aggiungerebbe 119 miliardi di euro al Pil dell’Europa, 95 a quello degli Usa e 100 a quello del resto del globo. Le trattative finora sono state condotte in segreto, ma alcuni documenti ottenuti da Greenpeace hanno rivelato i punti più contesi. Gli europei, fra le altre cose, rimproverano agli americani di voler imporre i loro standard sull’agricoltura, la salute, l’ambiente, ad esempio eliminando ogni sostegno statale, abbassando le protezioni dall’uso dei pesticidi, favorendo i cibi Ogm. Le grandi multinazionali, poi, avrebbero il diritto di fare causa ai governi per contestare le loro regole, aggirando così le leggi per fare i propri interessi. Poi ci sono dispute sulla protezione della cultura e vari altri dettagli contestati. 
Il presidente Barack Obama e la cancelliera Merkel hanno sostenuto il Ttip perché avrebbe vantaggi economici per tutti, ma il negoziato è durato troppo e nel frattempo il clima politico è cambiato e ormai la globalizzazione è diventata per molti una parolaccia. Donald Trump ha impostato la campagna elettorale contro quelli che chiama i «globalist», denunciando tutti i trattati commerciali che costano posti di lavoro e profitti all’America, ma anche Bernie Sanders ha basato il suo successo sulla denuncia della disuguaglianza economica favorita da questi accordi. Ora l’affossamento del Ttip avvantaggia Hillary perché la toglie dall’impaccio con l’opposizione interna di Sanders e priva l’avversario Trump di un’arma di propaganda.  
La stessa Hillary, già promotrice dei trattati quando era segretaria di Stato, ha preso ora posizione contro la Tpp che l’amministrazione Obama ha negoziato con gli alleati asiatici ma rischia di essere bocciata dal Congresso. In Europa un duro colpo al Ttip è venuto dalla Brexit, perché Cameron era un sostenitore dell’intesa, e gli Usa contavano sulla Gran Bretagna per spingere gli altri europei a cedere. Ora che Londra non è più al tavolo, e il populismo preme ovunque, il presidente francese Hollande ha detto che nella forma attuale non accetterà l’accordo, e Gabriel ha preso una posizione a cui forse sarà presto costretta anche la Merkel, se non altro per ragioni elettorali.