Legge antispreco, quella norma che ci rende più civili
26 Agosto 2016
Esplora il significato del termine: La legge italiana contro lo spreco alimentare, approvata il 2 agosto scorso, sta già dando i primi frutti. Si può dire che sia stata l’incentivo determinante per l’avvio di una nuova fase contro gli sperperi e a favore della solidarietà.
Già a pochi giorni dall’approvazione della legge, anche grazie alla visibilità data dai media a questa buona notizia, moltissime persone si sono messe in contatto con la nostra Onlus perché interessate a entrare nelle reti di supporto (ne ho parlato qui) che permettono di destinare l’invenduto a chi ha più bisogno. Non parlo soltanto di locali della ristorazione, che hanno così avuto il definitivo via libera alla donazione e trovato una soluzione etica allo spreco di cibo, ma anche di rappresentanti delle istituzioni (sindaci, assessori…) che ci hanno chiamato per sapere come attivare progetti di solidarietà sul loro territorio.
L’approvazione della legge ha avvicinato i ristoratori restii a donare, che fino a ieri temevano che fornire pasti gratuiti fosse un’azione ai limiti della legge, e quelli che erano stati scoraggiati dalla burocrazia. Ha mobilitato chi aveva le idee confuse su quali fossero le leggi vigenti e, soprattutto, mandato un messaggio forte e chiaro a chi aveva solo una vaga idea che il cibo invenduto non è destinato alla spazzatura, ma può avere una “seconda vita”.
L’abbiamo attesa, sperata e chiesta per anni. Una legge che si sta dimostrando un buon punto di partenza per avvicinarci a un modello di economia circolare efficiente. Per le associazioni caritative come la nostra, rappresenta il coronamento di un periodo in cui si è parlato tanto del tema degli sprechi e delle possibili soluzioni (complice anche l’Expo di Milano).
A differenza della Francia, apripista in Europa dal punto di vista normativo, la “nostra” legge non si basa su in sistema di imposizioni e multe, ma su una logica positiva. Prima di tutto semplifica la burocrazia per chi vuole donare e per le realtà che si impegnano nella ridistribuzione del cibo in eccedenza per fini caritatevoli. Non solo: per chi dona sono previsti sgravi fiscali e uno sconto sulla tassa dei rifiuti proporzionale alla quantità di cibo donato.
Ora che abbiamo la legge, è tempo di porci degli obiettivi ambiziosi. E dobbiamo farlo adesso che il tema è caldo e l’attenzione è alta, anche per chi non è del settore. Il ministro delle Politiche Agricole ha dichiarato che il target è passare da 500mila a 1 milione di tonnellate di cibo raccolto e distribuito. Secondo le stime, grazie a questa nuova norma gli sprechi dovrebbero ridursi della metà nel giro di 10 anni. Ma sono convinto che possiamo sognare ancora più in grande, attivando buone pratiche di recupero e donazione, anche per sconfiggere la crisi che attanaglia la popolazione mondiale.
Una crisi che si traduce troppo spesso in povertà di fasce sempre più ampie di popolazione, non solo italiana ma mondiale: ogni anno, secondo la FAO, vengono buttate 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti e il loro smaltimento costa all’ambiente 170 milioni di tonnellate di CO2, spreco d’acqua e impoverimento del suolo, come ha ricordato la giornalista Rita Querzé proprio dalle pagine del Corriere.
Questi sono dati che spaventano, è per questo che dobbiamo continuare a lavorare sulla “cultura del cibo” e sullo stimolo alla diffusione di buone pratiche contro lo spreco, anche tra le nuove generazioni. I volumi di quello domestico, ad esempio, sono ancora molto alti e il modo più semplice per ridurli è sensibilizzare le persone, dire loro come riutilizzare, razionalizzare, pianificare l’acquisto e il consumo.La legge italiana contro lo spreco alimentare, approvata il 2 agosto scorso, sta già dando i primi frutti. Si può dire che sia stata l’incentivo determinante per l’avvio di una nuova fase contro gli sperperi e a favore della solidarietà.
Già a pochi giorni dall’approvazione della legge, anche grazie alla visibilità data dai media a questa buona notizia, moltissime persone si sono messe in contatto con la nostra Onlus perché interessate a entrare nelle reti di supporto (ne ho parlato qui) che permettono di destinare l’invenduto a chi ha più bisogno. Non parlo soltanto di locali della ristorazione, che hanno così avuto il definitivo via libera alla donazione e trovato una soluzione etica allo spreco di cibo, ma anche di rappresentanti delle istituzioni (sindaci, assessori…) che ci hanno chiamato per sapere come attivare progetti di solidarietà sul loro territorio.
L’approvazione della legge ha avvicinato i ristoratori restii a donare, che fino a ieri temevano che fornire pasti gratuiti fosse un’azione ai limiti della legge, e quelli che erano stati scoraggiati dalla burocrazia. Ha mobilitato chi aveva le idee confuse su quali fossero le leggi vigenti e, soprattutto, mandato un messaggio forte e chiaro a chi aveva solo una vaga idea che il cibo invenduto non è destinato alla spazzatura, ma può avere una “seconda vita”.
L’abbiamo attesa, sperata e chiesta per anni. Una legge che si sta dimostrando un buon punto di partenza per avvicinarci a un modello di economia circolare efficiente. Per le associazioni caritative come la nostra, rappresenta il coronamento di un periodo in cui si è parlato tanto del tema degli sprechi e delle possibili soluzioni (complice anche l’Expo di Milano).
A differenza della Francia, apripista in Europa dal punto di vista normativo, la “nostra” legge non si basa su in sistema di imposizioni e multe, ma su una logica positiva. Prima di tutto semplifica la burocrazia per chi vuole donare e per le realtà che si impegnano nella ridistribuzione del cibo in eccedenza per fini caritatevoli. Non solo: per chi dona sono previsti sgravi fiscali e uno sconto sulla tassa dei rifiuti proporzionale alla quantità di cibo donato.
Ora che abbiamo la legge, è tempo di porci degli obiettivi ambiziosi. E dobbiamo farlo adesso che il tema è caldo e l’attenzione è alta, anche per chi non è del settore. Il ministro delle Politiche Agricole ha dichiarato che il target è passare da 500mila a 1 milione di tonnellate di cibo raccolto e distribuito. Secondo le stime, grazie a questa nuova norma gli sprechi dovrebbero ridursi della metà nel giro di 10 anni. Ma sono convinto che possiamo sognare ancora più in grande, attivando buone pratiche di recupero e donazione, anche per sconfiggere la crisi che attanaglia la popolazione mondiale.
Una crisi che si traduce troppo spesso in povertà di fasce sempre più ampie di popolazione, non solo italiana ma mondiale: ogni anno, secondo la FAO, vengono buttate 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti e il loro smaltimento costa all’ambiente 170 milioni di tonnellate di CO2, spreco d’acqua e impoverimento del suolo, come ha ricordato la giornalista Rita Querzé proprio dalle pagine del Corriere.
Questi sono dati che spaventano, è per questo che dobbiamo continuare a lavorare sulla “cultura del cibo” e sullo stimolo alla diffusione di buone pratiche contro lo spreco, anche tra le nuove generazioni. I volumi di quello domestico, ad esempio, sono ancora molto alti e il modo più semplice per ridurli è sensibilizzare le persone, dire loro come riutilizzare, razionalizzare, pianificare l’acquisto e il consumo.