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Il percorso di riforma del codice penale

di Stefania Arru
3 Agosto 2016



Nel dicembre del
1999 la Turchia è stata accettata come candidata a far parte dell’Unione
Europea. L’evento ha comportato il nascere di un percorso di modifica e riforma
del sistema politico, legale ed economico allo scopo di soddisfare i requisiti
e gli standard europei.
Tra le modifiche
necessarie a tale entrata, fu inserita la riforma del codice penale turco del
1926, per il quale già da tempo era stata auspicata una legge di riforma.
L’organizzazione
turca “WOMEN FOR WOMEN’S HUMAN RIGHTS
(WWHR), dopo aver ottenuto un grande successo con la riforma del codice civile
nel 2001, vide l’occasione di una riforma penale come un’opportunità per
intraprendere una campagna incentrata sul codice penale.
Nel 2002
l’organizzazione decise di formare un gruppo nazionale di lavoro il cui
incarico e fine fu definito “riforma del
codice penale da una prospettiva di genere
”. Si trattò di un arduo lavoro
concepito dal punto di vista della donna e dei sui diritti.
Il “Working Group”
era composto da 15 rappresentanti di numerose organizzazioni no-profit, da
avvocati e da accademici provenienti dalle diverse regioni del paese per
analizzare i problemi delle donne con una visuale completa. Sebbene lo scopo
iniziale fosse quello di includere anche uomini per avere un maggiore riconoscimento
dall’opinione pubblica, sfortunatamente l’unico professore che accettò
l’incarico, abbandonò il gruppo dopo il terzo incontro. [1]
Gli incaricati
lavorarono intensamente, studiando i codici penale degli altri paesi e
analizzando il progetto di legge che nel frattempo il Parlamento aveva scritto,
e decisero di formulare delle raccomandazioni e di proporre delle modifiche a
30 articoli del codice. Il tutto fu incluso in un report e mandato alle
organizzazioni no-profit, ai parlamentari e ai maggiori mass media.
Nello stesso anno la
crisi politica che investì la coalizione dei partiti maggiori del governo,
dilagò fino diventare irrisolvibile al punto che furono indette nuove elezioni.
La Costituzione turca impone in questi casi che il Ministro di Giustizia venga
sostituito da un esperto indipendente nei tre mesi prima delle elezioni.
Sorprendentemente fu scelto un membro dell’organizzazione WWHR, Aysel Celikel,
che colse l’occasione per creare una commissione, a cui presero parte anche
alcuni membri del “gruppo di lavoro”, che modificò il progetto di legge in
accordo con le raccomandazioni consigliate nel report sul precedente disegno
legislativo.[2]
A seguito delle
elezioni, il nuovo Ministro di Giustizia non prese però in considerazione
l’impegno e il lavoro svolto dal “Working Group” e rifiutò tutte le richieste
di discussione e di incontro propostegli.
Conseguentemente al
blocco del percorso di riforma, si decise di dar vita ad un’ampia campagna
pubblica per sensibilizzare a livello nazionale i problemi per i quali si stava
combattendo: furono indette numerose conferenze stampa, vennero coinvolte altre
organizzazioni, e il gruppo di lavoro si trasformò in una sorta di
“piattaforma” nazionale composta da più di 30 organizzazioni no profit, incluse
quelle per i diritti umani e per i diritti delle persone omosessuali e
transessuali. I membri fecero pressione sulla commissione di giustizia, sui
rappresentanti dell’Unione Europea e sui media nazionali e visitarono numerose
volte il Parlamento per dar voce alle loro richieste. Inoltre furono promosse
manifestazioni a cui parteciparono centinaia di donne, le più importanti si
tennero a Istanbul ed ad Ankara, in particolare poco prima dell’approvazione
del codice ne fu indetta una davanti al Parlamento, intitolata “i nostri corpi e la nostra sessualità
appartengono a noi
”. Proprio mentre si svolgeva la marcia, il Parlamento
annunciò la volontà di revocare la proposta sulla criminalizzazione
dell’adulterio, e due ore dopo dichiarò di aver ritrattato l’intero progetto di
legge. L’annuncio scioccò non solo l’opinione pubblica turca ma anche quella
europea.[3]
Due settimane dopo,
il 26 settembre 2004 il progetto di legge di riforma del codice penale fu
approvato dal Parlamento. Esso conteneva più di trenta emendamenti sostenuti a
richiesta del gruppo di riforma e simboleggia il raggiungimento degli obiettivi
posti dal gruppo di riforma e da tutti coloro che parteciparono attivamente al
percorso di rinnovamento. Il codice rappresenta inoltre il più grande passo
compiuto a favore dell’uguaglianza tra uomo e donna e della protezione dei
diritti umani in Turchia.[4]
‘Our bodies and sexuality belong to ourselves!’ (Photo © Filmmor
Women’s Cooperative).



[1] IKKARACAN, Reforming the penal code in Turkey :
the campaign for the reform of the turkish penal code from a geder perspective,
2007, pag 10.
[2] IKKARACAN, Women realizing change in Turkey :
the reform of the Turkish civil and penal codes, 2007, pag 6
[3] IKKARACAN, Reforming the penal code in Turkey :
the campaign for the reform of the turkish penal code from a geder perspective,
2007, pag 25.
[4] IKKARACAN, Women realizing change in Turkey :
the reform of the Turkish civil and penal codes, 2007, pag 7.