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Quella tratta nascosta che colpisce le donne

di Luciana De Michele, 26 luglio 2016

In Senegal esiste un vasto fenomeno di
sfruttamento ai danni di donne e ragazze, adescate dai trafficanti e
convinte a lavorare -in condizioni spesso inumane- nelle case di qualche
ricca famiglia. Le destinazioni delle domestiche senegalesi sono
soprattutto Marocco, Libano, Mauritania e Paesi del Golfo arabo. Mbayang
Diop è una di loro, e rischia la vita. 

Lavoricchiava nel commercio informale per occuparsi
di suo figlio e del padre malato nella banlieue di Dakar di Yeumbeul
Sud, dove viveva. Fino al giorno in cui Habib Fall le ha proposto un
impiego nell’eldorado saudita come domestica, pagata 800 euro al mese.
Così, dopo aver venduto tutti i gioielli e aver versato circa 600 euro
al suo trafficante, il 25 maggio la senegalese 22enne Mbayang Diop è
partita in Arabia Saudita, direzione Dammam. Durante le poche telefonate
alla famiglia, da quanto dichiara il fratello alla stampa locale, la
ragazza era in lacrime e denunciava condizioni di vita e lavoro diverse
da quelle previste… fino alla tragedia, il 18 giugno, quando Mbayane
avrebbe accoltellato a morte la padrona di casa, la moglie del suo
datore di lavoro.


Ora Mbayane si ritrova in
carcere, condannata alla pena di morte per decapitazione. Le autorità
senegalesi sul posto non sono ancora riuscite ad entrarci in contatto.
«Faccio
appello a tutta la comunità nazionale, internazionale e al nostro
presidente della Repubblica Macky Sall affinché si mobilitino per
salvare Mbayang. Perché sono fermamente convinto che la vittima sia in
realtà proprio lei
»,
afferma Bara Gaye, il sindaco di Yeumebul Sud, il primo ad aver dato la
notizia il 13 luglio e ad attivarsi per far sì che Mbayang sia graziata
o estradata in Senegal.


La punta dell’iceberg

In effetti, la ragazza è
una delle tante vittime di un traffico di esseri umani che si sta
consumando in Senegal (come in altri paesi dell’Africa e del mondo) in
tutto silenzio: se il Senegal è ufficialmente riconosciuto paese di
origine, transito e destinazione della tratta, il fenomeno riguarda
specialmente minori e donne. Ma, mentre gli sforzi del governo e della
maggior parte della società civile si stanno concentrando nella lotta
contro la mendicità infantile e lo sfruttamento dei
talibé
(allievi delle scuole coraniche) che arrivano nel paese anche da altri
paesi trasfrontalieri, poco in concreto è stato fatto per lottare contro
questa forma di schiavitù moderna femminile: uno sfruttamento che vede
le senegalesi, al pari di altre africane, subire una doppia
stigmatizzazione, di genere e di razza. Le lavoratrici domestiche sono
le più colpite e vulnerabili, soprattutto se migranti.


Il copione è sempre lo
stesso. Le destinazioni delle domestiche senegalesi sono soprattutto
Marocco, Libano, Mauritania e Paesi del Golfo, Qatar e Arabia Saudita. 
Mbayang Diop
Il mediatore senegalese, uomo o donna che sia, in complicità spesso con
le agenzie di viaggio, riunisce le ragazze desiderose di un lavoro ben
remunerato all’estero, fa loro firmare un contratto falso spesso in
inglese o in arabo che non capiscono, fa loro versare una certa somma
“per le spese” e poi le invia a destinazione.


A quel punto per queste
donne inizierà l’inferno: rinchiuse in casa senza documenti e spesso
telefono (prelevati dai datori di lavoro), queste ragazze dovranno
subire un intenso sfruttamento lavorativo e non raramente anche
sessuale. 
Chi prova a scappare è condannata a cadere nelle mani della
polizia, per poi essere rimandata dal proprio datore di lavoro (che non
esiterà a fargliela pagare). Oppure rischia di cadere nella maglie
dell’immigrazione clandestina, o divenire facile preda di reti di tratta
e schiavitù sessuale.


Mobilitazione in corso


Se il presidente Macly Sall
non ha ancora reagito all’appello del sindaco Bara Gaye, le
organizzazioni della società civile senegalese, le associazione di donne
e dei diritti umani, un sindacato di lavoratori domestici e alcuni
avvocati si sono attivati. Questi ultimi intendono rivolgersi alla
Giustizia Internazionale, e il sindaco assicura di voler unire le
sinergie e creare una rete che possa attivarsi in una grande
mobilitazione, non esclusa una grande manifestazione a Dakar che si
concluda davanti all’Ambasciata Saudita. 
Intanto, una petizione popolare
promossa dall’organizzazione internazionale dei migranti “Horizon Sans
Frontier” in Senegal sta circolando in rete, mentre è di oggi la notizia
che la Dic (Divisione delle Investigazioni Criminali) ha arrestato 8
persone, tra cui Habib Fall, per aver “venduto” decine di senegalesi nei
Paesi del golfo.


Firma la petizione per salvare Mbayang Diop.
FONTE: Nigrizia