General

Europa Centrale, politiche anti-immigrati e degrado dei diritti

di Davide Galati, 12 luglio 2016.

Un recente Rapporto di Freedom House dal titolo “Central Europe’s Faceless Strangers: The rise of xenophobia in the regionesplora l’evoluzione del sentimento xenofobico
tra i Paesi appartenenti al gruppo di Visegrád, ovvero Polonia,
Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. 

Di fronte alla grave crisi
migratoria che coinvolge l’UE, i Paesi di quest’area hanno a volte
assunto un ruolo di guida e modello per molti partiti dell’estrema
destra europea. 

Se il livello di xenofobia è tradizionalmente alto in
questa regione, anche durante l’attuale crisi la reazione anti-immigrati
è risulta più forte in quest’area (e in Austria) che nel resto dell’UE
(cfr grafico).

Una prima differenza che caratterizza tuttavia questi Paesi è che la
retorica anti-immigrazione qui non proviene dai movimenti estremisti ma
dal centro dello spazio politico (dove si sono ben consolidati nel tempo partiti mainstream di destra o di sinistra, ad esempio Fidesz in Ungheria).



Una seconda differenza è che l’avversione ai migranti non deriva da esperienze reali con gli stranieri, trattandosi di Paesi “monoculturali e principalmente monoetnici” (con l’eccezione della minoranza Rom), con scarsa presenza di popolazione nata all’estero.


I pregiudizi e l’avversione verso gli stranieri sembrano dunque basarsi su “astratte e simboliche rappresentazioni dell’ignoto“.
La presenza solo virtuale del migrante, presentato come nemico e le cui
caratteristiche non sono concretamente verificabili, facilita le
politiche basate sullo sfruttamento del capro espiatorio, il che ha
funzionato bene anche durante la crisi dei rifugiati.

Trattandosi di società post-comuniste, risulta molto forte anche
l’effetto definito “sciovinismo del welfare”: molte persone in questi
Paesi temono l’apparire di gruppi “stranieri” più
vulnerabili in quanto potrebbero condurre a un declino del loro status e
dei trasferimenti sociali a loro favore.

Lo sfruttamento politico della xenofobia va di pari passo con la questione sicurezza
e l’assunzione di misure legislative di contrasto al terrorismo sempre
più strette. Questo avviene in tutta Europa, dove però le minacce si
sono dimostrate più concrete, e dove le strutture democratiche sono più
robuste.
 

In sistemi meno evoluti in termini di sviluppo istituzionale e di
adeguati contrappesi tra i poteri dello Stato, le misure antiterrorismo
(come quelle adottate in Austria, Ungheria e Polonia) sono particolarmente preoccupanti perché minacciano di indebolire i diritti e le libertà civili e di marginalizzare le istituzioni indipendenti.


L’ulteriore rischio è che nel lungo termine siano le forze populiste
ad approfittare dell’agenda politica promossa dai partiti di governo
dell’area, in un contesto di “generale insoddisfazione, ostilità all’establishment, indebolimento della cultura di mutuo rispetto nella sfera pubblica“, fattori chiave del successo dei movimenti populisti.
 

La sfida allo sviluppo della xenofobia nella regione dovrà quindi necessariamente affrontare le cause complesse e profondamente radicate nelle società che la alimentano.

FONTE: Voci globali