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Il diritto a essere felici

di Gianluca Testa, 01 Giugno 2016.

A
Reggio Emilia c’è un murales di Nelson Mandela. Si trova a pochi
passi dall’ingresso del Teatro della Cavallerizza, sede del “Social
Cohesion Days”. Mandela, in quell’immagine, accenna un sorriso.
Un osservatore immobile con lo sguardo puntato oltre l’orizzonte.
Ha lottato contro l’apartheid, schierandosi in difesa dei diritti.
Forse non è un caso che di fronte a quel murales, negli ultimi
giorni, siano passati coloro che oggi pensano alla felicità come a
un diritto. 


I fatti, purtroppo confermati dai
dati, raccontano un’Italia in emergenza: l’abbandono scolastico è
salito al 17,5 per cento, l’analfabetismo funzionale al 38. Per non
parlare poi della povertà: nel nostro paese la deprivazione
materiale è in crescita (14,5% contro la media europea del 9,9%).
Siamo sempre più lontani dall’Ue anche quando prendiamo in
considerazione la povertà minorile (17% in Italia, 9,4% in Europa).



La condizione del nostro paese sta
drammaticamente peggiorando” ha detto Matteo Jessoula (Università
di Milano) presentando i dati utili a introdurre il dibattito sul
reddito minimo.
Allora qual è la buona notizia? 
La
prima risposta arriva proprio da Jessoula, che termina il suo
intervento al festival internazionale della coesione sociale con una
citazione. Questa.

Sconfiggere la povertà non è
un dovere di beneficienza, è un atto di giustizia. Come la schiavitù
e l’apartheid, la povertà non è naturale. E’ prodotta dall’uomo
e può essere eliminata dalle azioni degli uomini. A volte, capita a
una generazione di essere grande. Voi potete essere quella
generazione. Lasciate sbocciare la vostra grandezza”.



Ecco che torna Nelson Mandela. Quelle
parole sono state pronunciate proprio dal leader africano.
La risposta a tutto questo sta nella
coesione. 

E a Reggio Emilia, dal 26 al 28 maggio, si sono gettate le
basi di un percorso (in salita, d’accordo) destinato alla
costruzione delle politiche della felicità. Una coesione declinata
nell’economia, nella cultura, nella società, nel lavoro, nella
comunicazione. Una coesione che trova spazio anche nelle nuove
strategie di sviluppo e d’integrazione.


Comunità coese nonostante le
difficoltà. 

Come accade a Lampedusa, ad esempio. Qua, grazie a
Terra! Onlus (che opera in collaborazione col Circolo di Legambiente
dell’isola), è nato il progetto “P’orto l’Orto a Lampedusa”.
L’obiettivo? Realizzare orti comunitari seguendo il metodo
dell’agricoltura naturale e valorizzando le ricchezze del
territorio, la socialità, l’aggregazione della comunità locale.



E’
un modo per recuperare identità e cultura. Dalle fave nere ai
piselli, raccogliamo semi antichi bussando alle porte dei contadini
rimasti. Da poco ci sono perfino arrivati i semi di pomodoro
originari dell’isola di Linosa. Ce li ha spediti per posta un
contadino. Si chiama Salvatore e desidera che la memoria sopravviva”
racconta
Silvia Cama nel corso dei Social Cohesion Days. Lei è architetto e
da un anno lavora a Lampedusa con Terra! Onlus.
 

“Sull’isola non c’è la raccolta differenziata, ma noi la
facciamo ugualmente. Abbiamo organizzato una raccolta porta a porta
insieme ai ragazzi con disagio psichico ospiti del centro diurno. E
con i rifiuti facciamo il compost per i nostri orti…”.



Questo è il seme che crea
economia”, ha chiosato Flaviano Zandonai (Iris Network). 

Sì, il
seme come metafora. Perché qualcosa sta cambiando. Anzi, ha iniziato
a crescere. 

Nelle relazioni, nella progettazione, nelle prospettive e
nelle idee.



Un percorso che trova la migliore
sintesi nelle parole di Raul Cavalli. 

E’ il presidente della
Fondazione Easycare, che ha organizzato il festival insieme al Comune
di Reggio Emilia e alla Fondazione per la Collaborazione tra i
Popoli.



In
questi giorni è nata in tutti noi una consapevolezza nuova”
ha
detto Cavalli.

“Ovvero che la felicità è un diritto (e una necessità)
dell’uomo. E che la si può raggiungere solo all’interno di una
dimensione collettiva”. 



Dal seme sta forse per nascere un
fiore.

FONTE: Corriere della sera