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Eritrea, 25 anni di indipendenza. A quale prezzo?

di Enrico Casale, 26 Maggio
2016.

L’Eritrea ha celebrato martedì 24
maggio, il 25° anniversario della sua indipendenza. 

Il 24 maggio
1991 i ribelli etiopi contro il regime di Menghistu Hailè Mariam
prendevano la capitale Addis Abeba mentre nella capitale
dell’Eritrea, che era ancora una provincia etiope, i loro alleati
eritrei cacciavano le ultime truppe del dittatore. Due anni più
tardi, un referendum ha sancito l’indipendenza dell’Eritrea
dall’Etiopia dopo trent’anni di guerriglia prima contro le truppe
del negus Heilè Selassie e poi contro quelle del negus rosso
Menghistu.



L’indipendenza sembrava aver
spalancato le porte a un periodo di pace e sviluppo per il piccolo
Paese dell’Africa orientale, ex colonia italiana. Invece la
situazione politica ed economica è andata via via degenerando. Nel
1998 scoppia, per una disputa di confine, scoppia una guerra contro
l’Etiopia. Il conflitto sul campo cesserà solo nel 2000 e solo
dopo aver causato 150mila morti. Da allora i rapporti tra Asmara e
Addis Abeba, sebbene non ci siano stati più scontri militari, sono
rimasti tesi. Da un lato l’Eritrea, sostanzialmente isolata.
Dall’altro l’Etiopia senza più uno sbocco al mare e costretta a
far transitare le sue merci da Port Sudan (Sudan) o da Gibuti. Ma
quella con l’Etiopia non è stata l’unica guerra combattuta
dall’esercito di Asmara. 

Nel 2008 scoppia infatti un breve, ma
intenso conflitto con il piccolo Gibuti. 

Anche in questo caso per
dispute di confine.


Questo stato di tensione permanente fa
sì che l’Eritrea mantenga attive forze armate sproporzionate per
il piccolo Paese. Asmara chiama alle armi tutti gli uomini e le donne
dai 17 anni, in un servizio di leva che non ha una durata
prefissata.
 

Questo servizio militare sottrae forza lavoro al Paese
e l’economia, già messa alla prova dall’isolamento determinato
dall’aggressività del regime, ne risente. Oggi l’Eritrea è un
Paese povero. La crscita del Pil è nulla e il 50% della popolazione
vive al di sotto della soglia di povertà. È per questi motivi che
molti ragazzi e molte ragazze (si stima tremila al mese) fuggono dal
Paese e, dopo essersi sobbarcati viaggi lunghissimi, approdano alle
nostre coste.



Nel frattempo il regime è diventato
sempre più repressivo. 

La Costituzione, più volte promessa, non è
mai entrata in vigore. I ministri che hanno chiesto la sua
applicazione sono stati arrestati e di loro non si sa più nulla. Non
si tengono elezioni e il partito di potere controlla ogni aspetto
della vita sociale e politica del Paese. Le spie del regime sono
ovunque come nell’Albania di Enver Oxha. La delazione è un modo
per regolare i conti tra persone e familiari con i quali si hanno
problemi. Come ha testimoniato un recente rapporto dell’Onu, i
diritti umani non vengono rispettati in alcun modo. 

Non esiste
libertà di espressione né di stampa. 

Da anni ormai, l’Eritrea è
agli ultimi posti della classifica sulla libertà di stampa redatta
da Reporter senza frontiere.
L’indipendenza è stata una
conquista importante, ma quale prezzo sta pagando il Paese? 

FONTE: Africa Rivista