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Via della Seta: Al-Raqqa. La capitale oscura

di Gianfilippo Terribili, treccani, 23 Aprile 2016

Bandiere e drappi neri campeggiano
incontrastati in quella che fino a poco tempo fa era una tranquilla
cittadina della provincia siriana. Assurta agli onori della cronaca,
Raqqa è conosciuta da due anni a questa parte come la capitale
dell’autoproclamatosi Stato Islamico guidato dal Daesh, gruppo
meglio noto in occidente col nome di Is.




Qui i ribelli hanno stabilito centro
direzionale e istituzioni governative, trasformando la città in un
laboratorio sociale a cielo aperto dove le leggi della
sharīʿa
e l’ideologia dei nuovi dominatori vengono imposti con rigore. 

Esecuzioni sommarie, pattuglie di polizia religiosa e
bombe che piovono dall’alto costituiscono lo scenario quotidiano
vissuto dall’esausta popolazione. 

La scelta di rendere Raqqa quartier
generale dell’Is non è casuale e trova motivazioni tanto
strategiche quanto ideologiche. 

Dal primo punto di vista la città è
situata sul medio corso dell’Eufrate, in un’area nevralgica che
funge da collegamento fra le diverse regioni d’Iraq e Siria
cadute in mano al gruppo integralista.

La medesima funzione di porta d’accesso alla Mesopotamia ha
determinato importanza e vocazione dell’insediamento urbano da
epoca antica a quella medievale.



 Sorta su rotte carovaniere che
intersecavano l’attraversamento del grande fiume, la città ebbe
infatti una lunga tradizione di caposaldo militare e centro
commerciale. 

In
periodo ellenistico furono i Seleucidi
a sfruttare le potenzialità dell’area fondando le colonie di
Nikephorion e Kallinicos. Con l’ascesa di Roma e la conseguente
frizione col regno iranico dei Parti prima e dei Sasanidi poi,
Callinicum divenne importante roccaforte sul turbolento
limes
orientale. 

Nonostante per secoli i due imperi rivali si siano
confrontati in duri scontri armati, la permeabile area frontaliera fu
animata da continui scambi interculturali che diedero vita a una
società aperta ed eterogenea. 

La conquista araba (639 d.C.) non pose fine
alla rilevanza dell’antica città rinominata al-Raqqa; al contrario
fu nel periodo califfale che questa conobbe il suo massimo splendore
artistico ed economico, rivaleggiando per magnificenza con la grande
Baghdad.




Grazie a opere di canalizzazione i
nuovi governanti incrementarono grandemente la produzione agricola
della vasta regione di al-Jazira (alta Mesopotamia), creando i
presupposti per lo sviluppo di floridi centri urbani. 

Sotto gli Abbasidi
alla città vecchia fu affiancato un nuovo insediamento, al-Rāfiqa,
le cui imponenti mura, protette da 132 torri circolari, ospitavano
una delle più grandi moschee congregazionali dell’epoca. 

La
liberalità di costumi e di professione religiosa garantita dai
califfi permise alle comunità cristiana ed ebraica di prosperare e
mantenere le proprie istituzioni religiose, arricchendo la varietà
culturale della Raqqa medievale.




Per popolazione i due centri gemelli
superavano di gran lunga le altre città della Siria e dell’impero
abbaside, avvicinandosi per dimensione alla metropoli Baghdad. 

Fu questo uno dei motivi che spinsero l’abbaside
Harun
al-Rashid
(786-809), contemporaneo di Carlo Magno, a stabilire
qui una residenza califfale alternativa a Baghdad dalla quale
pianificare attacchi contro i nemici bizantini. 

Su
una superficie di quasi 10 km 2 , al margine dei due abitati, fu
progettato un quartiere palaziale con estesi giardini e strutture
monumentali per il califfo, la sua corte e l’immenso tesoro. Nelle
ampie sale di rappresentanza fregi in stucco esibivano un raffinato
repertorio figurativo in cui dominava il motivo della vite nelle sue
molteplici varianti. 

In tale ambiente fiorì rapidamente la cultura
cortese.




Lo stesso Harun al-Rashid fu sovrano
particolarmente attento a lettere e scienze costituendo il primo
nucleo di una delle più celebri biblioteche e istituzioni
accademiche del mondo islamico, “La casa della Sapienza” (
Bayt
al-Ḥikma
) di Baghdad.
Non è quindi
casuale che il suo nome sia ricordato favorevolmente più volte nelle
Mille e una notte
e che la tradizione posteriore abbia idealizzato la sua figura come
modello di buon sovrano. 

Durante il suo regno all’ombra dei
giardini e dei patii di Raqqa sapienti e letterati condividevano
riflessioni o discutevano temi filosofici mentre nei simposi a corte
brani e poesie venivano recitati alla presenza del califfo. 

Quando
lo splendore del primo periodo abbaside si eclissò seguirono secoli
di decadenza e marginalità; se il viaggiatore ebreo Beniamino
di Tudela
(XII sec.) registrò qui una sinagoga ancora operante,
il viaggiatore e narratore ottomano Evliya
Çelebi
visitò le maestose rovine nel 1649 trovandole abitate da
una manciata di pastori nomadi.




La riconversione di Raqqa in centro
amministrativo provinciale si ebbe a fine epoca ottomana, con un
decisivo sviluppo urbano solo nel secondo dopoguerra. 

La leadership dell’Is sembra quindi
voler sfruttare appieno tutti i vantaggi strategici e ideologici
insiti nella scelta di rendere Raqqa la propria capitale; oltre alle
linee di comunicazione che qui convergono, il retaggio della città
offre infatti l’opportunità di riallacciarsi a un passato militare
glorioso e all’eredità storica califfale. 

Lo stridore più acuto non
consiste tanto nel confronto fra la drammatica realtà attuale e un
discutibile modello occidentale, quanto in un paragone interno alla
civiltà islamica stessa che contrappone la tollerante società della
Raqqa capitale del califfato abbaside, mille e duecento anni fa, alla
cupa esperienza dello pseudo-califfato contemporaneo. 

Un’antitesi contraddittoria che solo la società
islamica può affrontare e risolvere.