Rep. Ceca: Rifugiati iracheni cristiani ritirano la richiesta d’asilo
Di Marzia Romano, East Journal, 22 Aprile 2016
Lo scorso dicembre il governo della
Repubblica Ceca ha approvato il programma
di accoglienza per centocinquanta rifugiati cristiani iracheni
messo a punto dalla organizzazione non governativa Generation
21.
Le famiglie coinvolte nel progetto, fuggite dalle aree
controllate dallo Stato Islamico, sono state selezionate fra molte
altre in alcuni campi rifugiati in Libano, dove sono state anche
sottoposte a controlli di sicurezza.
Una delle condizioni
fondamentali per essere inclusi nel programma era un deciso desiderio
di trasferirsi specificamente in Repubblica Ceca.
Dall’inizio
dell’anno ottantanove iracheni, a scaglioni, sono arrivati nel
paese e hanno ricevuto assistenza tra Praga, Brno e Jihlava, città
nelle quali sono stati distribuiti.
Venerdì primo aprile il programma di
accoglienza ha dovuto però fare fronte ad un colpo di scena: una
famiglia di otto persone ha espresso il desiderio di tornare in Iraq,
adducendo quale motivazione l’impossibilità di abituarsi ad un
ambiente culturale diverso e ad una lingua nuova.
Inoltre, un altro
gruppo di venticinque persone ha ritirato la propria richiesta di
asilo inoltrata al governo ceco e ha privatamente noleggiato un
pullman per approdare in
Germania entro il weekend
senza peraltro consultare e mettere al corrente l’ONG Generation
21.
Mentre le autorità ceche paventavano
la possibilità di essere direttamente rimpatriati nel paese
d’origine, il governo tedesco ha confermato nel corso dei giorni
successivi che i venticinque iracheni lì arrivati possono restare e
che hanno compilato la loro richiesta
d’asilo, menzionando
legami familiari in Germania.
L’episodio ha inevitabilmente
suscitato non poco clamore in un paese in cui la maggior parte dei
cittadini si dice contrario all’accoglienza dei rifugiati, siano
essi di religione musulmana o cristiana.
Il direttore
dell’organizzazione di Generation 21
Jan Talafant non ha
potuto fare a meno di manifestare la sua totale incredulità di
fronte a questo gesto, sottolineando la necessità di trovare una
spiegazione per non alimentare dei pericolosi luoghi comuni; nonché
la sua preoccupazione, mettendo in evidenza come azioni di questo
genere mettono a repentaglio la credibilità dell’organizzazione e
anche l’intero programma (sono attese altre sessanta persone
dall’Iraq), che ora si trova al vaglio del governo.
Il parere del ministro degli Interni
non si è fatto attendere: Milan
Chovanec ha infatti già
espresso la volontà di sospendere del tutto il programma, deciso a
non permettere che il paese sia considerato “un’agenzia di
viaggi”.