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Istanbul, quando i libri disarmano



di Emanuela Bambara, interris, 12 Aprile 2016.

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Libreria Pages ad Istanbul

Una libreria a tre piani in
stile rustico arabo
,
organizzata anche come un Caffè, nel cuore della vecchia Istanbul,
nel quartiere storico di Ayvansaray in Fatihè, è diventata il
rifugio con il calore di casa per molti siriani in fuga dalla guerra
in Turchia. Oltre due milioni e mezzo. E anche per egiziani, libici,
iracheni.

Si chiama “Pages”,
“Pagine” in inglese

anche se è registrata ufficialmente con il nome arabo di “Safahat”
–, e promette già nel nome di raccontare storie di vita e di pace,
ospitate nei libri e, attraverso l’amicizia di carta, tra i
lettori. Un piano è dedicato alle pubblicazioni per bambini e uno
funge da biblioteca. 

Ospita libri ed eventi quotidiani, anche
concerti e corsi di giornalismo, in tre lingue: arabo, inglese e
turco. 

C’è anche il cinema.

Il proprietario è Samer
al-Kadri, lui stesso un rifugiato.
 
In Siria era un artista editore, pubblicava libri per l’infanzia. 
La
sua libreria, la prima dedicata alla cultura araba, è un luogo di
incontro e di confronto – dice –, si sforza di essere un ponte
tra siriani, turchi e la miriade di stranieri che visitano la città.
Non è soltanto una lodevole iniziativa economica-commerciale, quella
di al-Kadri, ma un progetto di sviluppo culturale e comunitario. In
una intervista a “Yabangee”, ha dichiarato che Pages è “un
centro per la cultura, non è solo un luogo per la vendita di libri. 

La gente viene qui anche per leggere gratuitamente, senza pagare”. 
Funziona, allora, come un’ambasciata culturale. 
Il viaggio per la
felicità e per la pace passa attraverso l’informazione e la
conoscenza. 

Uno schiaffo per chi crede che il destino di sofferenza
sia una condanna inevitabile e anche per chi, proprio per ignoranza,
coltiva stereotipi contro gli arabi e gli islamici, come se fossero
un’entità singola e definita.

In questo momento, ci sono
moltissime divisioni ideologiche
,
nel mondo arabo come in Siria. Ognuno cerca di distinguersi e di
separarsi dall’altro. È tempo che cominciamo a parlarci l’un
l’altro. Le tensioni tra laicisti e islamisti hanno raggiunto il
picco. Anche all’interno dei gruppi laici ci sono molte divisioni,
di sinistra e di destra. 

Il nostro obiettivo è di far parlare tutti
questi tra loro. 

Ciascuno deve poter ascoltare voci diverse e
rispettare differenti opinioni”, afferma al-Kadri. 

Poi, c’è la
questione del pregiudizio occidentale nei confronti dei profughi.
Nell’immaginario collettivo, si tratta soltanto di poveri ed
emarginati, affamati e in cerca di elemosina.

Il mondo arabo ha una cultura
antica e ricca, in modo particolare la Siria.

“Voglio trasmettere una immagine diversa della Siria per il mondo
occidentale, da quella che mostra i siriani come profughi affamati –
dichiara –. Ci sono una varietà di immagini positive, da
presentare al mondo esterno. La Siria ha una storia che risale a
tempi antichi, ma si sente forse mai parlare di un siriano scrittore,
artista, regista o un intellettuale? 

La risposta è no. Le persone in
Occidente sono sorprese quando mi incontrano e scoprono che non
patisco la fame. Certo, ci sono moltissime persone che soffrono e
dobbiamo concentrare l’attenzione per la soluzione dei loro
problemi. Tuttavia, c’è un altro lato della storia, che è stata
trascurata dai media per lungo tempo. 

La Siria non è solo pro-Assad
o pro-ISIS, c’è un’altra resistenza, che è quella della
cultura”.

Istanbul è al “crocevia tra
le culture del mondo, ma non è multiculturale
.
È piuttosto multirazziale”, spiega al-Kadri. Sebbene il panorama
letterario sia estremamente ricco e maturo e il numero dei lettori
sia più alto che nel resto del mondo, è rivolto esclusivamente al
pubblico turco. 

Ecco, allora, che “Pages”, la prima libreria con
testi in arabo per l’80 percento, colma un vuoto editoriale,
offrendo al contempo un servizio civile, di integrazione e di pace
sociale. 

La capitale siriana, Damasco, è davvero una città
multiculturale, ma le difficoltà burocratiche, per chi voglia
avviare una impresa editoriale, riferisce Samer, sono molto più
onerose.

Tra i dipendenti della
libreria c’è Ola Suleiman
,
arrivata in Turchia dalla Siria insieme ai suoi sei fratelli, e tutti
lavorano per cercare di costruire una nuova vita. 

Sono circa l’80
percento, i profughi siriani che vivono fuori dai campi. 

La legge
locale, però, vieta di assumere personale siriano. 

Così, i
lavoratori siriani sono spesso sfruttati e le tasse sono evase dai
loro datori di lavoro. 

Suleiman non ha un contratto regolare di
lavoro, perché non può averlo, ma ha un’assicurazione sanitaria. 

Tra i clienti siriani della libreria c’è Faiz Dakhil, che qui
“sente il profumo di casa”. 

Ed è questa l’ambizione del
fondatore: fare della libreria una casa per tutti.

Amnesty International denuncia
che la Turchia
manda
indietro i profughi siriani verso il Paese in guerra. Questi cercano
di integrarsi nella comunità turca, dandosi da fare. Ma la loro
condizione, nei 25 campi profughi sul confine, soprattutto nelle
tendopoli alla frontiera siriana, è difficile, in qualche caso
drammatica. 

Tanto da sollevare le proteste internazionali dei
difensori dei diritti umani. 

Gli aiuti umanitari delle Nazioni Unite
si sono ridotti al 40 percento delle esigenze, il Programma
alimentare mondiale non offre più assistenza a ben nove campi. 

Soltanto il 20 percento dei bambini in età scolare riceve
istruzione. 

Ecco perché la sola speranza, per moltissimi, è tentare
di raggiungere l’Europa. 

Iniziative, come quella di Samer al-Kadri,
valgono più di mille incontri diplomatici. 

La facciata verde della
multicolore e multilingue libreria è la risposta di speranza per
tante storie in bianco e nero, o forse, moltissime, soltanto con
tante sfumature di grigio fuliggine.