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Gipsy Queens

di
Susanna Ricci,
riforma,
11 Aprile 2016

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Percorsi
lavorativi e di affermazione personale da parte di alcune donne rom,
che conciliano il cambiamento con la tradizione.



Essere queens,
regine, significa ricoprire un ruolo; un tempo e uno spazio in cui
agire. Secondo la tradizione, questo luogo e questo tempo, per le
donne rom, molto spesso sono la casa e la famiglia. Ecco però che da
una prima esperienza che incoraggia alcune di queste donne,
provenienti dal campo di via Cardoni nel quartiere Magliana, a
prendere la patente, si trasforma in uno stimolo contagioso.

Queste regine, prima della famiglia,
ora anche della strada, continuano a riunirsi e a creare occasioni
per coltivare la propria autonomia, personale ed economica. 

La
collaborazione e le prospettive crescono fino a creare opportunità
lavorative all’interno dell’ambito gastronomico.

Conciliare la tradizione con un
percorso di affermazione personale è possibile. 

«Io l’ho fatto»,
racconta
Maria Miclescu,
portavoce del Tavolo delle Donne Rom.

Com’è nato il progetto
Gipsy Queens?

«È iniziato da un percorso che hanno
fatto altre donne che hanno seguito dei corsi di formazione e dei
tirocini. 

Queste donne hanno raccontato la loro esperienza in un
libro,
7 donne rom,
edito da Cambiaunavirgola.
 

Ci siamo incontrate in occasione della
promozione del libro, che è stato presentato in molti circoli ed è
stato ben accolto. Anche al nostro campo, quello di via Candoni,
abbiamo voluto proporre la lettura del libro accompagnando la
proposta con una festa per celebrare il suo successo, con cibo fatto
da noi e musica rom e italiana. 

Questa bella esperienza ci ha fatto
unire e ha fatto nascere il Tavolo delle Donne Rom, un gruppo che si
riuniva per approfondire la nostra coscienza civile e conoscere i
nostri diritti, per aiutarci nei vari percorsi scolastici e far
conseguire a tutte il diploma di terza media, fare orientamento e
permetterci di uscire dal campo. In occasione della festa per il
libro abbiamo scoperto che a tutte noi piace cucinare, così abbiamo
sfruttato questa passione per creare un percorso di inserimento
lavorativo, proponendo banchetti e facendo
catering.
Gipsy Queens è nato così, attraverso il Tavolo elle Donne Rom e con
il sostegno di Arci Solidarietà Onlus».

Quali sono i prossimi
obiettivi?

«Quello che ora vorremmo fare è
espandere la nostra attività e acquistare un furgoncino per uscire
dal campo, così da poter proporre il nostro cibo come
street
food
in tutta Roma. 
Vorremmo
andare fuori e socializzare con altre persone, anche per
riappropriarci dei nostri diritti, per dimostrare che siamo donne in
grado di lavorare e non solo stare in casa».

Con il tempo è cambiato
qualcosa nell’interazione tra la vita del campo e il resto della
città?

«Io credo ci sia più accettazione.
Anche se molti mantengono giudizi negativi su di noi, sono tanti
quelli che ci stanno vicino e ci trasmettono la speranza e l’aiuto
che ci serve per andare avanti. Se c’è qualcuno che ci dice che
abbiamo fatto bene e ci incoraggia, non conta più quello che ci
discrimina».

Come descriverebbe il ruolo
della donna all’interno della tradizione?

«Il ruolo della donna nella famiglia
è molto importante ed è molto preciso: lei sta a casa mentre l’uomo
va a lavorare. Ora le nostre aspettative sono cambiate, vogliamo
uscire da questo ruolo e far valere di più i nostri diritti, anche
quello di avere un lavoro. Vogliamo dimostrare di poter cambiare e di
poter ottenere qualcosa dal nostro futuro.

Quello che stiamo facendo è un po’
una rivoluzione, perché anche le donne che sarebbero state solo in
casa vedono il nostro esempio e cominciano a pensare di poterlo fare
anche loro.
 
Una grande cosa è che alle donne
piace uscire dal campo e sentirsi apprezzate, constatare una vera
accoglienza e supporto; vedere che c’è un cambiamento degli
italiani rispetto a quello che pensano di noi. 

Alla gente piace il
nostro cibo, ci cerca e ci incoraggia a continuare».