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Le donne rapite da Boko Haram per farne attentatrici suicide

di ilpost, 11 Aprile 2016

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Yana Galang, la madre di una delle studentesse rapite a Chibok, a Lagos (Getty Images)

Sono decine, anche molto giovani:
vengono costrette a convertirsi e a seguire un lungo addestramento.

 

Boko
Haram è uno dei gruppi estremisti islamici più
violenti al mondo
: opera nell’Africa occidentale, soprattutto
in Nigeria, e un anno fa ha
giurato fedeltà allo Stato Islamico
(o ISIS). Tra le molte
atrocità che ha compiuto negli ultimi anni – attacchi e massacri
contro civili, anche all’interno di scuole e chiese – ce ne è
una di cui si è cominciato a parlare più di recente:
l’addestramento di donne e bambine rapite per diventare
attentatrici suicide.
Long
War Journal
,
un sito specializzato nello studio del terrorismo, ha
scritto
che dal giugno 2014 Boko Haram ha usato almeno 105 tra
donne e bambini per compiere attacchi suicidi in Nigeria e nei paesi
vicini.

Il New
York Times
ha raccontato

la storia di Rahila Amos, una donna cristiana nigeriana di 47 anni
rapita da Boko Haram e addestrata per diventare un’attentatrice
suicida. 

Amos fu rapita dal suo paese nel 2014, insieme ad altre
donne e bambini: nell’attacco i due suoi fratelli furono uccisi
mentre suo marito riuscì a scappare con cinque dei loro figli. 

Per i
giorni successivi le fu dato un solo pasto al giorno e poi le fu
chiesto: vuoi continuare a essere cristiana o vuoi diventare
musulmana? 

Amos ha raccontato che tutte le donne che erano con lei
accettarono di convertirsi per paura di essere uccise. 

Nei mesi
successivi fu indottrinata da Boko Haram, che le insegnò una
versione molto radicale dell’Islam e “l’arte di diventare
un’attentatrice suicida”.

Il processo di addestramento si
sviluppava su sei livelli: i primi due riguardavano l’insegnamento
della versione del Corano adottata da Boko Haram, mentre il terzo si
concentrava sugli attacchi suicidi e sulle decapitazioni. 

Gli ultimi
tre livelli erano segreti: Amos riuscì a scappare prima di
raggiungerli e non scoprì mai cosa riguardassero e dove si
svolgessero. In un certo senso, scrive il
New
York Times
, Amos fu
“fortunata”: i jihadisti di Boko Haram decisero di non abusare di
lei sessualmente, visto che aveva già marito e figli, ma le cose
andarono diversamente per le altre 14 donne e 4 bambine che facevano
parte del suo gruppo.

La carenza di cibo era un altro
aspetto dell’addestramento: Amos ha raccontato che a un certo punto
lei e le altre donne furono portate in una vecchia fabbrica dove
erano tenute delle ragazze “grasse” e in salute, che avevano
molto cibo e acqua: i jihadisti dissero alle donne del gruppo di cui
faceva parte Amos che se avessero seguito le indicazioni e
l’addestramento di Boko Haram avrebbero avuto da mangiare tanto
quanto le ragazze nella fabbrica. Amos ha anche raccontato che alcune
di queste ragazze provenivano da Chibok, la cittadina nigeriana dove
nell’aprile del 2014 Boko Haram rapì
più di 200 studentesse
. Quest’ultima dichiarazione non è
ancora stata confermata dalle autorità.

Le autorità di Camerun e Nigeria
hanno detto che molte delle cose raccontate da Amos corrispondono
alle testimonianze di altre donne e ragazze che sono riuscite a
scappare dopo essere state rapite da Boko Haram, o che erano state
arrestate prima di riuscire a farsi esplodere. Il
New
York Times
ha scritto che «in
diversi modi le attentatrici suicide sono delle armi ideali»
. Ai
checkpoint messi in piedi da soldati maschi, le donne sono perquisite
in maniera molto leggera e a volte non vengono perquisite per niente;
inoltre gli abiti molto larghi che indossano permettono di nascondere
meglio gli esplosivi rispetto a quanto riesca a fare un uomo. 

Dall’inizio dell’anno ci sono già stati diversi casi di
attentatrici suicide che si sono fatte esplodere uccidendo parecchi
civili: uno degli attacchi più violenti è stato compiuto a
febbraio, quando tre ragazze con addosso dell’esplosivo sono state
mandate in un campo profughi di persone che erano state costrette a
lasciare le loro case per gli attacchi di Boko Haram. Due di loro si
sono fatte esplodere, uccidendo circa 60 persone. 

La terza ragazza ha
riconosciuto i suoi genitori tra le persone ospitate nel campo: ha
lanciato l’esplosivo in un cespuglio, prima di essere fermata dalle
autorità.