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Choucha, al confine con la Libia il campo degli uomini fantasma.

di
Eileen Quinn, vociglobali, 01 Aprile 2016

Mentre
l’ISIS fa il suo ingresso in Tunisia dalla Libia, un gruppo di
migranti resta sospeso al confine in un campo profughi ormai
abbandonato dalle Organizzazioni umanitarie
.

Appena
qualche settimana fa,
almeno
45 persone sono rimaste uccise

in seguito a scontri tra esercito tunisino e militanti dell’ISIS.
Il conflitto a fuoco è avvenuto nella città tunisina di Ben
Gardane
,
ultimo centro abitato prima del confine con la Libia e per questo
spesso denominato “il cancello”.
Secondo le
forze dell’ordine tunisine, diversi gruppi jihadisti nel corso
dell’ultimo anno sono entrati nel Paese dalla Libia, contribuendo
fortemente alla disseminazione di ideologie estremiste. 
Per prevenire
l’ingresso di ulteriori cellule terroristiche, e limitare la
comunicazione diretta tra militanti,

il governo tunisino è impegnato nella costruzione
di un muro
lungo il
confine con la Libia, ormai da diversi mesi ormai.



Il muro non
ha tuttavia bloccato lo scambio di cellule terroristiche tra i due
Paesi, né il contrabbando di beni o di persone, secondo quanto
riportato da Habib Essid, primo ministro tunisino, in seguito
agli attacchi di lunedì.
Quello che
i media non hanno portato alla luce di questi ultimi scontri è che,
tra il confine libico e la città di Ben Gardane,
una
cinquantina di immigrati provenienti da vari Paesi africani vive
sospesa all’interno di un campo profughi

ormai abbandonato dalle organizzazioni umanitarie.
Si tratta
del campo una volta conosciuto come

Choucha
,
originariamente installato e gestito dall’Agenzia delle Nazioni
Unite per i Rifugiati (ACNUR) per far fronte ai numerosi ingressi di
persone in fuga dal conflitto in Libia nel 2011.
Siamo
terrorizzati. Si sentono i colpi di arma da fuoco dei militari e
degli altri come se fossero qui, dentro il campo. Siamo terrorizzati

dice Margai Hawkins, immigrato liberiano arrivato al campo nel 2011,
anche lui in fuga dalla guerra in Libia.

Ben Gardane. Tunisia
Tutti gli
immigrati rimasti a Choucha oggi
si
trovavano in Libia prima di scappare in Tunisia sei anni fa
.
Erano lì perché, come milioni di altri, speravano di raggiungere
l’Europa attraverso il sistema di contrabbando via mare.
Quando
sono arrivato a Tripoli mi è bastato chiedere in giro per avere il
contatto dei contrabbandieri libici. I contrabbandieri mi hanno detto
che il viaggio sarebbe costato 1.200 dinari

[circa 1.300 euro NdR]
e
quindi ho iniziato a raccogliere i soldi per partire. Ma quando la
guerra è cominciata, ho avuto troppa paura e allora sono venuto qui

racconta Usman Bangura, portavoce dei ragazzi di Choucha, partito dal
Sierra Leone sette anni fa.
Usman
mi spiega che fino al 2012 il campo ospitava circa 11.000 immigrati
provenienti da diversi Paesi, e che l’ACNUR insieme ad altre
organizzazioni umanitarie come Medici Senza Frontiere (MSF) forniva
tutti gli aiuti necessari, dalle tende al cibo, l’acqua e le cure
mediche. 
Soprattutto, però, le organizzazioni avevano facilitato i
processi
di formalizzazione di status di rifugiato politico
,
permettendo a molti di loro di godere della protezione internazionale
e del sostentamento di base necessario per ricostruirsi una vita in
Tunisia.
Ci
avevano detto che l’ACNUR avrebbe chiuso il campo nel 2013, ma in
realtà sono andati via tutti già verso la fine del 2012,
lasciandoci senza acqua o elettricità. Avevano detto che sarebbero
andati via se e quando tutti noi avessimo trovato una soluzione,
invece ci hanno abbandonato

lasciandoci
in un
vero
e proprio limbo

denuncia Bangura.

Nonostante
la vicinanza con la Libia e l’elevato tasso di immigrazione
dall’inizio della Primavera Araba, la Tunisia non ha mai
implementato formalmente una legge migratoria, questo ha fatto sì
che l’immigrazione sia quasi totalmente gestita dalle
organizzazioni internazionali umanitarie, come ACNUR, MSF e
l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), il cui
operato non viene sottoposto a nessuna forma di monitoraggio.
La
decisione relativa al rilascio di

status
di rifugiato politico

spetta sostanzialmente all’ACNUR. Sia che arrivino via terra o via
mare, gli immigrati clandestini sono prima accolti dallo staff
volontario della Mezzaluna
Rossa Tunisina (MRT)
per poi essere interrogati dall’ACNUR. Chi
non viene reputato come avente diritto alla protezione internazionale
non riceve un decreto di respingimento come in Europa, ma è lasciato
privo di qualunque sostegno in un Paese che finge di non vedere

sostiene Mouhamed Trabilisi, operatore volontario della MRT a Zarzis,
cittadina a circa 60 km da Ben Gardane.
Mentre
camminiamo dentro il campo, Bangura mi racconta di come abbiano
provato a contattare lo staff dell’ACNUR e membri del Governo
almeno tre volte nel corso del 2015, per chiedere loro aiuto.
Tuttavia nessuno li ha ancora ricevuti.
A
chi altro, se non all’ACNUR e al Governo, dovremmo rivolgerci per
uscire dalla fame e dalla povertà in cui siamo piombati dopo che ci
hanno abbandonato?
” dice
Kadiril Salifu, immigrato ghanese.
Quando
hanno sparato e ucciso tutte quelle persone nessuno è venuto qui al
campo a chiederci se eravamo feriti o se avevamo bisogno di aiuto.
Non esistiamo, siamo come fantasmi. Già alcuni di noi sono scappati,
ma dove possiamo andare? Non vogliamo ritornare in Libia ed essere
contrabbandanti in Europa, ma è come se tutti qui non aspettassero
altro, vederci tornare in Libia

dice Margai Hawkins a quattro giorni dagli scontri durante
un’intervista telefonica.
Usman e gli
altri ragazzi sono come sospesi in un’area del Paese che, a causa
della vicinanza con la Libia, è al confine non solo in senso
geografico.
Il rischio
di restare vittime di scontri armati come quello del

7
marzo
scorso è
altissimo sia perché il campo è forse il primo “centro abitato”
all’ingresso dalla Libia, sia perché
questi
immigrati non godono di protezione in caso di attacchi terroristici
.
Invece
restano nell’ombra,
ignorati da chi come ACNUR, MSF o OIM ha promesso di aiutarli, da un
Governo che si ostina a non affrontare una
crisi
migratoria
che è ormai
una realtà anche in Tunisia, e purtroppo anche dai media.