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La Siria, il Risiko dei potenti


di Antonietta Chiodo, ProMosaik e.V. Italia. Si susseguono dichiarazioni che non permettono un
attimo di serenità per il popolo siriano. Ecco per fare un esempio le parole del
vice presidente degli Stati Uniti, Joe Biden: “Se la via diplomatica non
dovesse essere praticabile, siamo pronti a mettere in atto una soluzione
militare” che dunque afferma che un possibile intervento statunitense nel
conflitto siriano è oramai alle porte. 
A Mosca le affermazioni del
rappresentante della Casa Bianca vengono immediatamente ridicolizzate.Poche ore dopo la Casa Bianca rende ufficiale la
rettifica in cui minimizza le parole del rappresentante, comunicando invece che
“non ci sono cambiamenti nella strategia degli Stati Uniti in Siria. Il
vicepresidente voleva dire che mentre noi stiamo lavorando ad una soluzione
politica per fermare la guerra civile in Siria, allo stesso tempo perseguiamo
l’Isis anche sul piano militare. Nessuna novità dunque”.
Il mondo si vede molto preoccupato dinanzi agli
incontri di mediazione che si sarebbero dovuti tenere in presenza dell’Onu in
questi giorni e che verranno spostati di almeno una settimana. 

Il conflitto siriano ebbe inizio Il 15 Marzo 2011,
dunque quasi 5 anni fa, con rivolte civili e di piazza per lo più non violente
che diedero inizio alla famosa Primavera Araba che simboleggiava la volontà del
popolo di opporsi alla dittatura oppressiva del presidente Bashar al-Assad. Per
soffocare la repressione del popolo sunnita il dittatore intervenne con l’uso
della forza militare che causò l’uccisione di almeno 110.000 persone in soli due
anni, come riportano i dati aggiornati dell’osservatorio siriano per i diritti
umani.
La Siria al livello
politico nella grande regione è
un nemico storico di Israele che nel 1967 aveva conquistato
le alture del Golan. Da sempre la Siria offre ospitalità ai movimenti
anti-israeliani come l’organizzazione palestinese al Sa’iqa e Hamas. Lo stato
sionista di Israele, d’altro canto spera in un prolungamento del conflitto
siriano all’infinito per poter continuare impunito a mettere in atto i propri
progetti coloniali in terra palestinese.
Ad oggi le repressioni nei confronti del popolo
siriano continuano con una violenza mai vista. In questi ultimi mesi Assad ha
anche usato l’arma della fama, isolando il suo stesso popolo, cercando di farlo
morire di fame. Basti pensare alla cittadina di Madaya ove per mesi le organizzazioni
umanitarie non hanno avuto la possibilità di soccorrere la popolazione,
vedendola sterminata per denutrizione ed epidemie, solo perché non sostiene
Assad.
Nelle ultime ore Bassam al-Ahmad, il portavoce del
Centro di Documentazione sulle violazioni in Siria (VDC), dichiara all’ agenzia
internazionale di Al Jazeera che in questi ultimi giorni si hanno gli
aggiornamenti sulle morti dei civili dall’inizio dei bombardamenti russi. Si
parla di ben 1.505 persone, tra cui 340 bambini e forse meno di 47 combattenti.
La protezione civile siriana dichiara pubblicamente che fin dal primo giorno
gli attacchi russi in Siria hanno colpito la popolazione civile come obiettivo
primario. 

La protezione civile siriana attualmente è costituita
da 2.700 membri, tutti volontari. Dal momento in cui sono iniziati i
bombardamenti russi contro lo Stato Islamico e i gruppi di al-Nusra i volontari
non riescono più a spiegarsi nulla, vedendosi anche bloccati gli aiuti
umanitari per la popolazione stremata dal freddo e dalla fame.