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Dr. Jean Levy: una voce per la convivenza tra ebrei e musulmani


Carissime lettrici e
carissimi lettori,
sono molto lieta di presentarvi l’intervista con il
Dr. Jean Joseph Lévy, un ebreo di origine marocchina che oggi vive a Berlino.
Il suo defunto padre, il professore universitario Simon Lévy, è il fondatore
dell’unico museo di storia ebraica di tutto il mondo arabo a Casablanca. Per me
Simon Lévy è un simbolo della convivenza tra ebrei e arabi, quando dice:
La mia religione è
l’ebraismo, e la mia cultura l’Islam. …

Trovo
quest’affermazione grandiosa perché oggi ci mostra la via verso la pace tra
musulmani ed ebrei. Questo, per noi di ProMosaik e.V., significa nuovamente
confrontarsi con la storia prima del sionismo e piena di esempi di convivenza
positiva tra ebrei e musulmani, ad esempio in Marocco e nell’Impero Ottomano. Il
secondo museo di storia ebraica che conosco nel mondo islamico infatti si trova
ad Istanbul.
Oltre
alla tematica principale della comunità ebraica in Marocco, il Dr.
Lévy ci parla anche del Medio Oriente, affermando
con forza che Israele rifiuta la pace con i suoi vicini, chiudendosi all’interno
di un muro.  
Ora
vorrei dare la parola al Dr.
Lévy, ringraziandolo
nuovamente della sua disponibilità.
Dr. phil. Milena Rampoldi di
ProMosaik e.V.
 

Dr. phil. Milena Rampoldi:
ProMosaik e.V. si considera un portale interculturale ed interreligioso per il
dialogo. Riteniamo che la storia possa fungere da ponte per promuovere il
dialogo tra ebrei e musulmani. Che ne pensa?
Dr. Jean Joseph Lévy: Senza
dubbio riflettendo sulla storia dell’ebraismo nel mondo islamico si può
imparare moltissimo. L’Islam riconosce lo stato della Dhimma ad ebrei,
cristiani e ad altre religioni monoteiste come quella dei mandei. Una
condizione che senza dubbio prevede un’asimmetrica, ma si tratta pur sempre di
un codice che nelle società come quelle dell’Impero Ottomano e del Marocco
precoloniale permetteva l’interazione tra i diversi gruppi socio-religiosi.
Gli stati europei cristiani
a quei tempi ancora non conoscevano nessun codice per la convivenza tra le diverse
confessioni. Appena durante l’illuminismo settecentesco si iniziò a pensare di
concedere uno stato di cittadinanza agli ebrei. Nel corso degli ultimi
cinquecento anni gli ebrei fuggirono due volte dall’Occidente cristiano,
trovando asilo nel mondo islamico. La Riconquista spagnola del quindicesimo
secolo e il fascismo europeo del 20esimo secolo perseguirono lo scopo
dichiarato di estirpare l’ebraismo. In entrambe le situazioni, gli ebrei
fuggirono da questa persecuzione, trovando asilo nel mondo islamico. Nel
quindicesimo secolo, il Sultano ottomano e il Re marocchino accolsero un numero
notevole di persone per quell’epoca, permettendo loro di continuare a vivere la
loro fede. Durante la dittatura hitleriana 1000 ebrei tedeschi ed austriaci
furono accolti nella Turchia neutrale. Il Re marocchino Mohammed V, che nel
1940 non esercitava un potere effettivo, mostrò comunque il suo rifiuto nei
confronti delle leggi ebraiche adottate anche in Marocco da parte della Francia
fascista di Vichy. Sono esempi storici che soprattutto oggi dovrebbero far
riflettere ebrei e musulmani.



Dr. phil. Milena Rampoldi: Che importanza acquisiscono delle iniziative come
quella  del museo di storia ebraica,
fondato da Suo padre a Casablanca
?
Dr. Jean Joseph Lévy: La comunità
ebraica marocchina comprende solo 2500 membri. Nella vita quotidiana attuale
non si ha più l’interazione umana vivace di allora tra ebrei e musulmani. Le
persone che hanno vissuto quest’interazione oggi in Marocco hanno almeno
cinquant’anni. Dunque in Marocco si è minacciati dall’oblio. La gioventù
marocchina di oggi deve conoscere la storia del suo paese e la sua varietà per
promuovere la tolleranza all’interno della società. Il museo comunque non è
solo indirizzato ai musulmani marocchini. Molti ebrei di origine marocchina che
vivono all’estero oramai sanno molto poco delle attività dei loro predecessori
che due millenni fa vivevano in quella terra. Non sanno che lingue parlavano,
da dove provenivano e come vivevano.

Qui trovate un articolo
interessante sul museo ebraico di Casablanca, redatto in lingua francese:  
http://www.terredisrael.com/infos/un-musee-marocain-met-en-valeur-le-patrimoine-culturel-juif-par-ftouh-souhail/ 
Ed eccovi anche un filmato
su quest’unico museo di storia ebraica del mondo arabo a Casablanca:
http://fr.jn1.tv/video/news/visite-au-mus-e-du-juda-sme-marocain-casablanca.html
Dr. phil. Milena Rampoldi: Come
spiegherebbe alle nostre lettrici e ai nostri lettori quest’importantissima affermazione
di Suo padre: La mia religione è l’ebraismo e la mia cultura l‘Islam?
Dr. Jean Joseph Lévy: La
cultura degli ebrei marocchini è una variante della cultura arabo-berbera
nordafricana. Dalla lingua e la musica, fino alla venerazione dei santoni, la
cultura ebraica è inserita nel contesto arabo-berbero.
    
Dr. phil. Milena Rampoldi: In che modo l’esperienza marocchina ci permette di migliorare
il dialogo tra ebrei e musulmani?
     
Dr. Jean Joseph Lévy: Il
Marocco vive l’ebraismo come una realtà del tutto normale. Gli ebrei comunque
vivono in una comunità che sta invecchiando, ma che funziona con tutti i
servizi necessari per praticare la propria fede. Presso il Tribunale di
Casablanca si trova ancora una camera ebraica con cinque rabbini-giudici.  
Ecco un interessante
articolo sul tema, redatto in lingua francese:
http://www.slateafrique.com/96487/maroc-les-juifs-aussi-ont-leur-tribunal

Ogni anno migliaia di ebrei
si recano alle tombe dei famosi rabbini
Rbi Amran ben Diwan presso Wezzan o Rbi Haim Pinto a Essawira per
celebrare la festa di Hilloula. Lo stato marocchino sostiene queste iniziative.
 
La
nuova costituzione marocchina, formatasi in un certo senso sotto la “pressione”
della Primavera Araba, parla dell’ebraismo come di una delle fonti della
cultura marocchina, vicina a quella berbera, arabo-andalusa e sahariana. Questo
riconoscimento della pluralità oggi non si ritrova in nessuna legge, dal Muluya
fino all’Eufrate.



Dr. phil. Milena Rampoldi: Che possibilità vede oggi per una pace in Medio
Oriente?
Dr. Jean Joseph Lévy: Credo
sia giunto il momento di criticare coloro che bloccano la pace in Medio
Oriente, e cioè il governo israeliano. Il processo di pace si trova al punto
zero e oramai tutti si sono rassegnati. La maggioranza della società israeliana
vive dietro ad un muro, in un certo senso in modo extraterritoriale rispetto al
Vicino Oriente. Costruendo un muro non si riesce a sviluppare un senso di
fiducia nei confronti dei propri vicini. Dubito del fatto che quest’extraterritorialità
possa reggere per decenni. Dall’altra parte del muro si vivono numerosi
sviluppi che richiedono ben più creatività e lungimiranza di quelle che può
offrire un politico come Netanyahu. Viviamo quasi una normalizzazione
dell’orrore, chiedendoci alla “quantesima” guerra di Gaza siamo arrivati. 

 
 
  Dr. phil. Milena Rampoldi: Quali sono gli ostacoli principali che al
momento rendono impossibile la pace tra ebrei e palestinesi?
Dr. Jean Joseph Lévy: Come ho detto, l’ostacolo
principale per me è il governo israeliano che si rifiuta di fare una pace
autentica con l’autorità palestinese ad orientamento laico ed ostacola dunque
la formazione di una dinamica della pace e di un polo di persone che vivono in
pace. Nel 21esimo secolo viviamo la colonizzazione di intere regioni che si
attua davanti ai nostri occhi e vediamo come delle persone oneste che non
vogliono altro che vivere in pace vengano fatte disperare. Inoltre il tutto
avviene vicino ad altre due tragedie estremamente pericolose: quella siriana e
quella irachena. Non serve essere un profeta per riconoscere il grande
potenziale di distruzione che si sta accumulando in quella regione.