Cory Booker ha paragonato Gilad Shalit a Nelson Mandela
Philip Weiss, 2 ottobre 2019 |
A detta di un nuovo sondaggio quasi la metà degli americani guarda con cinismo all’uso che i politici fanno di Israele.
“Circa il 28% … ritiene che “personaggi politici spesso evocano Israele come strumento politico più che per una vera preoccupazione per quello stato”, mentre un altro 18% ritiene che i politici “non si preoccupano affatto di Israele e lo usano rigorosamente come strumento politico”.
Recentemente è stato pubblicato un discorso del 2012 del senatore del New Jersey, Cory Booker, che potrebbe dare ragione a questi atteggiamenti scettici, per il suo abbraccio esagerato ai soldati israeliani visti come “gli uomini più coraggiosi che si possa immaginare”.
Shabtai, un gruppo di leadership ebraico di Yale che Booker ha co-fondato quando era uno studente di legge a New Haven, il mese scorso ha pubblicato un video di Booker che nel 2012 saluta presso il Shabtai Gilad Shalit, ex soldato/prigioniero israeliano.
Shalit fu catturato da Hamas nel 2005 e detenuto per cinque anni fino a quando non fu rilasciato in uno scambio di prigionieri. Un anno dopo, il 26enne arrivò al raduno di New Haven assieme ad ex membri della sua unità militare.
Booker, collocato nella destra del campo democratico con il suo pieno sostegno a Israele, paragonò Shalit a Nelson Mandela, che fu imprigionato per 27 anni in Sudafrica.
“Viviamo oggi in un mondo insidioso in cui proprio in questo momento lo stato di Israele è sotto attacco. Di Hamas, di Hezbollah. C’è un pazzo al potere in Iran determinato ad avere un’arma di distruzione di massa, che ha giurato che vuole e che distruggerà Israele e il popolo israeliano. Dobbiamo riconoscere che in questo momento ci troviamo in un presente sconvolto in cui persone complottano con chi ha come proprio scopo di vita quello di distruggere lo stato di Israele …
Questo è un affronto non solo al popolo ebraico, ma è un affronto fatto a tutti noi. Poiché esiste un’unità dell’umanità, esiste un’unità dei figli nel nome di Dio. Così, nell’avere il privilegio di essere in presenza di uomini di un’unità che si è trovata ad affrontare pericolo e rischi, sfide e minacce e odio in un modo che io non ho mai dovuto affrontare, sono sbalordito dal loro coraggio, sono sbalordito dalla loro forza d’animo, sono sbalordito dalla capacità di recupero di un giovane che è stato gettato in una fossa come Joseph ma ha comunque trovato un modo grazie alla fratellanza e all’amore delle persone in Israele e oltre, per risalire da quella fossa al suo giusto posto tra i suoi fratelli e sorelle e la sua famiglia.
So che ci sono molti parallelismi con ciò che affrontiamo in questo momento dalla mia stessa tradizione, di persone odiate solo per quello che sono. Penso ad altri grandi leader della nostra comune eredità come umanità. Una persona come Nelson Mandela, gettata in una prigione e dimenticata da molti ma che ha comunque resistito grazie dall’amore di un popolo che non ha lasciato morire la sua memoria, che ogni giorno ha lavorato per la sua libertà. C’è una poesia che ha letto che molti di voi conoscono. [Booker recita da Invictus] “Sono il padrone del mio destino, sono il capitano della mia anima.”
Quella decisione, quella determinazione, quell’indominabile volontà è tra di noi e la tirannia è tra di noi, e l’odio è tra di noi e la distruzione. Questo è il momento per noi di festeggiare la liberazione del nostro fratello. Questo è il momento di festeggiare il coraggio di un’unità. Ma è anche il momento di raddoppiare la nostra determinazione a non lasciare che la fiamma di Israele si affievolisca, non lasciare che le minacce del terrorismo lambiscano ancora le nostre sponde. Abbiamo una missione da portare avanti. Non è una missione ebraica, è una missione di pace e missione di giustizia.”
Anche il senatore Richard Blumenthal del Connecticut e diversi diplomatici israeliani erano presenti al raduno.
Più avanti in quel discorso Booker ha collegato la causa di Israele alla “causa della libertà”, guidata da Martin Luther King Jr. e lodato ancora una volta i soldati israeliani.
“Siamo stati tutti coinvolti in qualcosa di più grande della razza, della religione e della geografia. È la causa della libertà. Potete gettare un uomo in una fossa, potete strapparci i nostri più grandi leader ma finché siamo determinati a lottare per la libertà, difendere la democrazia, difendere quegli ideali che altri stanno cercando di portarci via, sappiate allora che noi difenderemo in questo mondo i più alti ideali dell’umanità … Oggi, siamo riuniti … per onorare un gruppo di uomini più coraggiosi di quanto si possa immaginare, chiedo che anche noi ci impegniamo nella causa della libertà. Perché c’è ancora del lavoro da fare. Israele è ancora minacciato in questo stesso momento, mentre parliamo. Gli ideali che ci uniscono come uomini e donne, gli ideali a cui Dio ci chiama, lottare per la giustizia, essere caritatevoli, amare i nostri simili – quegli ideali sono ora messi alla prova.”
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org