General

La carenza d’acqua fece fallire il piano sionista di creare una patria ebraica in Libia.

Mohamed Shaaban – 23 settembre 2019
L’area si trovava sulla sponda meridionale del Mar Mediterraneo e la sua vicinanza alla Palestina portò molti ebrei a credere che alla fine si sarebbero trasferiti nella “Terra Promessa “.

All’inizio del 1904, il presidente dell’Organizzazione Mondiale Sionista, Theodore Herzl, presentò al re italiano Vittorio Emanuele III una proposta per incanalare la migrazione ebraica dall’Est Europa a Tripoli in Libia, così che gli ebrei potessero stabilirsi lì e avere una regione autonoma sotto le leggi e le istituzioni italiane.
Herzl non compì questo passo in modo casuale, ma lo fece dopo aver scoperto le intenzioni dell’Italia di colonizzare la Libia, afferma il dott. Amin Abdullah Mahmoud nel suo libro “Progetti di insediamenti ebraici dalla rivoluzione francese fino alla prima guerra mondiale”.
Herzl rimase scioccato quando dal re italiano ricevette la risposta che “il suo Paese non poteva fornire supporto all’organizzazione sionista per questo progetto, perché Tripoli è la patria di altri” e l’Italia non aveva alcuna autorità al riguardo.
Secondo Mahmoud, il re italiano avrebbe deciso di non impegnarsi in modo vincolante con l’Organizzazione sionista per paura di rivelare le intenzioni dell’Italia di colonizzare la Libia, il che le avrebbe causato problemi nei suoi rapporti con la Gran Bretagna e la Francia, così come con l’Impero ottomano.
Tentativi rinnovati
I tentativi di insediamento in Libia furono rinnovati dopo la morte di Herzl nel luglio 1904, ma questa volta sotto la supervisione dell’Organizzazione Regionale Sionista, guidata da Israel Zangwill, che per gli ebrei dell’Europa orientale cercò di trovare un luogo di insediamento adatto, con un clima favorevole e un terreno coltivabile adiacente al mare, dove gli ebrei avrebbero formato un governo autonomo all’interno di uno Stato.
Mahmoud fa notare come l’interesse per gli insediamenti ebraici in Libia iniziò dopo la visita a Tripoli del professore di storia dell’Università di Parigi Nahum Saloush, nel luglio 1906. Saloush riferì a Zangwill che gli ottomani erano disposti ad accettare l’idea di insediamenti ebraici nell’area del Jabal Akhdar , nella Provincia di Barqa.
Nel frattempo, il governo britannico aveva incaricato il suo Console Generale in Tunisia,Harry Johnston, di proporre a Zangwill l’idea di stabilire una patria nazionale ebraica nella stessa area e di inviare una missione per studiare le condizioni della regione, assicurandogli il sostegno del governatore ottomano della Libia, Recep Pasha (1904-1909) nel fornire tutta l’assistenza possibile ai membri di questa missione.
Zangwill e i membri della sua organizzazione studiarono il rapporto Saloush e la proposta di Johnston e si convinsero che la provincia di Barqa fosse un luogo adatto all’insediamento ebraico. L’area si trovava sulla sponda meridionale del Mar Mediterraneo, il che facilitava il processo di spostamento degli immigrati ebrei dalla Russia e dalla Romania, e la sua vicinanza alla Palestina portò molti ebrei a credere che alla fine si sarebbero trasferiti nella “Terra Promessa, ” dice Mahmoud.
Nel 1907 il piano dell’Organizzazione Mondiale Sionista era di insediare gli ebrei in Libia, accelerando la loro fuga dalla Russia in piccoli gruppi e ogni poche settimane, consentendo alle autorità turche in Libia di assorbirli adeguatamente e garantendo che nessun europeo bianco li avrebbe molestati.
Per evitare scontri con i cristiani e i musulmani, che avevano forti rivendicazioni sulla Palestina, il piano era di sistemare gli ebrei in Libia, concedere loro uno status speciale di cittadini ottomani in cambio di un tributo pagato direttamente a Costantinopoli, ma gli Italiani avevano piani diversi per Libia.
Inoltre, Saloush credeva che la provincia di Barqa (precedentemente nota come Cirenaica) avesse un posto speciale nell’eredità ebraica, poiché era stata sede di un gran numero di ebrei ai tempi di Alessandro Magno e dei Tolomei, e quindi era più legata alla storia ebraica di Cipro, Uganda o di altri Paesi proposti per un insediamento ebraico.
Trasferendovi un gran numero di ebrei e spingendo la popolazione indigena a migrare verso il deserto, Zangwill credeva che ottenere il predominio dell’influenza ebraica e garantirne la supremazia demografica sarebbe stato facile.
Accolto dal viceré
Così come descritto da Mustafa Abdallah Bayou nel suo libro “Il progetto sionista per insediare gli ebrei in Libia”, dopo che l’idea fu pienamente formulata nelle menti dei membri delle organizzazioni, questi si affrettarono a contattare il viceré di Tripoli che, come capo delle forze armate turche in Africa, deteneva quasi tutti i poteri di rappresentante del Sultano.
Zangwill colse l’occasione della visita di Salloush a Tripoli per studiare con lui la fattibilità del progetto. Quando Salloush arrivò a Tripoli, incontrò Recep Pasha e il segretario di stato Bakir Bey. Discusse con loro delle condizioni economiche degli ebrei in Libia e della possibilità di ampliare le loro attività agricole offrendo loro l’opportunità di accogliere ebrei in fuga dalla Russia.
Secondo lui, Recep Pasha mostrò simpatia nei confronti del popolo ebraico e confermò la sua disponibilità a fare tutto ciò che era in suo potere per “liberare gli ebrei dalla loro sofferenza “.
Sembra che il governatore ottomano fosse solidale con gli ebrei della Russia in quanto influenzato dalle relazioni turco-russe che erano molto tese e che facevano vivere i turchi nella costante paura delle ambizioni russe. Voleva inoltre usare questo accordo come mezzo per porre fine alle ambizioni italiane in Libia.
Ma sorprendentemente, secondo Bayou, Recep Pasha “non solo considerò nel suo studio del progetto di insediamento ebraico in Libia l’attività agricola degli ebrei già presenti nel Paese, ma contemplò anche il loro apporto allo sviluppo dello stato e delle sue industrie e discusse alcuni progetti di ingegneria, così come la creazione di grandi porti e la costruzione di una flotta commerciale ebraica nel Mar Mediterraneo”.
Le discussioni di Saloush con Basha e con i suoi uomini toccarono le questioni dell’indipendenza finanziaria e religiosa degli ebrei e la necessità di garantire loro la protezione dagli abusi dei funzionari minori dello stato e di consentire loro l’autogoverno, fornendo protezione militare contro ogni aggressione che avrebbero potuto subire dalla popolazione del Paese, lasciando immutata il resto della Libia.
Il compito di Saloush risultò ovviamente facile non solo per la favorevole reazione del governatore ottomano alle richieste ebraiche, ma anche per l’aiuto del collega ebreo Jacob Krieger, dragomanno ufficiale del governatore tripolino.
Bayou racconta come Krieger arrivò a Tripoli dalla greca Salonicco, in sostituzione del cristiano cattolico Georges Faeq.
Sebbene il governatore di Tripoli non avesse inizialmente accolto favorevolmente Krieger, temendo che come tutti gli ebrei che vivevano in Libia avrebbe collaborato con gli stranieri per sfruttare i privilegi concessi agli europei dall’Impero ottomano, Krieger fu in grado di ottenere la fiducia del Basha, cosa che gli consentì di fare molti favori agli ebrei, in particolare a Saloush.
Pertanto, il governo statale fornì tutti gli aiuti necessari allo storico ebreo e il governatore gli consigliò persino di visitare, prima di recarsi a Barqa, le regioni di Maslata e della Montagna Occidentale per verificare le loro possibilità di accogliere un insediamento ebraico
Il piano di insediamento
Nel suo libro, Bayou riferisce che il piano di insediamento degli ebrei in Libia si basava sull’accelerazione della loro uscita dalla Russia in piccoli gruppi di 10 o 20 famiglie ebree ogni poche settimane, così da consentire alle autorità ottomane di assorbirli adeguatamente.
In tal modo, anche il governo statale avrebbe potuto facilmente chiedere all’Alta Porta di approvare l’ospitalità dei rifugiati ebrei, che sarebbero vissuti in Libia come cittadini ottomani, ma mantenendo la loro indipendenza.
Secondo Bayou, Zangwill preferì avviare senza indugio negoziati diretti con il governo dell’Alta Porta, al fine di trarre vantaggio dalla politica turca volta a impedire agli europei non ebrei di emigrare in Libia. L’Organizzazione Ebraica lo percepì come una protezione degli ebrei che si trasferivano a Barqa fuggendo dalla tirannia degli europei, in particolare degli italiani.
Una missione scientifica
Nonostante le allettanti offerte presentate da Recep Pasha e dalla sua amministrazione, la cautela del Consiglio frenò il progetto. La commissione geografica, formata dal Consiglio per studiare il progetto, era riluttante ad agire rapidamente e chiedeva che una missione scientifica conducesse ricerche sul campo.
A metà luglio del 1908, l’Organizzazione inviò una missione scientifica specializzata, i cui membri erano non ebrei, così da ricevere un rapporto obiettivo non falsato da pregiudizi. Come riportato da Mustafa Mohammed Shaabani nel suo libro “Ebrei della Libia: uno studio politico e legale sulla loro richiesta di risarcimento dalla Libia”, la missione era guidata dal professor Gregory, della facoltà di geologia all’Università di Glasgow.
Secondo al-Shaabani, la missione includeva esperti come John Trotter, a cui era stato affidato lo studio delle condizioni agricole, Reginald Middleton, Walter Hunter e Matthew Duff, incaricati di studiare le risorse disponibili e le possibilità architettoniche della zona. C’era anche M. Kidder, la cui missione era studiare le condizioni di salute a Barqa e la sua idoneità all’insediamento. Nahoum Saloush era l’unico ebreo della missione e il suo compito era quello di studiare il background storico del giudaismo e degli ebrei a Barqa come base per l’istituzione di una patria ebraica.
L’approvazione del sultano
Nel frattempo, Zangwill contattò il suo amico ebreo Arminius Vambery, professore all’Università di Budapest e amico personale di Sultan Abdulhamid II, e gli sottopose il progetto fidando sulla sua influenza nella corte ottomana. Vambery si disse convinto che fosse più semplice attuare il progetto in Libia piuttosto che in Palestina, soprattutto perché ciò avrebbe significato evitare conflitti con musulmani e cristiani, essendo la Palestina importante per entrambi i gruppi.
Vambery non solo espresse la sua opinione, ma inviò il progetto al sultano ottomano attraverso il suo primo segretario Tahsin Pasha, allegando documenti che descrivevano le circostanze politiche che avrebbero accompagnato il progetto, con il sultano che avrebbe riconosciuto i coloni come suoi sudditi, concedendo loro l’autonomia in cambio di una tassa annuale che sarebbe confluita nel tesoro turco.
Secondo Bayou, il Sultano non espresse insoddisfazione riguardo al progetto, quindi Vambery chiese a Zangwill di scrivere lui stesso al Sultano assicurandogli che quest’ultimo avrebbe risposto rapidamente alla sua lettera.
Cambiamento di circostanze
Mentre Zangwill si preparava a inviare la lettera a Tahsin Pasha, arrivò la notizia di un colpo di stato a Costantinopoli da parte del Comitato Unione e Progresso e dei cambiamenti che nell’aprile del 1909 portarono alla rimozione di Sultan Abdulhamid II e della salita al trono di suo fratello Sultan Mohammed V.
Quando la missione tornò a Tripoli dal suo viaggio a Jabal al-Akhdar, scoprì che Recep Pasha aveva lasciato il Paese e si stava recando a Costantinopoli per diventare ministro della guerra nel nuovo ministero.
Sebbene l’Organizzazione ebraica fosse irritata dall’allontanamento di Recep Pasha da Tripoli, le sue speranze rinacquero dopo aver saputo che a Costantinopoli l’uomo sarebbe divenuto un alto funzionario, in prima linea nella nuova era del governo appoggiato dall’esercito. La sua posizione di ministro della guerra fece infatti sperare all’Organizzazione che il suo progetto sarebbe stato un successo.
Contrariamente alle aspettative dell’Organizzazione, il progetto subì invece un duro colpo. Nel giro di pochi giorni, Recep Pasha salpò per Costantinopoli in mezzo a grandi fanfare, ma dopo pochi giorni morì. La sua morte fu una grande perdita per gli ebrei, disse Zangwil, affermando al contempo che l’Organizzazione non aveva pagato nessuna bustarella a lui o ai suoi associati in cambio della sua posizione amichevole ed entusiasta riguardo al progetto.
Ma il colpo più doloroso fu il rapporto pubblicato dall’Organizzazione ebraica il 1 ° gennaio 1909, con i risultati della missione denominata “Libro blu”. Il rapporto includeva i risultati della missione, deludenti in quanto veniva riportato che a Barqa, a causa della sua composizione geologica che non permetteva al suolo di trattenere l’acqua piovana, mancava acqua sotterranea.
Il rapporto chiedeva l’adozione di misure per affrontare le carestie che erano seguite agli anni di siccità, al fine di garantire che Barqa fosse adatto all’insediamento degli ebrei, sottolineando tuttavia che secondo Shaabani il farlo sarebbe costato somme esorbitanti.
Ciononostante, Zangwill e i membri della sua organizzazione non cambiarono idea e rimasero determinati ad attuare il progetto. Tuttavia, secondo Mahmoud, la preoccupazione del Consiglio per i gravi problemi interni rese irrilevante il sostegno del sultanato per l’insediamento in Libia, soprattutto dopo la morte di Recep Pasha. L’escalation delle ambizioni italiane, culminata con l’invasione e l’occupazione della Libia nel 1911, complicò ulteriormente le cose. Fu questione di pochi anni e tutto il mondo fu coinvolto nella prima guerra mondiale, e quindi il sogno di stabilire una patria ebraica in Libia andò in frantumi.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org