General

Romania: persecuzione di Negoiţescu, intellettuale e omosessuale

di Federico Donatiello, 13 giugno 2016.

Ion Negoiţescu è stato uno degli intellettuali più liberi ed anticonformisti della Romania del Novecento. Critico letterario raffinatissimo, dotato di un linguaggio oscuro e visionario, personalità inquieta ed edonista, dissidente antifascista e anticomunista, sincero democratico e omosessuale dichiarato, nella sua vita disordinata ha terminato pochissimi dei lavori iniziati. Il critico Alex Stefănescu ne paragona l’attività a una stanza devastata da una perquisizione della Securitate: tutto è in disordine e il non-finito sembra essere una delle caratteristiche più evidenti della sua opera.



Il suo capolavoro è il volume La poesia di Eminescu,
uno degli studi più incredibili (e densi) mai scritti sul massimo poeta
romeno. Secondo Stefănescu il libro «può essere considerato un poema
critico, dotato dell’unità palpitante – e abbacinante – della fiamma di
magnesio, […] scioccante, grazie all’intensità parossistica del suo
procedimento critico. La lettura proposta da Negoiţescu appare come un’esperienza folle dopo la quale chi la sperimenta non può che alzarsi con i capelli bianchi».



Negoiţescu persegue una forma di critica letteraria che diviene essa stessa atto creativo, quasi orfico,
intimamente legato all’autobiografia e alla propria individualità.
Questa personalità dirompente trapela sia nel suo rapporto conflittuale
con il potere sia nella tardiva confessione delle prime esperienze
omoerotiche.




La persecuzione durante il regime comunista


Durante la dittatura comunista Negoiţescu, su posizioni democratiche anche nel periodo interbellico dopo un’effimera esperienza legionaria, aveva già conosciuto il carcere tra il 1961 e il 1964 e si era visto vietare la pubblicazione di alcuni suoi volumi: nel 1974 aveva tentato il suicidio come gesto politico estremo. Successivamente, nel 1977, scrisse sotto pseudonimo una lettera aperta in sostegno del dissidente Paul Goma, che venne letta dalla trasmissione dei romeni esiliati Radio Europa Libera.



Come reazione, la polizia segreta cercò di arrestarlo facendo leva sull’accusa di omosessualità, reato allora punibile con pene molto aspre:
la denuncia venne motivata dalla confessione di un giovane poeta, Petru
Romoşan, che aveva avuto una relazione con il critico letterario negli
anni precedenti. L’omosessualità dello scrittore venne sfruttata come pretesto per attaccarlo
e il suo arresto fu contraddistinto da toni aspri e pesantemente
offensivi. Fortunatamente, il mondo intellettuale romeno reagì in modo
deciso e Negoiţescu venne liberato dopo tre giorni di carcere.




L’esilio e Straja Dragonilor (o il libro delle confessioni proibite)


Nel 1980, dopo un ulteriore tentativo di suicidio, grazie a una borsa di studio, Negoiţescu abbandonò la Romania per la Germania, dove vivrà fino all’anno della morte nel 1993. Qui iniziò a scrivere un’autobiografia, dal titolo Straja Dragonilor (“La guardia dei dragoni”). Si tratta di un altro non-finito: la morte stroncò il lavoro al secondo capitolo.



Nel libro lo scrittore rievoca la gioventù nella Cluj interbellica descrivendo le proprie prove di iniziazione sessuale:



Questa vacanza, prima dei corsi al
liceo, non è stata priva di imprese sessuali: tutto preso dal
cinematografo avevo iniziato ad aggiungere al piacere “estetico” alcune
piccanterie occasionali che, con il tempo, hanno superato l’interesse
verso lo spettacolo: aderivo il mio polpaccio a quello del vicino, se
questo, dopo un breve esame, dopo essermi abituato al buio, mi piaceva –
se era un ragazzo giovane, tra i venti e i venticinque anni, d’aspetto
piacevole. Non di rado la mia manovra riusciva e il mio vicino
accondiscendente dava segno di accettare, anzi, addirittura collaborava,
cosa che mi riempiva di felicità, accresciuta dalla paura nascosta di
essere ripreso e maltrattato. Questa paura mi impediva di guardare in
faccia il mio partner quando si rifaceva luce in sala e mi alzavo
andandomene
comme si de rien n’était… […]. Così mi sedevo
vicino a un uomo biondo, dall’aria sana popolana, che portava una giacca
di pelle da cui ho dedotto che fosse un macellaio e che avrei giurato
fosse ungherese. Per mia soddisfazione il “gioco” dei polpacci ha
ricevuto una tale partecipazione che, incoraggiato e incitato, ho osato
mettere la mano sulla sua coscia cosa che, invece di essere respinta, ha
portato ad un aumento della pressione del suo polpaccio. Eccitatissimo
ho allungato la mano sul membro dell’uomo e sentendolo grosso,
addirittura pulsante, ho osato aprirgli i pantaloni (con che
precauzione, con che lentezza, con che paura!) e a mettere la mano nelle
sue mutande, per prendere quel membro vivo e caldo che pareva
indipendente dal resto del corpo cui era collegato. Mi ardevano le
guance quasi come se fossi in preda alla febbre e al delirio. Ma,
nonostante l’immenso piacere, non ho perso la testa e, dominando la
paura, quando ho dedotto che il film stava per finire, mi sono alzato
d’improvviso e ho lasciato la sala senza gettare uno sguardo alle mie
spalle. 
(Traduzione di Federico Donatiello)



Straja Dragonilor, una sorta di Bildungsautobiographie (Ion Vartic) che può essere messo a confronto con un’opera dirompente nel panorama italiano (e mitteleuropeo) come il romanzo autobiografico Ernesto di Umberto Saba
Vi osserviamo la malinconica decadenza del mondo della borghesia interbellica prima della catastrofe europea
e gli anni di formazione di uno spirito libero destinato a vivere nella
persecuzione e nell’isolamento il disfacimento della realtà in cui era
cresciuto. Probabilmente, ma la morte dell’autore lo ha impedito, Straja dragonilor sarebbe divenuta anche un estremo atto di denuncia verso il proprio paese e la tardiva confessione di una grande personalità offesa dalla barbarie del regime.



FONTE: East journal