TURCHIA. Erdogan ancora presidente, ma le opposizioni contestano il voto
Nena News, 25 giu 2018
Il leader
indiscusso della Turchia degli ultimi 15 anni confermato al primo turno secondo
la Commissione elettorale, non secondo il monitoraggio degli sfidanti. In
parlamento Akp fermo al 42%, l’Hdp supera lo sbarramento
Sostenitori
di Erdogan festeggiano a Istanbul (Foto: Hurriyet News)
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Una giornata convulsa, di alti e bassi, dichiarazioni
e smentite, di folla alle urne. Con un’affluenza enorme, all’88%, alla fine a
invadere le piazze sono i sostenitori del presidente Recep Tayyip Erdogan che
con le elezioni anticipate ha vinto la scommessa delle elezioni anticipate: si
prende i poteri assoluti previsti dal referendum dell’aprile 2017 un anno prima
del previsto.
Secondo i
dati ufficiali, Erdogan ha vinto al primo turno con il 52,5% dei voti, seguito
dal principale sfidante, l’insegnante repubblicano del Chp Ince con il 30,67%,
e dal leader in prigione dell’Hdp Demirtas con l’8,3%. Diversa la situazione in
parlamento dove l’Akp, il partito di governo e del presidente, non ottiene la
maggioranza assoluta da solo ma con la stampella degli ultranazionalisti del
Mhp: 42,49% dei seggi, 293 parlamentari, più 11,13% con 50 seggi. Secondo
partito è il Chp con 22,7% e 146 seggi. L’Hdp riesce a superare a soglia di
sbarramento nonostante arresti di massa, intimidazioni, leader e deputati in
prigione e si aggiudica 67 deputati con l’11,13%, migliorando dunque la sua
posizione rispetto al parlamento precedente.
Ieri sera
a scrutinio in corso Erdogan celebrava già la vittoria totale, mentre fuori dal
palazzo presidenziale una folla di suoi sostenitori sventolava bandiere della
Turchia e incitava al neo-sultano: “La nazione mi ha dato la sua fiducia con i
compiti e i doveri della presidenza – ha detto dalla sua residenza a Istanbul –
La Turchia ha dato una lezione di democrazia al mondo intero”. E ha avvertito: “Spero
che nessuno voglia mettere in pericolo la nostra democrazia gettando un’ombra
sul sistema elettorale”. Un chiaro riferimento alle accuse di brogli mosse già
ieri dalle opposizioni che avevano messo in piedi una loro piattaforma per il
monitoraggio del voto e che in serata davano Erdogan intorno al 42% contro il
32% di Ince.
Nella
prima dichiarazione pubblica i due co-presidente del partito di sinistra
pro-curdo Hdp, Buldan e Temelli, hanno detto che a breve renderanno noto un
rapporto con i dettagli delle violazioni commesse, per smentire – dicono – un
voto manipolato.
Come
accaduto con il referendum costituzionale che ha stravolto il sistema politico
turco, le accuse di brogli – e in molti le case, le prove, oltre ai rapporti
che un anno fa produssero gli osservatori dell’Osce – si fermeranno di fronte
al muro di gomma del sistema totale dell’Akp: sarà impossibile portare avanti
una contestazione reale del risultato. All’epoca i sì e i no si staccavano di
una manciata di punti percentuali, stavolta Erdogan stacca Ince di oltre 22
punti. Unica possibilità per il fronte delle opposizioni era arrivare al
ballottaggio per convogliare i voti su un solo candidato.
Così non
sarà: inizia oggi una nuova era per una Turchia il cui Stato di diritto è già
stato calpestato. Erdogan sarà padrone assoluto senza più un sistema di pesi e
contrappesi: non esisterà più la figura del primo ministro, il presidente
sceglierà ministri – e quando cacciarli – e giudici costituzionali, guiderà le
forze armate, potrà il veto sulle leggi presentate dal parlamento e godere di
potere esecutivo. Potrà restare a guida di un partito politico e potrà
concorrere per un secondo e un terzo mandato – in teoria potrebbe restare al
potere fino al 2032. Potrà imporre lo stato di emergenza, già in vigore dal
luglio 2016 dopo il tentato colpo di Stato, sciogliere il parlamento e nominare
i vertici delle forze armate.
E fa già
promesse in politica estera, caratterizzata dalla politica di potenza negli
affari regionali: “Libereremo le terre siriane”, ha incitato Erdogan, chiaro
riferimento al nord del paese vicino dove dall’agosto 2015 l’esercito turco
porta avanti una durissima operazione militare contro i cantoni curdi di
Rojava.
Si spegne
così il sogno di una parte consistente della società turca che in queste
settimane si era mobilitata per come poteva, messa sotto silenzio dai media del
paese ormai assoggettati, sia quelli privati che quelli pubblici, al governo.
Senza dimenticare il leader dell’Hdp, tuttora in prigione, costretto a fare
campagna elettorale via internet e a cui la tv statale ha garantito solo 32
minuti di copertura contro le 180 ore di Erdogan.