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“Il Covid-19 farà arricchire le mafie a ritmi post bellici” Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia

Adriana Pollice 18/07/2020
«Le organizzazioni criminali hanno la liquidità per finanziare welfare e aziende per poi fagocitarle». Agroalimentare e giochi i settori a maggior rischio infiltrazione

La pandemia rappresenta per le mafie un’occasione di arricchimento ed espansione paragonabile «ai ritmi di crescita che può offrire solo un contesto post-bellico»: è lo scenario che emerge dalla relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia illustrato ieri al parlamento. Il ministero dell’Interno nelle stesse ore ha firmato il decreto da 3,5 miliardi di euro destinati agli enti locali assicurando «la massima attenzione alle possibili infiltrazioni criminali» nelle pubbliche amministrazioni. Il rischio è che i fondi finiscano nelle tasche dei clan lasciando fasce di popolazione senza alcuna copertura. Una situazione che potrebbe «compromettere l’azione di contenimento sociale che lo stato, attraverso i propri presidi di assistenza, prevenzione e repressione ha finora, anche se a fatica, garantito» generando problemi di ordine pubblico. Le mafie, d’altro canto, sono in grado di fornire un «welfare alternativo» a quello molto scarso dello stato e possono, contemporaneamente, lavorare a «esacerbare gli animi» in quelle fasce di popolazione che sentono «lo stato di povertà a cui stanno andando incontro».
LO SHOCK INNESCATO DAL VIRUS, rileva la Dia, ha avuto un impatto diretto su un’economia già in difficoltà e ha ridotto ulteriormente la liquidità disponibile. La relazione mostra un doppio scenario: nel primo, di breve periodo, le organizzazioni mafiose tenderanno a consolidare, specie al Sud, «il proprio consenso sociale, attraverso forme di assistenzialismo da capitalizzare nelle future competizioni elettorali. Un supporto che passerà anche attraverso prestiti di denaro a titolari di attività piccole-medie, con la prospettiva di fagocitare le più deboli».
Nel secondo scenario, di medio-lungo periodo, «le mafie, specie la ’ndrangheta, vorranno ancor più stressare il loro ruolo di player, affidabili ed efficaci anche su scala globale. L’economia internazionale avrà bisogno di liquidità e le cosche andranno a confrontarsi con i mercati, bisognosi di iniezioni finanziarie». È anche possibile che «aziende medie e grandi possano essere indotte a sfruttare la situazione di difficoltà per estromettere altri antagonisti facendo leva su capitali mafiosi. E magari altre aziende in difficoltà ricorreranno ai finanziamenti delle cosche». Infine, la semplificazione delle procedure di appalto «potrebbe favorire l’infiltrazione delle mafie negli apparati amministrativi».
SONO STATI 51 GLI ENTI LOCALI sciolti per mafia (più due Aziende sanitarie provinciali) nel 2019: 25 in Calabria, 12 in Sicilia, 8 in Puglia, 5 in Campania e uno in Basilicata, mai così tanti dal 1991. Nel 2020 se ne sono aggiunti altri 6, incluso Saint Pierre in Valle d’Aosta, il primo in assoluto in questa regione. Tanti i settori a rischio: da quello sanitario, alle opere e infrastrutture, fino ai giochi, settore che, dopo i traffici di droga, «assicura il più elevato ritorno dell’investimento a fronte di una minore esposizione al rischio». La filiera agroalimentare è una delle aree di elezione delle mafie: con la ristorazione che rischia un crack da 34 miliardi nel 2020 e con la malavita che è arrivata a controllare almeno 5mila locali, è uno degli ambiti prioritari di investimento della criminalità, che fagocita bar, ristoranti e pizzerie.
SULLA SCARCERAZIONE DEI BOSS la Dia è netta: «Qualsiasi misura di esecuzione alternativa al carcere rappresenta un vulnus al sistema antimafia». Nel Lazio la relazione rileva uno «scenario complesso». Roma e provincia «costituiscono un unicum nel panorama nazionale, una sorta di laboratorio criminale, nel quale le mafie tradizionali proiettate interagiscono con associazioni criminali autoctone, molte caratterizzate dal metodo mafioso».
Leader nei traffici di droga resta la ’ndragheta calabrese a vocazione affaristico imprenditoriale, «con sempre maggior forza a livello internazionale. Un’organizzazione che continua a far gemmare cellule criminali fuori dal luogo d’origine, tanto da arrivare in Valle d’Aosta». In quanto alle organizzazioni straniere, al Sud «agiscono in maniera subordinata», nel Centro-nord «hanno acquisito indipendenza, diventando dominanti in alcune aree».
LE OPERAZIONI FINANZIARIE sospette nel secondo semestre 2019 sono per la maggior parte riferibili a trasferimenti di fondi (37%) e quindi a bonifici (15%). Il maggior numero è stato effettuato nelle regioni settentrionali (28.152), a seguire quelle meridionali (18.384). Il Veneto è stato scelto dalle mafie «per lo sviluppo di traffici criminali transnazionali e per il riciclaggio, realizzato attraverso l’infiltrazione negli appalti, con l’utilizzo di tecniche elusive delle imposte. Favorite dall’area grigia di imprenditori e professionisti». Infine è il direttore della Dia, Giuseppe Governale, a spiegare: «Bisogna eliminare le farraginosità burocratiche, è necessario controllare ma anche assumere una strategia di prevenzione antimafia adattativa».