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Perché invece di oligarchia non parliamo di plutocrazia?

Milena Rampoldi 18/05/2020
In queste ultime settimane sempre più persone alzano la loro voce per opporsi al sistema perché comprendono le motivazioni del confinamento e capiscono la vera e propria posta in gioco.

Da tempo si è compreso che non ci troviamo più nel settore della medicina e della virologia. Questo ormai lo sanno tutti i cittadini che riflettono sulla questione, che cercano di guardare dietro le quinte e che dispongono dello scetticismo sufficiente nei confronti dei media imperanti.
Sempre più persone iniziano a riconoscere di essere vittime delle manipolazioni dei media. Comprendono che i media creano un’isteria assurda per incutere timore alla popolazione, che lo stato prende delle misure volte a creare un gregge di cittadini privi di qualsiasi capacità di resistenza e che al di sopra degli stati si trovano pochi super ricchi che sfruttano il virus per ottenere una concentrazione del capitale ancora più intensa dal basso verso l’alto.
Molto spesso leggendo gli articoli pubblicati nei media “alternativi” e negli articoli di giornalisti che criticano i provvedimenti statali per contrastare il Covid-19 e che riconoscono il nesso tra il coronavirus e l’accentuazione economica in senso neoliberale ritrovo il termine “oligarchia” quando si tratta della critica delle limitazioni delle libertà civili imposte dalle cosiddette misure di emergenza che nonostante tutte le contraddizioni razionali vengono portate avanti.
Il termine oligarchia è molto conosciuto e viene citato ovunque. Risale alla dottrina platonica dello stato. Per oligarchia si intende il dominio di un piccolo gruppo di persone che governano lo stato. Sono questi “pochi” ad avere il potere onnicomprensivo sullo stato. Era già così nell’Antica Grecia ed è così fino ad oggi, in quanto non esistono ancora delle forme di governo realmente democratiche in cui tutti i cittadini creano un assetto sociale e politico dal basso. Queste forme di democrazia reale infatti rimangono un’utopia.
Ma la situazione che stiamo vivendo nel 2020 non ha precedenti storici. Trovo che il termine “oligarchia” non sia sufficiente per spiegare questa massiccia fuga di capitale dal basso verso l’alto e la concertazione del patrimonio dal basso verso l’altro al di sopra delle strutture statali. Come accennava infatti lo storico Eric Hobsbawm non siamo più governati dagli stati nazionali, ma dalle multinazionali mondiali.
Il fatto che oggi come oggi si guadagni sempre di meno lavorando e si accumuli sempre più patrimonio secondo il principio del denaro che crea denaro che opera dietro le quinte, inasprisce l’ineguaglianza tra le persone a livello globale. Ma questo meccanismo non si spiega solo con il termine del “dominio dei pochi”. Nel 2020, infatti, non si tratta più di oligarchia, non si tratta più di stati controllati e governati da “pochi”.
Si tratta invece di capitale, di denaro, di tassi di interesse, di profitti, di rendite, di patrimonio – e questo aspetto non è più riconducibile al semplice “dominio” dei “pochi” sulla massa degli svantaggiati, ma al dominio del capitale in sé. E questo capitale altro non è che la massa della ricchezza accumulata, arrecando svantaggio ad altri. Suggerisco quindi di sostituire lo schema esplicativo dell’oligarchia con quello della plutocrazia, anche se va notato che il termine deve essere prima denazificato. Dopotutto, plutocrazia è un termine che deve essere di nuovo neutro per designare ciò che designa anche, cioè una forma speciale di oligarchia, che però non ha nulla a che vedere con la posizione sociale, ma con la ricchezza nel senso di capitale.
Anche questo termine etimologicamente deriva dal greco e significa dominio della ricchezza, ovvero del capitale, se si vuole rifarsi alla teoria marxista. Qui non si tratta di un gruppetto di eletti che governa gli altri, ma è il capitale di queste persone a dominare sugli altri.
A mio avviso, è questa la differenza fondamentale tra oligarchia e plutocrazia.
Il superamento dell’oligarchia sembra rendere necessaria una soluzione di carattere politico, mentre io credo si debba urgentemente agire per cambiare la creazione materiale della forma economica imperante. Ridistribuzione, distribuzione equa del capitale, discesa del capitale dall’alto verso il basso, rivalutazione del lavoro quale forma di accumulazione di capitale, svalutazione degli utili guadagnati senza alcun impegno lavorativo. Questo metodo rende il tutto meno filosofico. Ora non si fa che focalizzare sulle condizioni materiali. La soluzione appare dunque molto più chiara e allo stesso tempo più radicale, priva di compromessi e senza alcuna sfumatura intermedia.
Il termine plutocrazia permette la critica immediata, istantanea ed illuminata al dominio del capitale, senza pensare prima alla deelitizzazione della politica. Non si tratta dunque dell’estensione del dominio dei pochi al popolo, ma del superamento del dominio del denaro – non si tratta dunque di Bill Gates, dei coniugi Springer o di Zuckerberg, ma del capitale anonimo che deve essere ridistribuito verso il basso, indipendentemente dal fatto nelle mani di chi si trova, ovvero indipendentemente dagli oligarchi stessi come persone.
Il cambiamento di paradigma dunque va gestito secondo la seguente parola d’ordine: Abbandoniamo la plutocrazia, costruendo un sistema socialista nel senso materialistico del termine quale riconversione del capitale dall’alto verso il basso. Se poi da questo cambiamento deriva un sistema democratico, non ve lo so dire, visto che sono molti i sistemi che si autodefiniscono democratici senza esserlo. Ma una distribuzione equa del patrimonio su scala glocale senza dubbio costituisce un presupposto alla democrazia in senso politico, cultura, mediatico e filosofico del termine.