Il processo di pace non ha mai avuto lo scopo di dare uno stato ai palestinesi. Le rivelazioni del Consiglio delle Relazioni Estere
26/05/2020 di INVICTA PALESTINA |
Steven Cook del Council on Foreign Relations (ndt. associazione privata statunitense. Creata nel 1921, ha sede a New York e a Washington) ha pubblicato un articolo sul periodico Foreign Policy affermando che gli Stati Uniti dovrebbero eliminare gradualmente gli aiuti a Israele e “porre fine al rapporto speciale” perché il processo di pace ha raggiunto il suo vero obiettivo: Israele è un paese sicuro, con un tenore di vita paragonabile a quello del Regno Unito e della Francia, e senza una reale minaccia militare.
Copertina: soldato israeliano punta lo smartphone su un fotografo per cercare di impedirgli di riprendere gli avvenimenti a Nabi Saleh cerca (FOTO: ANNE PAQ)
Di Philip Weiss – 22 Maggio 2020
L’articolo è sorprendente perché smaschera il processo di pace, rivelando esattamente ciò che Edward Said, Rashid Khalidi e Ali Abunimah affermavano decenni fa, cioè che il processo di pace era destinato a fallire, senza mai realizzare la sovranità palestinese.
Cook afferma che l “interesse principale” degli Stati Uniti in Medio Oriente è sempre stata la “sicurezza” di Israele, quindi il processo di pace era solo un pretesto.
I politici statunitensi hanno a lungo creduto che una soluzione a due stati fosse il modo migliore per garantire la sicurezza di Israele, e i presidenti degli Stati Uniti da Bill Clinton a Barack Obama a Donald Trump stesso hanno ripetutamente perseguito tale obiettivo. Ma il fatto per lo più non riconosciuto sull’impasse dei due stati – e forse il motivo per cui Washington non ha mai avuto la volontà politica di superarlo – è che ha aiutato gli Stati Uniti a raggiungere uno dei [suoi] interessi fondamentali nella regione: aiutare a garantire la sicurezza israeliana …
Il “dramma” per i palestinesi è che si fidavano degli Stati Uniti e hanno “frainteso” gli interessi centrali degli USA, spiega Cook; per cui adesso sono confinati nei Bantustan (ghetti).
La vera tragedia in tutto questo è l’esproprio permanente dei palestinesi, che saranno senza dubbio indignati per il fatto che Washington si sta defilando dal conflitto, suggellando il loro destino è condannandoli a vivere per sempre sotto l’occupazione militare o confinati nei Bantustan. La loro rabbia sarebbe giustificata. Hanno anche frainteso gli interessi fondamentali degli Stati Uniti in Medio Oriente, che in realtà non si preoccupano dei palestinesi, che, nonostante l’evidenza, si fidavano degli Stati Uniti.
La prossima volta che qualcuno parla di arabi che fraintendono quello che gli viene detto o che conducono la politica estera come un soukh (mercato), ricordate loro che persino un esperto del Consiglio delle Relazioni Estere afferma che gli Stati Uniti per 25 anni con false promesse hanno mentito ai palestinesi.
L’ovvia domanda che si pone è: Perché azzerare i diritti umani dei palestinesi è un interesse centrale degli Stati Uniti – anzi, perché il sionismo è un interesse fondamentale degli Stati Uniti – e questo spiega il potere della lobby Israeliana nella nostra politica.
Per una generazione abbiamo avuto mediatori della Casa Bianca che sono stati definiti come “difensori di Israele”, o che hanno detto ai frequentatori della sinagoga “Abbiamo bisogno di essere difensori di Israele”, o che sono passati direttamente dai loro incarichi alla Casa Bianca durante l’amministrazione Obama alle campagne in difesa di Israele (erano Dan Shapiro e Tamara Cofman Wittes).
Nessuno di questi pagliacci ha mai avuto un reale interesse a concedere al popolo Palestinese qualsiasi sovranità.
E quanto l’instabilità dei vicini di Israele ha servito anche quell’interesse “centrale”? Israele è in un’ottima posizione, dice Cook, perché “Iraq e Siria sono nel caos”. E il Libano si sta sgretolando.
Dovremmo essere grati a Cook per aver detto che lo scopo del processo di pace era il fallimento; e che l’insuccesso serviva per l’interesse di Israele.
Il forum politico Israeliano ha suggerito un’ipotesi analoga quando Netanyahu ha iniziato a minacciare di annettere la Cisgiordania l’anno scorso.
L’annessione aggraverà le divisioni politiche su Israele negli Stati Uniti, erodendo in ultima analisi la sicurezza di Israele, darà una vittoria chiaramente non necessaria al movimento BDS, e ribalterà gli ultimi decenni di politica attentamente calibrata su Israele.
Decenni di politica attentamente conforme a Israele significa che i sionisti liberali e non, esprimono solo promesse per uno Stato palestinese ma alla fine non hanno problemi con l’occupazione perché lo status quo è favorevole per Israele. È una democrazia ricca per i sionisti e di tragico apartheid per i palestinesi, ma non vale la pena preoccuparsi.
E quando si farà uno sforzo reale per far pagare a Israele le violazioni dei diritti umani, i sionisti liberali insorgeranno per etichettare il BDS come antisemita.
Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org