Il dogma del lockdown
18/04/2020 DI INVICTA PALESTINA |
…tuttora siamo quasi al livello zero. Insomma, ci siamo comportati come si faceva nel Medioevo. Peccato però che siamo nel 2020!
17 aprile 2020 – Roberto Prinzi
Se si può cogliere in una notizia il fallimento del governo Conte della crisi-Covid, è l’annuncio fatto oggi dello stop all’appuntamento lugubre quotidiano (dal 22 febbraio) della Protezione Civile.
Una ricorrenza inutile e ridicola con quei suoi numeri sballati perché, come denunciò sin da subito la dottoressa Gismondo, ben presto radiata dagli schermi della nostra libera televisione, il numero dei positivi considerato era assolutamente lontanissimo dalla realtà (soprattutto in Lombardia).
I fatti le hanno dato ragione: mentre infatti la Protezione Civile continua tuttora a raccontarci di 175.000 casi, le persone realmente contagiate potrebbero essere almeno 10 milioni. Non solo: ma poi morti di cosa? “Di Covid o per Covid?”, fece notare subito la Gismondo sottolineando una importante differenza per provare a far ragionare la popolazione impaurita sugli effetti del Covid. Gismondo, dottoressa del Sacco no redattrice della rivista il Complottista, ci ricordò anche che l’influenza uccide tanto, ma nessuno se ne preoccupa. (Oggi lo ribadisce pure la bravissima Ilaria Capua su Repubblica!)
Ma allora a cosa diavolo sono servite queste conferenze? A informare la popolazione? Vogliamo davvero credere che quei professoroni seduti su quelle sedie non sapessero realmente che stavano mentendo sapendo di mentire? La verità è che quei tristi appuntamenti – tra l’altro barbari dove i morti erano numeri di sacchi di patate da comunicare ai giornalisti – hanno svolto un ruolo molto importante: terrorizzare la popolazione italiana e tenerla buona a casa.
Del resto chi davanti a 700 morti, se ha ancora un briciolo di umanità, non trema e non si dispera ad ascoltare questi numeri? Chi davanti al 12% di letalità del Covid in Lombardia non ha per un momento un attacco di panico. E così la legittima paura dopo Codogno è diventata ben presto, anche a causa di queste sceneggiata della miglior tradizione politica nostrana, ingiustificata psicosi collettiva.
Una psicosi incontrollabile . E quando si arriva a questi punti, puoi far passare facilmente di tutto alla popolazione. Ogni cosa diventa un dogma. E il un dogma è un principio che si accoglie per vero o per giusto, senza esame critico o discussione: La Verità – che qui non è da trovare in Dio, almeno per una volta non c’entra qui da noi il Vaticano – non la si può cercare, ma ci viene data. Da chi? Da Conte e da quei quattro teatranti delle conferenze lugubri delle 18.
Chi viola il dogma è un eretico. Chi osa contrastare il dogma purtroppo non lo possiamo bruciare come in passato perché siamo nel 2020, ma dobbiamo isolarlo (magari con la stessa solerzia avessero isolato il virus sin dall’inizio in Lombardia…). Chi non si allinea all’”unità nazionale” degli Inni di Mameli sui balconi, deve apparire folle, irresponsabile, disumano. O, in alcuni casi, “complottista”.
Parola su cui ci sarebbe molto da dire perché il suo significato semantico ormai in Italia si esteso così tanto al punto da includere erroneamente non solo agli ignoranti terrapiattisti (etc etc) o geopolitici da quattro soldi, ma tutti coloro che di fronte ai fenomeni storici e presenti si pongono qualche dubbio. Dubbi leciti dato che chi fornisce le notizie è una stampa mainstream che, più che essere interessata alla verità, è sempre più espressione dei suoi finanziatori o di partiti politici inesistenti.
Dunque psicosi collettiva, dogma del lockdown totale (“assolutamente necessario”… sciocchezza, basta vedere fuori come avviene), repressione criminale, spazio a sceriffi vari. Incattivimento della popolazione che addirittura ha superato a destra gli incapaci politici locali, avidi di cogliere il consenso sfruttando le paure delle persone.
Se prendi il pacchetto lockdown, tutto è consequenziale. Non c’è il lockdown intelligente. Dovremmo fare anche una seria e serena riflessione su “Io resto a Casa” che non è stato altro sin dall’inizio che uno slogan governativo propedeutico per lanciare la sua campagna repressiva e per confondere la giusta idea di distanziamento sociale (che doveva nascere però dal senso comune.. e se questo senso non c’è allora che andiamo alla malora!).
Da qui subito la voluta confusione: distanziamento sociale= lockdown criminale cui siamo sottoposti da un mese e mezzo e chissà quanto ancora dovremmo viverlo. Senza dimenticare che “Io resto a casa” vuol dire politicamente “Io isolo tutti gli ultimi” del nostro Paese. A partire dai migranti che si sono trovati senza le mani solidali di ong italiane pronte a salvarli nel loro fuggire dalla Libia in fiamme.
Tutto è stato pensato per bene. Ma prima che qualcuno pensi che sostenga una tesi complottista (Dio me ne rifugga!), chiarisco subito: il governo ha giocato su questi punti semplicemente perché sin da subito è apparso incapace di gestire la situazione. Oltre ad essere criminale dato che ha sonnecchiato per mesi (la bomba era scoppiata in Cina a dicembre), persino dopo aver dichiarato lo stato di emergenza.
L’incapacità è rappresentata da quell’insignificante figura di Speranza a capo del ministero della Salute che ormai quando è intervistato non fa altro che ripetere “Sì, ma restate a casa”. Nulla di politico perché non sa nulla. Non sanno nulla. Si sono presi le nostre libertà nel silenzio quasi totale della popolazione (incredibile che in pochi hanno protestato) e non sanno cosa dire? Tra l’altro Speranza dice anche una sciocchezza grossolana perché, come osserva il noto virologo Burgio e come appare sempre più evidente, ora come ora a casa ci si contagia di più che stare fuori. Inoltre va bene ascoltare i medici, ma i medici devono fare i medici. Non possono fare pure gli economisti, i politici etc etc. Il governo Conte ha fatto questo: ha appaltato interamente l’emergenza ai tecnici. Questa è una cosa assurda.
Con queste righe non dico che il Covid sia una passeggiata o mancare di rispetto a chi ha perso un familiare o sta soffrendo in qualche ospedale. Mai come in queste settimane ho capito, riflettendoci molto e anche in parte criticandomi, che quando affronti il tema salute, le persone – anche quelle dure e pure – si sciolgono. E in questo c’è qualcosa di umano e bello. Ma anche pericoloso perché quando ti sciogli puoi perdere anche il lume della ragione e accettare di tutto purché ti venga data “la salvezza”.
Né voglio dire che il Covid sia come una influenza. Ma detto ciò, il Corona non è Titano. Non è altamente mortale: basta vedere i numeri di letalità in tutto il mondo. Se fosse stato gestito correttamente sarebbe stato arginato senza fare i disastri umani ed economici che vediamo. Invece abbiamo permesso al Covid di imperversare là dove diventa disastroso: centri per anziani, centri religiosi, abbiamo fatto diventare gli ospedali focolai (colpa nostra non del Corona) perché non lo abbiamo curato prima sul territorio e abbiamo causato l’assassinio di oltre 100 operatori sanitari.
Abbiamo permesso che le persone fossero moribonde prima che potevano essere considerate degne di poter ricevere una cura o spesso un tampone. Non abbiamo fatto un servizio di assistenze nelle case che avrebbe aiutato molto ad alleggerire gli ospedali umiliati da decenni di tagli e dalla noncuranza di qualunque piano anti-epidemia. Non abbiamo applicato la scienza, e non parlo di quella che viola i diritti. E tuttora siamo quasi al livello zero. Insomma, ci siamo comportati come si faceva nel Medioevo. Peccato però che siamo nel 2020!
Immagini selezionate su web e liberamente inserite nel testo.
Roberto Prinzi è un giornalista che vive a Roma, collabora con Nena News – Agenzia stampa Vicino Oriente e altre testate online. Laureato in Scienze delle lingue, storia e culture del Mediterraneo e dei Paesi islamici – Studi arabo islamici