Coronavirus: uscirne più forti insieme Un appello di intellettuali africani
Autori vari, Jeune Afrique, 10 aprile 2020. traduzione italiana di Milena Rampoldi, ProMosaik. Venticinque intellettuali africani, tra cui Kako Nubukpo, Alioune Sall, Felwine Sarr, Achille Mbembe, Reckya Madougou, Souleymane Bachir Diagne, Franck Hermann Ekra e Hakim Ben Hammouda, firmano congiuntamente il presente appello per la mobilitazione di intelligenze, risorse e creatività africane volte al superamento della pandemia del virus Covid-19.
Nicolas Vadot (Belgio) |
Il virus Covid-19 è il termine scientifico del virus che causa una patologia respiratoria altamente contagiosa che può essere anche letale. L’epidemia poi riclassificata come pandemia dall’OMS l’11 marzo 2020 ha degli effetti devastanti: semina morte, causa la recessione delle economie più potenti del pianeta e costituisce una minaccia senza precedenti per l’esistenza delle società umane. Secondo alcuni esperti, questo virus sarebbe il presagio dei giorni più terrificanti a venire per il continente africano e i suoi abitanti.
L’Africa non è il continente originario di questa pandemia, ma sta affrontando i suoi effetti alquanto duri, causati dall’aumento dei contagi umani e dalla riduzione notevole di una parte significativa delle attività sociali ed economiche essenziali. Il continente è quindi chiamato a fornire una risposta indispensabile, decisa e duratura a una vera minaccia che non dovrebbe essere né esagerata né minimizzata, ma piuttosto razionalizzata.
Si tratta di bocciare le previsioni malthusiane che usano questa pandemia come pretesto per dare libero sfogo a speculazioni a malapena velate, su una presunta demografia africana eccessiva e d’ora in poi bersaglio dei nuovi civilizzatori. È un’opportunità storica per gli africani per mobilitare le loro intelligenze distribuite in tutti i continenti, raccogliere le loro risorse endogene, tradizionali, della diaspora, scientifiche, nuove, digitali e la loro creatività per uscire più forti da un disastro che alcuni ormai hanno già predetto per loro.
Il continente meno colpito
Nei prossimi giorni supereremo la soglia dei due milioni di persone contaminate dal Covid-19 in tutto il mondo. Il virus si sta diffondendo a una velocità incommensurabile e la domanda fondamentale che ci si pone riguarda la resistenza dei sistemi sanitari dei paesi africani ad esso. La fornitura di servizi sanitari, attrezzature, personale qualificato, ecc. ormai è l’oggetto della preoccupazione generale. Di recente, l’OMS ha anche invitato i paesi africani a “svegliarsi”, “preparandosi al peggio”.
Va ricordato che l’Africa al momento è il continente meno colpito dal virus. Un primo caso è stato confermato in Egitto nel febbraio del 2020 anche se fino ad oggi non vi sono conferme o documentazioni comprovate della segnalazione. Rimane ipotizzabile che gli ecosistemi locali, i fattori demografici, la natura mutante del virus, l’intensità dei flussi internazionali e altri fattori limitino la diffusione della pandemia, ma dobbiamo anche notare il ruolo giocato da una serie di misure drastiche prese dai governi, quali le chiusure di confini, scuole, negozi e luoghi di culto …
Nonostante la natura ansiogena della pandemia e, in generale, i contesti politici locali incitano ad una richiesta sociale impaziente di efficienza, l’osservazione delle risposte pubbliche disuguali nel mondo e la relativa imprevedibilità della pandemia possono spiegare un processo di tentativi ed errori.
Ripensamento dei sistemi sanitari
Anche se l’apprezzamento della reattività dei paesi africani dipende dal caso singolo, e giustamente, deve essere riconosciuto, per ricordarlo, l’effetto catastrofico di decenni di aggiustamenti strutturali sulla salute pubblica e sull’offerta sanitaria nei paesi africani. Nonostante tutto, molti sistemi sanitari, con tutte le lacune da colmare e le evidenti carenze, si sono sostanzialmente evoluti, spinti dal desiderio di raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) nel 2030.
Lo stato delle strutture sanitarie africane, a seconda del paese, è certamente generalmente insoddisfacente e caratterizzato da una dotazione scarsa, ma sarebbe sprezzante postulare un’offerta di salute inesistente che condurrebbe ad una morte inevitabile. Inoltre, l’assistenza sanitaria spesso viene eseguita su scala sociale e locale, rifacendosi anche alle reti culturali di sicurezza che prescrivono la solidarietà e la gestione familiare delle malattie.
Per queste ragioni, le profezie autoavveranti non si potranno giustificare. Gli scenari da catastrofe, previsti qua e là per tutto il continente, potrebbero di fatto avere un impatto negativo sulle economie e la valutazione dei rischi generalmente sfavorevoli per l’Africa prima del Covid-19, in cui gli investitori si trovano in un contesto di completa incertezza.
I sistemi sanitari africani vanno ripensati completamente alla luce di molte considerazioni e limitazioni attuali, senza aspettare che il possibile collasso causato da una pandemia di tale portata agisca con tutta la sua diligenza ed efficacia.
Per fare questo, ci sono alcune vie che potremmo percorrere:
• A breve termine, una reale unione tra i paesi africani sul versante economico e sanitario permetterebbe un raggruppamento di risposte ai rischi causati dal Covid-19 e oltre. Le molteplici iniziative prese al fine della mobilitazione di sufficienti risorse finanziarie per evitare di aggiungere una grave crisi economica alla crisi sanitaria annunciata sono ben accette. Esortiamo, sia alla rigorosa gestione di tali risorse che ad un efficiente coordinamento sub-regionale e regionale delle misure per permettere a tali iniziative di acquisire sinergia e complementarità.
• Allo stesso tempo, la condivisione di conoscenze, know-how e risorse mediche costituirà un elemento cruciale. Il vasto patrimonio culturale e tradizionale da cui proviene la farmacopea africana dovrebbe essere mobilitato, condiviso, panafricanizzato di più in collegamento con la medicina e la cosiddetta ricerca moderna, come hanno fatto con successo alcuni paesi come la Cina. Vanno stimolate la creatività e l’ingegnosità locali e va apprezzata l’offerta artigianale come nuova attrezzatura igienica per l’idratazione offerta in numerosi paesi (quali ad esempio il Ghana e il Camerun, …).
• L’Africa deve apprendere dalle proprie esperienze e dalle altre regioni del mondo colpite dalla pandemia, promuovendo ulteriormente la solidarietà che ha nei geni, la consapevolezza di massa, in particolare nelle aree rurali, e lo screening di massa delle popolazioni. Gli esempi provvisori di successi mostrano che non sono necessariamente i mezzi a priori abbondanti dei paesi con un PIL molto elevato a produrre i migliori risultati sanitari, come il Vietnam che fornisce 550.000 maschere a 5 paesi dell’Unione Europea o addirittura Cuba che esporta le sue conoscenze nel settore della medicina d’urgenza nei paesi detti sviluppati
Il coronavirus rivela una certa “fine della storia” e l’esistenza di modelli alternativi. È compito dell’Africa inventare i propri. Il nostro continente dispone di ampie risorse, di una popolazione attiva creativa da mobilitare e di professionisti addestrati per resistere e superare la pandemia. Per questo si devono prendere le decisioni giuste, adattandole alle necessità emergenti. L’esistenza di una nuova coscienza che collega il continente alle sue diaspore, alle sue nuove reti di intellettuali, professionisti, ricercatori, attivisti, associazioni, politici, liberi professionisti, dovrebbe essere capace di apportare voci innovative e dirompenti a questi dibattiti.
• A medio termine, la lezione principale della crisi del Covid-19 dovrebbe consistere nell’affermazione secondo cui l’Africa continuerà ad essere tanto più vulnerabile ai colpi esterni se non troverà una risposta strutturale alle sfide poste al proprio sviluppo. Si tratta di una dichiarazione alquanto valida sia per il settore sanitario che per tutti gli altri ambiti. In effetti, la dipendenza dalla salute rimane un problema spinoso e il costo delle evacuazioni mediche delle élite rappresenta un caso di ingiustizia sociale e irrazionalità economica, poiché numerosi tra questi servizi sono disponibili sul territorio africano a costi inferiori. Il perpetuarsi di un modello di economia di rendita, basato sull’esportazione di materie prime non trasformate in attesa di entrate esterne volatili, è destinato al suicidio. L’emergenza africana in questo caso è la produzione locale di servizi sanitari qualitativi estesi, la lavorazione locale delle materie prime, vettore della creazione di valore e posti di lavoro e la diversificazione della base produttiva.
Siamo dinnanzi a delle sfide enormi
Ed ora che il Covid-19 ferma le economie, semina morte e desolazione nei paesi, interrompe il funzionamento delle società, criminalizza le forme più radicate di socialità, sospende calendari politici, paradossalmente per l’Africa è giunto il momento di cogliere le proprie sfide, reinventando le modalità della sua presenza nel mondo.
Senza dubbio la sfida che stiamo affrontando è notevole perché, oltre alle nostre economie in uno stato di arresto, la pandemia del coronavirus ha offerto ad alcune cancellerie occidentali il pretesto per riattivare il loro afro-pessimismo che pensavamo fosse di un’altra epoca. Negli scenari elaborati in questo contesto il volto mostrato dall’Africa è quello di un continente vulnerabile, dove i morti potrebbero essere non solo migliaia, ma milioni. Va comunque detto che questo scenario non rappresenta affatto una fatalità storica da cui il continente non potrebbe sottrarsi. Esso infatti dice di più dei suoi autori che non della realtà di un continente africano, il cui futuro per principio nessuno può né anticipare né oscurare. È giunto il momento di tener presente che le epoche caratterizzate dal cambiamento su scala mondiale hanno sempre prodotto un rinnovamento paradigmatico culturale e a volte anche della civiltà per coloro che sposano le esigenze dettate dal cambiamento. Dobbiamo quindi cogliere le sfide che ci attendono, impegnandoci risolutamente nelle battaglie necessarie.
Facciamo appello a tutti gli intellettuali africani, i ricercatori di tutte le discipline, le forze trainanti dei nostri paesi, di partecipare alla lotta contro la pandemia del Covid-19, di illuminarci con le loro riflessioni, i loro talenti e di arricchirci con i frutti della loro ricerca e con tutte le loro proposte costruttive. Dobbiamo determinare un percorso ottimista, pur essendo coraggiosamente consapevoli delle lacune da colmare. Un’altra Africa è possibile come è possibile un’altra umanità in cui sono la compassione, l’empatia, l’equità e la solidarietà a definire le società. Ciò che fino ad oggi sembrava un’utopia, ora è entrato nello spazio delle possibilità. La storia insegna che ci condannerà se non creiamo un legame di unione tra il futuro e il passato.
Dobbiamo trovare il coraggio di non perdere la fiducia nel futuro o in noi stessi. Dobbiamo trovare il coraggio di lottare insieme contro la diffusione del Covid-19, mostrando il nostro coraggio comune per sconfiggere il precariato globale che dà origine all’omonima pandemia. Sì, l’Africa sconfiggerà il coronavirus, senza crollare.
Questo appello è stato cofirmato da: Kako Nubukpo, Alioune Sall, Reckya Madougou, Martial Ze Belinga, Felwine Sarr, Carlos Lopes, Cristina Duarte, Achille Mbembe, Francis Akindès, Aminata Dramane Traore, Souleymane Bachir Diagne, Lionel Zinsou, Nadia Yala Kisukidi, Demba Moussa Dembélé, Franck Hermann Ekra, Alinah Segobye, Mamadou Koulibaly, Karim El Aynaoui, Mamadou Diouf, Hakim Ben Hammouda, Paulo Gomes, Carlos Cardoso, Gilles Yabi, Adebayo Olukoshi, Augustin Holl, Abdoulaye Bathily, Lalla Aicha Ben Barka, El Hadj Hamidou Kassé.
Un’azione di sensibilizzazione mediante l’arte urbana a Dakar, in Senegal