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“Covid-19 : il fallimento di un sistema” Sì, ma quale ?

Bruno Guigue 17/03/2020
Abbiamo letto, visto, sentito di tutto: “il regime cinese è fallito”, la Cina è “sull’orlo del baratro”, il “sistema precipita”, Xi Jinping è “politicamente in pericolo”, e “intrappolato”, la “dittatura è barcollante”, il “totalitarismo è scosso” e “confessa il suo fallimento”, “niente sarà più come prima”.

Tradotto da Silvana Fioresi
Una cosa è sicura in effetti, niente sarà più come prima, e per una buona ragione: la Repubblica popolare cinese ha chiaramente vinto l’epidemia in due mesi. Gli uccellacci del malaugurio diranno che non è vero, che le cifre sono truccate, che l’epidemia può riprendersi. Ma gli esperti internazionali dicono il contrario, e i fatti parlano da soli. Il numero quotidiano di nuovi contagi è ormai di 50 volte più alto nel resto del mondo che nella Repubblica popolare cinese. Sugli 80 mila casi registrati da gennaio in questo paese, 70 mila pazienti sono già guariti. Le restrizioni agli spostamenti sono tolte progressivamente e l’attività economica riprende.
Capiamo che questa realtà rattrista i nemici della Cina, che pullulano nei media del mondo libero, ma si dovranno abituare. La Cina è riuscita a fare quello che nessun altro paese è mai riuscito: vincere un’epidemia con una mobilizzazione massiccia della società e dello Stato. Dopo aver segnalato il virus all’OMS il 31 dicembre 2019, la Cina si è messa in configurazione battaglia. Senza precedenti nella storia, il confinamento di 50 milioni di persone, a partire dal 23 gennaio, ha rallentato la progressione dell’epidemia. Comparso con la mascherina alla televisione l’8 febbraio, il presidente Xi ha decretato “una guerra di popolo contro il nuovo demone”. Decine di migliaia di volontari sono arrivati ad Hubei, decine di ospedali sono stati costruiti in qualche settimana, migliaia di equipe sono state inviate per tracciare i contatti tra i malati e coloro che sono stati vicini. Un solo esempio: alla fine delle festività del Nuovo anno cinese 860 mila persone sono rientrate a Pechino. Il governo ha ordinato loro di rimanere a casa per due settimane e la municipalità ha mobilizzato 160 mila guardiani di palazzi per assicurarsi del rispetto di questo mandato.
Se l’epidemia è in ritirata, non è perché hanno pregato, ma è perché il popolo cinese ha fatto degli sforzi giganteschi. In Europa critichiamo la Cina, tergiversiamo, “privilegiamo l’economia”, e, nel frattempo, l’epidemia si spande. Nel 2009 il virus H1N1 apparso in Messico e negli USA ha infettato 1 600 000 persone e ne ha uccise 284 000 nel mondo intero. Washington ha brillato per la sua nullità nel trattamento di questa pandemia, e i media occidentali hanno preferito guardare altrove. Oggi bisogna ammettere che il nostro sistema è inoperante mentre il socialismo cinese ha fatto una nuova dimostrazione della sua superiorità. Visto che, per combattere una tale minaccia, bisogna ancora avere uno Stato. Ma il nostro, dov’è? La sanità pubblica è davvero la sua priorità? Sarebbe capace di costruire nuovi ospedali, mentre si sta accanendo a distruggere quelli che già esistono?
In un paese dove la proprietà pubblica è in negativo, dove si sono privatizzati e smantellati i servizi pubblici, dove lo Stato è l’ostaggio volontario degli ambienti finanziari, saremmo noi capaci di effettuare il 10% di quello che hanno fatto i cinesi? È vero che a Pechino non si applicano le direttive neoliberali, le banche obbediscono al governo, la proprietà pubblica pesa il 50% della ricchezza nazionale, che il suo mandato è ricondotto solo se fa prova con i fatti e non con le parole. È una dittatura totalitaria, questo sistema?
Strana dittatura, in cui il dibattito è permanente, gli errori sono denunciati, le manifestazioni frequenti, le istituzioni sottomesse alla critica. Sarebbe un regime totalitario, perché costringe la popolazione intera al confinamento massiccio, che tutti gli esperti dicono essere la sola misura efficace? È un sistema imperfetto senza dubbio, ma che funziona e tiene in conto dei suoi errori. Invece da noi l’autosufficienza funge da autocritica, la diffamazione degli altri prende il posto della presa delle responsabilità e il bla bla permanente quello dell’azione efficace. Il giornalista del “Monde”, quel corifeo della scienza, ha ragione : “è il fallimento di un sistema”. Solo che il sistema che fallisce non è quello che si crede.
Le illustrazioni di questo articolo fanno parte di più di 1000 disegni inviati agli organizzatori della campagna di sensibilizzazione al virus lanciata da diversi organismi cinesi, tra cui l’Ufficio municipale di cultura e turismo di Beijing e l’Unione dell’industria dell’animazione e del gioco della capitale. Cento di questi disegni saranno esposti in un prossimo festival [Nota di Tlaxcala]