General

INTERVISTA. «Unità palestinese contro l’apartheid di Trump»

Michele Giorgio 30 gennaio 2020
ACCORDO DEL SECOLO. Parla lo stimato politico palestinese Mustafa Barghouti: «La soluzione che gli americani offrono ai palestinesi è solo una enorme prigione».

Sit in di protesta alla Porta di Damasco a Gerusalemme est, sciopero generale a Gaza, manifestazioni e scontri a Ramallah, Abu Dis, Arroub, Fawar e altre località della Cisgiordania, con almeno 41 dimostranti feriti. Dirigenti di partiti politici, attivisti ed esponenti del Comitato esecutivo dell’Olp, hanno manifestato nella Valle del Giordano che il premier israeliano Netanyahu intende annettere al più presto a Israele.


Si intensificano le proteste palestinesi contro l’Accordo del secolo, il piano di Trump che confina i palestinesi in un minuscolo Stato-fantoccio senza sovranità. Dimenticati dal mondo, i palestinesi cercano in queste ore di ritrovare l’unità smarrita per rispondere con una sola voce agli Stati uniti. Ne abbiamo parlato con Mustafa Barghouti, leader del partito progressista Mubadara e tra i più autorevoli esponenti politici palestinesi in Cisgiordania.

State provando a raggiungere una posizione unita per fronteggiare il piano Trump. Riuscirete a superare la frattura tra le due principali forze, il Fatah e il movimento islamico Hamas?
Ritrovare l’unità nazionale e creare un fronte compatto è la reazione più intelligente al piano di Trump di creare, in collaborazione con Netanyahu, un sistema di apartheid legalizzato in questa terra. La nostra posizione dovrà essere ferma e rappresentare tutto il popolo palestinese. I colloqui vanno avanti e credo che siano stati fatti dei progressi significativi. Sono ottimista, ma un po’ tutto dipenderà dall’atteggiamento di Fatah e Hamas. Se queste due organizzazioni metteranno finalmente da parte le loro ambizioni di potere e capiranno che non può esserci potere reale per i palestinesi sino a quando resteranno sotto occupazione israeliana, allora sarà facile raggiungere l’unità nazionale.
Jared Kushner, l’inviato di Trump e uno degli architetti dell’Accordo del secolo, dice che i palestinesi sono dei professionisti nel non fare accordi. Non temete che altri capi di governo e di Stato, in Occidente come nel mondo arabo, adottino questa narrazione per mettervi sotto pressione e lanciarvi accuse. Gli Emirati arabi, solo per citarne uno, hanno applaudito con entusiasmo al piano Usa nello stesso momento in cui i palestinesi lo bocciavano. E l’Egitto vi suggerisce di leggere con attenzione la proposta di Trump.
Quella degli Emirati è stata una pugnalata alla schiena dei palestinesi, non riesco a trovare una espressione diversa per descrivere la scelta di Abu Dhabi. Però, dal mio punto di vista, la comunità internazionale sta reagendo al piano Usa così come ci aspettavamo. L’Onu, l’Unrwa, la Cina, la Russia, la Germania e altri paesi hanno ribadito che una soluzione per il popolo palestinese va realizzata in linea con le risoluzioni internazionali approvate negli ultimi anni. Penso che ci sia una consapevolezza globale rispetto al piano Usa. La questione è posta in termini molto chiari: da un lato c’è la libertà e dall’altro il sistema di apartheid che la Casa Bianca vorrebbe imporre ai palestinesi.
Quanto è credibile il rischio che tra i palestinesi si levino voci a favore dell’apertura di una trattativa con Israele sulla base dell’Accordo del secolo. Forse peseranno i 50 miliardi di dollari per lo sviluppo economico e sociale dei territori palestinesi di cui parla Trump.
Quei miliardi di dollari sono una invenzione, non esistono, sono solo sciocchezze. Lo sanno anche i bambini. Certo, qualche palestinese potrebbe mostrare interesse per il piano di Trump ma mi aspetto che lo facciano soltanto gli opportunisti e i collaborazionisti di Israele e Stati uniti. Perché è fin troppo evidente che la soluzione che gli americani offrono ai palestinesi è solo una enorme prigione.