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“La musica unisce ciò che il potere separa”. I Nidi d’Arac a Betlemme

Lorenzo Scategni 19 dicembre 2019
La band salentina si è esibita in un concerto-workshop con alcuni studenti del Conservatorio “Edward Said” di Beit Sahour, alle porte di Betlemme, nell’ambito di un progetto musicale e pedagogico tra Salento e Palestina.

Applausi a non finire per la band salentina Nidi D’Arac, protagonista a inizio dicembre di una serata che non dimenticheranno i suoi componenti e i tanti palestinesi accorsi ad ascoltarli al Conservatorio “Edward Said” di Beit Sahour (Betlemme).
Il gruppo ha aperto la serata con alcuni dei brani più recenti, come “La meju gioventù” e “Lu mare varcandu”, centrati sul tema sociale delle migrazioni, colme di malinconia ma allo stesso tempo di curiosità verso nuovi mondi e culture e speranze di “ignota fortuna”. Non sono mancati alcuni brani mirati a far conoscere agli studenti palestinesi la tradizione musicale salentina, la Taranta, con tutte le sue suggestioni intrise di memoria e di evoluzione.
Successivamente, i giovani palestinesi, insieme al loro insegnante Tamer Al-Sahouri, si sono esibiti con alcuni brani dellaloro tradizione musicale. Infine è cominciato il workshop vero e proprio e il connubio di tamburello salentino e kanoon, violino e oud, ha dimostrato ancora una volta che la musica è l’arte che più di tutte sa andare oltre le frontiere, le barriere culturali e qualsiasi altra forma di muro reale o immaginario fra i popoli.
Tutto è nato da un’idea del Comitato Dante Alighieri Betlemme-Ramallah e concordato insieme ai Nidi d’Arac. Il progetto prevede una serie di workshop e un grande concerto finale in occasione della rassegna “Betlemme 2020”.
“Il fine – spiegano gli organizzatori – è fornire ai musicisti palestinesi un esempio di come una tradizione musicale possa essere recuperata e rielaborata in chiavi più moderne e vicine alle nuove generazioni, così come è stato il lavoro di ricerca musicale portato avanti negli anni dai Nidi d’Arac”.
“L’esperienza è stata qualcosa di incredibile – ci confida Alessandro Coppola, frontman della band – Un po’ ci attendevamo un gusto musicale simile al nostro, ma ciò che ci ha sorpreso è stata la preparazione e il talento di questi giovani. Aver condiviso questi momenti è stata una vera gioia. In particolare aver suonato insieme una canzone (“Se tuerni”, ndr) scritta da me in un periodo particolare, nel quale l’Occidente si trovò a riscoprire l’Oriente, quando ci si rese conto che non si trattava, come si è voluto far credere, di un luogo di terroristi, ma di un mondo culturale e musicale affascinante.
E’ stato veramente emozionante sentire questi giovani palestinesi suonare con i loro strumenti musiche scritte tra Roma e Lecce. Personalmente ritengo l`esperienza molto positiva anche per il suo aspetto sociale. La cosa che ci ha colpito è aver toccato da vicino come il fatto che siano luoghi di tensione contrasti fortemente con la positività, gioiosità, disponibilità e apertura di questo popolo che, per come lo abbiamo conosciuto noi, ha una grande voglia di comunicare, scambiare e accogliere”.