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INTERVISTA. EGITTO. “Si protesta per le difficili condizioni di vita”

Maurizio Coppola 24 settembre 2019
Alla luce delle recenti manifestazioni anti al-Sisi che hanno portato all’arresto di centinaia di persone (tra cui la nota avocata e attivista dei diritti umani Mahienour el-Massry), abbiamo chiesto alla scrittore e giornalista Ahmad Zakaria un parere su quanto sta accadendo in questi giorni in Egitto.

Venerdì scorso in alcune città egiziane sono scesi in strada migliaia di egiziane ed egiziani per chiedere le dimissioni dell’attuale presidente al-Sisi. Le immagini viste in TV e nei giornali ci hanno fatto ricordare le proteste di 2011 e 2013. Il giorno dopo le manifestazioni si sono ripetute. Per capire meglio cosa sta succedendo in Egitto abbiamo parlato con Ahmad Zakaria, scrittore egiziano residente in Turchia.
Venerdì notte centinaia di egiziani sono scesi in piazza per chiedere le dimissioni di al-Sisi. Che cosa è successo esattamente?
Quel che è successo venerdì a Piazza Tahrir a Cairo, ma anche in tante altre piazze di altre città come Alessandria, Suez, Damietta e altre città è che migliaia di giovani si sono riuniti dopo una partita di calcio per chiedere il rovesciamento del regime egiziano. La cosa importante da notare è che le rivendicazioni portate in piazza non si sono limitate a chiedere semplicemente delle riforme, ma la partenza del regime. In questo senso le proteste sono state inaspettate. Ma le proteste sono state “preparate” prima. Mohamed Ali, un ingegnere edile, aveva chiamato a protestare in piazza per un’ora. Mohamed Ali è un uomo d’affari che ha lavorato per il militare egiziano per 15 anni, per poi lasciare il suo lavoro e fuggire in Spagna. Da lì, con dei video messaggi ha denunciato il fatto che il presidente e la sua moglie avevano speso milioni di sterline egiziane per costruzioni private. Sorprendentemente il presidente al-Sisi non ha negato queste accuse durante una conferenza della gioventù egiziana, dicendo che le costruzioni erano però per la Stato d’Egitto. Questa sua “confessione” ha fatto crescere la credibilità delle accuse di Mohamed Ali. Quindi quando lui ha chiamato a scendere in piazza, gli egiziani hanno seguito le sue parole. Ma non dobbiamo essere ingenui, le manifestazioni di venerdì non sono nate esclusivamente per causa dell’appello di Mohamed Ali, che degli analisti politici vedono vicino e sostenuto da alcune istituzioni del governo egiziano. La cosa importante è che il suo appello coincide con delle condizioni di vita e di lavoro difficili e di povertà per una larga fetta della società egiziana. Le proteste sono dunque strettamente legate alla realtà socio-economica.
L’ultima volta che gli egiziani sono scesi in piazza era nel 2013. Come si può descrivere il regime autoritario di al-Sisi degli ultimi 6 anni?
Nel 2013, gli egiziani non hanno manifestato per chiedere più democrazia, ma perché stavano capendo che i Fratelli Musulmani, al governo con l’allora presidente Morsi, stavano portando avanti le stesse politiche economiche del regime di Mubarak che il popolo egiziano aveva rovesciato nel 2011. Per quel che riguarda il regime di al-Sisi, ricordiamoci che la sua ascesa al potere è riuscita grazie ad un colpo militare e grazie al sostegno di alcune elite secolari oppositori dell’Islam politico. Il regime di al-Sisi ha prima schiacciato i Fratelli Musulmani, soprattutto nei massacri di Rabaa ed Ennahdha, e dopo ha perseguitato tutte le voci dissidenti provenienti da tutte le correnti politiche, sia di sinistra che liberali. Per quel che riguarda l’aspetto economico, l’era di al-Sisi è la peggiori nella storia egiziana dall’instaurazione della Repubblica. Il dominio del militare nell’economia supera il 50% e il militare conduce 2.300 progetti in tutto Egitto. Al-Sisi ha devalutato la sterlina egiziana, in questi anni il dollaro è venuto a costare 18 sterline quando prima ne costava 7. Queste politiche hanno portato ad un impoverimento degli egiziani. La sua retorica di lotta contro il terrorismo o altri pretesti non sono più credibili e il suo consenso è fortemente diminuito. Non ci dobbiamo scordare che al-Sisi ha venduto due isole all’Arabia Saudita, cosa che ha portato a larghe proteste contro di lui. Quindi si può dire che la forte repressione politica e la sua politica d’impoverimento delle classi popolari sono le reali ragioni che si nascondono dietro le attuali manifestazioni egiziane. L’appello di Mohamed Ali è stato semplicemente una scintilla che ha fatto esplodere le proteste.
Ma quindi chi è sceso in strada in questi giorni?
Sì tratta in primo luogo di giovani che si sentono distanti dalla politica e da tutte le ideologie religiose e politiche. Non è vero che i Fratelli Musulmani hanno partecipato alle proteste, anche perché loro si trovano o in carcere o fuori dal paese perché sono dovuti fuggire dalla repressione. Ma il regime egiziano sta provando a fare credere che le manifestazioni sono state organizzate dai Fratelli Musulmani, questo è semplicemente una bugia. Chi è sceso in piazza si trova tra i milioni di egiziani che subiscono la situazione socio-economica difficile e la repressione politica del regime. Abbiamo più di 60.000 prigionieri politici e condizioni economiche gravi, queste sono le ragioni per le quali gli egiziani hanno seguito l’appello di una persona non-politica come Mohamed Ali.
Cosa ci possiamo aspettare dai prossimi giorni?
Mi aspetto che le manifestazioni non si fermeranno. Anche se sarà possibile che ce ne saranno di meno, in ogni caso però andranno avanti, come si è visto già sabato e domenica in altre città come a Suez. Gli egiziani hanno rotto le barriere della paura malgrado l’oppressione che hanno vissuto in questi sei anni. La coesione interna oggi non è più così forte come lo era nel 2013, le istituzioni del regime non sono più così unite come ce lo vuole fare credere il presidente. Per quel che riguarda invece il livello estero, le forze che sostengono al-Sisi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi non sono più gli stessi di prima, anche per le tensioni createsi durante la guerra in Yemen, dove appunto gli Emirati Arabi si sono ritirati senza concordare questa mossa con l’Arabia Saudita. Tutte queste dinamiche ci fanno credere che l’Egitto può cambiare gradualmente nei prossimi tempi. Nena News
Ahmad Zakaria è un poeta, scrittore e giornalista egiziano che risiede in Turchia. I suoi articoli sono stati pubblicati da Sawt ultra e al-Modon on line. Ha all’attivo una raccolta di poesia dal titolo Jidaliyya (Edizioni alMahrousa)