Il campo anti-Netanyahu israleliano arde per un paese che non è mai esistito
Gideon Levy 13/09/2019 |
Molto prima degli attacchi di Netanyahu contro Channel 12, quasi tutti i media israeliani erano al servizio del governo.
Tradotto da Frammenti vocali in MO: Israele e Palestina
L’odio per Benjamin Netanyahu, che a volte è giustificabile e talvolta esagerato, evidenzia una tendenza provata e vera in Israele: il desiderio di ciò che era una volta e il desiderio di ciò che non è mai stato. Viviamo in un’epoca di competizione dove primeggia chi è più bravo a spaventare un pubblico descrivendo i disastri: uno stato governato dalla legge religiosa; la fine della democrazia; la fine dello stato; la fine del mondo.
Apocalisse ora e non c’è niente di più naturale che rendere affascinante il passato, glorificare ciò che non è mai stato. Israele il bello e il giusto prima che il mascalzone salisse al potere; la sua rovina dopo il suo regno di 13 anni.
La verità è che le cose andavano meglio prima di Netanyahu, ma non così bene come si dice. Oggi è peggio, ma non così male come suggeriscono i lamenti.
Israele ha sempre desiderato il suo passato e lo ha abbellito. Nel 1960, Hed Arzi Music pubblicò un doppio album, “Hayo Hayu Zmanim” (“Once Upon a Time: Israeli Hit Tunes of Yesteryear”), una registrazione dal vivo di un concerto tenuto al Mann Auditorium di Tel Aviv (ora Auditorium Bronfman). Dopo soli 12 anni lo stato desiderava già il suo passato. Sono stati i primi dischi nella maggior parte delle case israeliane. Li abbiamo suonati dozzine di volte in una raffica prematura di nostalgia. È così che ci hanno insegnato a perdere le cose giuste e a non sapere il resto. Sessanta anni dopo la canzone è la stessa: dicono che le cose erano felici qui prima che io nascessi, come ha scritto Yehonatan Geffen nella canzone cantata da Arik Einstein.
Oggi la nostalgia dell’inganno si concentra sulla democrazia esemplare, sui media liberi e sul glorioso secolarismo che qui prosperava una volta e non c’è più.
A causa di Netanyahu, ovviamente. Nei primi 18 anni dello stato c’era un governo militare all’interno dei suoi confini sovrani, imposto a una parte dei suoi cittadini unicamente a causa della loro identità nazionale.
Democrazia? Nemmeno per scherzo.
La carriera di molte persone dipendeva dal fatto di essere in possesso di una tessera del partito, molto prima che la politicizzazione fosse un argomento di discussione.
Per anni la Corte Suprema, nella sua vigliaccheria, ha evitato di prendere una decisione determinante sull’occupazione, molto prima del fatale ferimento dei guardiani. Gli arabi e la sinistra radicale erano soggetti a persecuzioni e sorveglianza che nessuno oserebbe condurre oggi. Allora Israele era uno stato dello Shin Bet, e le forze di difesa israeliane erano considerate molto più sacre di oggi.
Questo era molto prima di Netanyahu. Molto prima degli attacchi depravati del primo ministro contro Channel 12.
La maggior parte dei giornali erano portavoce del Governo. Il Comitato dei caporedattori, un’istituzione antidemocratica per definizione, controllava le informazioni che venivano trasmesse al pubblico, in vergognosa collaborazione con le autorità e il Censore militare cancellava e sopprimeva molto più di quanto non faccia oggi.
La maggior parte del giornalismo serviva una sola narrazione, nazionalista e patriottica, molto più di oggi.
Il massacro di Kafr Qasem del 1956 e il terribile massacro di massa nel villaggio giordano di Qibya nel 1953 furono per giorni nascosti al pubblico, con la complicità sottomessa della presunta stampa libera.
Prima di Netanyahu
Prima di Netanyahu non c’era secolarismo del tipo che oggi ha tanta paura di essere spazzato via.
Le scuole laiche della nostra infanzia erano molto più religiose di quelle odierne: versetti della Bibbia durante l’assemblea del mattino; kippa obbligatoria per i ragazzi di ogni classe della Bibbia e del Talmud; baciare la Bibbia se cadeva a terra, la Torah in seconda elementare, il tutto in quel bastione del secolarismo, Tel Aviv.
La città era sigillata durante lo Shabbat, molto più di quanto lo sia oggi. Film nello Shabbat? La drogheria d’angolo? Un centro commerciale? A malapena una farmacia aperta ai margini della città.
Molto prima della religionizzazione di oggi.
Netanyahu ha distrutto e fatto danni, ma non è stato il primo.