General

LIBANO. Beirut colpisce due droni israeliani a sud

Stefano Mauro 29 agosto 2019
Dopo l’attacco di domenica scorsa da parte di Israele su Beirut, si alza la tensione: per la prima volta dal 2006 violato il tacito patto di non aggressione tra Tel Aviv e il Paese dei Cedri.

“Una dichiarazione di guerra”. In questa maniera il presidente della repubblica libanese, il maronita Michel Aoun, ha qualificato l’attacco di domenica su Beirut con due droni da parte di Tel Aviv. Toni accesi e dichiarazioni simili anche da parte del primo ministro, il sunnita Saad Hariri, che ha affermato alla stampa libanese la necessità “di una risposta alle recenti aggressioni israeliane”, visto che anche ieri l’esercito libanese ha colpito altri due droni israeliani nella zona di confine.
Come riporta il canale libanese Nbn, sempre Hariri ha duramente replicato al ministro degli Affari Sociali, Richard Kayomija, legato alle Forze Libanesi di Samir Geagea (partito che, insieme alle Falangi, resta un solido alleato dell’Arabia Saudita e di Israele in Libano), che si lamentava della dura presa di posizione del governo libanese nei confronti di Tel Aviv.
In conferenza stampa Aoun ha evidenziato la sua “paura” riguardo ad una possibile escalation militare a causa delle “continue e sempre più minacciose aggressioni israeliane con l’obiettivo di far degenerare la situazione e destabilizzare il paese”. “Ho sempre ripetuto che il Libano non tirerà un solo colpo contro Israele, se non per difendersi – ha continuato il presidente maronita – ma quello che è avvenuto in questi giorni, ci permette e ci spinge ad esercitare questo diritto”.
Visti i toni durante il consiglio dei ministri di ieri, è servito a poco il messaggio inviato ad Hariri dal segretario di Stato americano, Mike Pompeo, per evidenziargli la “necessità di evitare che la situazione degeneri in un conflitto con Tel Aviv”.
In un comunicato ufficiale, Hezbollah ha affermato che i due droni caduti nei cieli di Beirut avevano l’obiettivo non di “spiare” obiettivi sensibili, ma di colpire, visto che “uno dei due velivoli conteneva circa 5 kg di esplosivo di tipo C4”. Domenica scorsa, poche ore dopo l’attacco israeliano a Beirut, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha dichiarato che “Hezbollah risponderà a questo attacco suicida che rappresenta la prima aggressione israeliana diretta contro la Resistenza libanese dalla guerra del 2006”.
“Da oggi abbatteremo qualsiasi velivolo israeliano che entri nel nostro spazio aereo – ha continuato Nasrallah – visto che questi droni non sono utilizzati più per lo spionaggio, ma sono mezzi suicidi per portare attacchi contro di noi, così come è avvenuto in Iraq”.
Secondo molti analisti, in effetti, l’attacco con i droni di Tel Aviv stabilisce una nuova equazione nei rapporti di forza tra Israele ed Hezbollah. Durante questi 13 anni, infatti, l’equilibrio di forza era legato al “tacito accordo” di non colpirsi nei rispettivi territori – Libano ed Israele – con attacchi diretti contro obiettivi militari.
L’unico terreno di confronto era lungo il confine nei territori occupati libanesi delle Fattorie di Shebaa, che sono stati teatro di frizioni e attacchi anche in questi anni. Sul quotidiano Rai Al Youm l’analista palestinese Kamal Khalaf ha scritto che “questo fragile equilibrio dopo il 25 agosto si è rotto e pone Hezbollah nella posizione di dover scegliere se sottomettersi ad un’aggressione permanente da parte israeliana o se rispondere militarmente”.
Una parte dell’opinione pubblica israeliana, che considera il nemico Nasrallah sempre “concreto e veritiero” nelle sue affermazioni, critica l’atteggiamento aggressivo e la superficialità dei recenti attacchi israeliani in Iraq e in Libano. Secondo il quotidiano Haaretz, come scritto da Amos Harael, la scelta di Netanyahu di colpire diversi obiettivi in tutta l’area (Iraq, Siria, Libano e Gaza) per mostrare ancora la “forza militare di Israele”, potrebbe, al contrario, “portare ad un conflitto su diversi fronti con esiti non scontati”.
Martedì 27 agosto, come riportato da Al Jazeera, in un comunicato tutte le fazioni della Resistenza palestinese di Gaza hanno dichiarato che, in caso di un conflitto tra Israele ed Hezbollah, “entreranno in guerra contro il regime sionista”. Dichiarazioni dello stesso tono per quanto riguarda le Hashed Shaabi irachene o Unità di Mobilitazione Popolare che sono state oggetto di attacchi, sempre con droni, da parte del governo di Tel Aviv la scorsa settimana.
Per numerosi esperti israeliani, la risposta di Hezbollah è una questione di tempo.“Nasrallah ha affermato che Hezbollah colpirà a tempo debito – ha dichiarato il cronista militare Alon Ben David al canale israeliano Channel 13 – Questo significa che il partito sciita sta già pianificando una risposta che sarà dolorosa e umiliante per il nostro esercito”.
Sempre secondo Haaretz, “la risposta di Hezbollah arriverà nei prossimi giorni e molto probabilmente sarà contro obiettivi militari, all’interno di Israele o sul Golan, in maniera da far comprendere a Netanyahu quali sono le capacità militari e la precisione nel colpirci”. Minacce che sono state prese in grande considerazione dall’esercito israeliano visto che, come riporta il canale libanese Al Mayadeen, lungo la frontiera con il Libano “sono totalmente scomparse le pattuglie militari israeliane e tutte le postazioni sono in stato di massima allerta”.