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TURCHIA. Alto Comitato elettorale: municipali a Istanbul da ripetere

Roberto Prinzi 7 maggio 2019
Lo Ysk cede alle pressioni del presidente Erdogan e del suo partito Akp e indice una nuova votazione in città per il prossimo 23 giugno. Il partito repubblicano Chp, che aveva vinto per 13.000 voti, parla di decisione figlia di una “evidente dittatura”.

Dopo più di un mese di pressioni, alla fine il presidente turco Erdogan può tirare un sospiro di sollievo: a Istanbul si rivoterà per eleggere il nuovo sindaco della città. L’Alto comitato elettorale (Ysk), infatti, ha deciso che le municipali nella megalopoli turca – che il 31 marzo scorso avevano visto vincente per 13.000 voti il candidato repubblicano (Chp) Imamoglu – dovranno essere ripetute il prossimo 23 giugno.Non solo: lo Ysk ha anche stabilito che sarà aperta una inchiesta contro i funzionari distrettuali del comitato elettorale che hanno nominato gli ufficiali delle urne. La decisione di annullare la votazione e di ordinarne una nuova è stata presa al termine di una riunione dell’Ysk nella capitale Ankara in cui si è riesaminato il “ricorso straordinario” contro i risultati delle municipali avanzato dall’Akp ad aprile.
Secondo quando ha affermato Recep Ozel, il rappresentante del partito di Erdogan (Akp) all’interno del comitato, la sentenza di ieri si basa sui risultati di alcuni documenti non firmati e su alcuni ufficiali alle urne che non erano impiegati statali. Motivazioni che non convincono però le forze d’opposizione: l’annuncio dato ieri dal comitato ha infatti scatenato subito la proteste dei kemalisti del Chp che hanno parlato di scelta figlia di una “chiara dittatura”.Kati Piri, l’inviato turco al Parlamento europeo, è durissimo: “[Quanto stabilito] pone fine alla credibilità della transizione democratica del potere in Turchia attraverso le elezioni”. Ma contrari al verdetto del comitato sono anche numerosi cittadini che ieri sono subito scesi in piazza a protestare in alcuni distretti di Istanbul a colpi di pentole e padelle.
Sin da quando erano apparsi i primi risultati in città, il partito di Erdogan aveva gridato a “brogli” e “irregolarità”. Del resto la perdita della città era stato un vero e proprio shock per il presidente e i suoi fedelissimi: oltre alla sua enorme importanza politica, Istanbul è anche la città dove il “Sultano” ha mosso i suoi primi passi in politica (è stato anche suo sindaco negli anni ‘90). Secondo molti analisti, la sua sconfitta qui – e ad Ankara dove ha vinto sempre un candidato del Chp – è stata emblematica della debacle elettorale incassata dall’Akp alle municipali. Alcuni commentatori si sono spinti oltre arrivando addirittura a definire i risultati delle elezioni di fine marzo una “pagina nuova” nella storia del Paese.Un’affermazione per la verità un po’ eccessiva visto che l’alleanza tra gli islamisti e i nazionalisti del Mhp ha comunque vinto le elezioni e che l’Akp si è confermato nettamente il principale partito del Paese. Ma che tuttavia sottolinea un dato inequivocabile: la netta perdita di consenso nel Paese del partito di governo nel Paese.
Una diminuzione di popolarità che deriva soprattutto dalla grave crisi economica che vive la Turchia: in un anno la lira turca è scesa del 30%, l’economia è in recessione, l’inflazione è vicina al 20%, la disoccupazione al 15%. Ieri la valuta nazionale ha raggiunto il punto più basso da oltre un mese a questa parte (una lira turca è pari a 6,1 dollari) confermando così il trend negativo che va avanti da tempo. E che continuerà sicuramente nelle prossime settimane: il nuovo appuntamento elettorale a Istanbul deciso ieri non aiuterà infatti gli investitori che già temono altre settimane di campagna elettorale che distoglieranno fondi, attenzioni e energie dalle sfide economiche a cui il Paese deve dare assolutamente risposta. Non ha dubbi a riguardo Timothy Ash della Bule Bay Asset Management che alla Reuters ha detto: “[Il nuovo voto] danneggia la percezione della Turchia come democrazia e renderà l’economia turca vulnerabile, causando così rischi alla stabilità finanziaria nel periodo di luglio”. A complicare il quadro ci sono poi le tensioni crescenti tra Ankara e Washington per l’acquisto da parte turca del sistema di difesa missilistico russo S-400 che, scrive qualche analista, potrebbe addirittura spingere gli Usa ad imporre sanzioni contro il suo alleato della Nato.
Nel Paese, intanto, domina l’incertezza. Non è chiaro infatti come il Chp, la principale forza politica d’opposizione, reagirà a quanto deciso ieri da un ente come lo Ysk da tempo fortemente criticato per la sua mancanza d’indipendenza rispetto al governo a trazione Akp. Secondo quanto dichiarato ad Arti Tv da un membro della formazione kemalista, Mehmet Bakaroglu, la compagine politica di Erdogan avrebbe fatto pressioni e minacciato i giudici del Comitato elettorale con il carcere qualora questi avessero votato contro la rielezione. “E’ illegale vincere contro l’Akp” ha scritto ironicamente su Twitter il vicepresidente del Chp Onursal Adiguzel che poi ha aggiunto: “Questo sistema che annulla la volontà del popolo e ignora la legge non è né democratico, né legittimo”. Durissimo il commento di Ekrem Imamoglu, che era stato eletto sindaco lo scorso mese dopo un riconteggio dei voti. “Vergogna allo Ysk. Sono posti sotto pressione politica dal primo giorno” ha detto a centinaia di suoi sostenitori poco tempo dopo la pubblicazione della sentenza.
Un verdetto che in fondo non sorprende più di tanto: sabato il presidente Erdogan era ritornato sulla questione Istanbul dicendo che “è chiaro” che il voto in città è stato controverso e aveva invitato il Comitato “a ripulire il suo nome” con una nuova votazione. Detto, fatto: il “Sultano” può dirsi ora accontentato.