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OPINIONE. Netanyahu proclamerà uno Stato di apartheid. E l’Occidente?

Gideon Levy 6 maggio 2019
I leader mondiali saranno costretti ad ammettere che, sotto il loro naso, è stato proclamato un secondo Stato di apartheid di tipo sudafricano.

Il mondo gira intorno al proprio asse, nulla è cambiato, nemmeno dopo le recenti elezioni in Israele. Eletto alla guida di Israele per la quinta volta, Benjamin Netanyahu si appresta a formare il governo più nazionalista e di destra della storia israeliana e, nel frattempo, il mondo sembra andare avanti come sempre.
Da decenni, Israele continua a sputare in faccia al resto del pianeta, con disinvolto sprezzo del diritto internazionale e con totale disinteresse per le decisioni chiare e le politiche circostanziate adottate dalle istituzioni internazionali e dalla maggior parte dei governi nazionali del mondo.
Là fuori, nel mondo, tuttavia, tutta questa saliva viene stranamente scambiata per pioggia. Le elezioni sono arrivate e sono passate senza alcun effetto rilevante sul sostegno cieco e automatico a Israele da parte dei governi europei e, ovviamente, anche degli americani: incondizionato, senza riserve, apparentemente invariato. Evidentemente ciò che è stato è quel che sarà.
Israele, tuttavia, è cambiato durante il lungo regno di Netanyahu. Questo talentuoso statista israeliano lascerà il segno sul profilo del proprio Paese, con profondi e durevoli effetti, più di quanto era prevedibile, se non addirittura evidente. Sì, è vero, anche i governi di sinistra in Israele hanno fatto del loro meglio per preservare l’occupazione all’infinito, e non hanno mai avuto l’intenzione, neanche per un momento, di metterle fine, ma Netanyahu sta portando Israele molto più lontano, a punti ancor più estremi.
Sta compromettendo quel che rappresenta un governo accettabile nel territorio sovrano riconosciuto di Israele, anche rispetto ai suoi cittadini ebrei. L’ “unica democrazia del Medio Oriente”, che ha funzionato a lungo, a beneficio degli ebrei israeliani che ne compongono la classe privilegiata, sta cambiando volto per mano di Netanyahu e soci.
L’amato bene dell’Occidente
Nel frattempo, incredibilmente, la risposta del mondo è mantenere invariato il sostegno dimostrato a Israele in tutti questi anni di governo Netanyahu, come se in quest’ultima fase lui non stesse modificando niente, come se il cambiamento di posizione di Israele non mettesse in discussione né facesse affievolire quel sostegno.
Con o senza Netanyahu, Israele resta l’amato bene dell’Occidente. Nessun altro Paese gode dello stesso grado di sostegno militare, economico, diplomatico e morale, senza condizioni. Ma la prossima amministrazione israeliana, il quinto governo Netanyahu, è pronto ad annunciare un cambiamento che il mondo farà finalmente fatica a ignorare.
Il nuovo governo è pronto a togliersi l’ultimo strato della maschera che gli copre il volto. La principale risorsa di Israele, il suo dipingersi come democrazia liberale che condivide i valori cari all’Occidente, sta per essere demolita.
L’Occidente, allora, continuerà a sostenerlo? L’Occidente, che chiede alla Turchia di adottare cambiamenti radicali prima di accettarne la piena ammissione, che impone sanzioni alla Russia dopo l’invasione della Crimea, questo Occidente continuerà a sostenere la Nuova Repubblica di Israele che Netanyahu e i suoi compari di governo si apprestano a inaugurare?
Un cambiamento radicale
Il grado di cambiamento previsto non va sottovalutato. Israele cambierà aspetto. Se i governi precedenti hanno appiccato dei fuochi, questo alimenterà l’incendio, facendolo propagare. Il sistema giudiziario, i media, le organizzazioni che difendono i diritti umani e i diritti degli arabi in Israele si sentiranno sui carboni ardenti.
Gli editoriali sui media israeliani verranno presto censurati per legge, se criticano l’esercito israeliano, per esempio, o se sostengono il boicottaggio di Israele. L’aeroporto Ben-Gurion, probabilmente, vieterà gli ingressi in modo generalizzato a chi critica il regime israeliano. Le organizzazioni della società civile verranno private del loro status giuridico. Gli arabi verranno emarginati ancor più pesantemente in vista della realizzazione di quell’idea di Stato ebraico in cui tutti i legislatori sono ebrei. E ovviamente, in attesa dietro le quinte, c’è l’annessione.
Il nuovo governo sarà il governo dell’annessione israeliana. Se il preannunciato appoggio da parte di Washington arriverà davvero – il riconoscimento americano dell’annessione delle Alture del Golan era il primo passo, il ballon d’essai – allora Netanyahu farà il passo che ha evitato di fare fin’ora durante il suo dominio. Annuncerà l’annessione, almeno parziale, dei Territori Occupati.
Il significato sarà inequivocabile: Israele ammetterà per la prima volta che l’occupazione della Cisgiordania, che va avanti da 52 anni, è destinata a continuare; che non è, al contrario di quanto sempre sostenuto, un fenomeno passeggero. 
Drastici cambiamenti politici
I Territori non sono “merce di scambio” nei negoziati di pace, come si era sostenuto all’inizio dell’occupazione, ma piuttosto proprietà coloniali destinate a restare per sempre sotto dominio israeliano. Non vi è alcuna intenzione di restituire ai palestinesi i territori ora annessi, che potrebbero poi espandersi.
Così, il nuovo governo Netanyahu proclamerà due drastici cambiamenti politici. Primo, sarà messa fine alla soluzione dei due Stati, che anche Netanyahu aveva sostenuto e verso la quale tutti i leader mondiali si sono dichiarati favorevoli. Quell’opzione verrà dichiarata morta. Contemporaneamente, Israele si autoproclamerà Stato di apartheid, non solo di fatto, ma adesso, per la prima volta, anche per legge.
Dal momento che nessuno, tra coloro che privilegiano l’annessione, intende garantire uguali diritti ai palestinesi nei territori che verranno annessi, e dal momento che l’annessione mirata della terra sulla quale si trovano gli insediamenti è palesemente illegale, gli statisti del mondo saranno costretti ad ammettere che, sotto il loro naso, nel XXI secolo, è stato proclamato un secondo Stato di apartheid di tipo sudafricano.
L’ultima volta che è successo, un regime di apartheid è stato miracolosamente abbattuto senza un totale bagno di sangue. Il mondo, questa volta, si unirà compatto per replicare? 
Quale Israele state ancora sostenendo? 
Questa domanda dev’essere posta prima di tutto ai leader europei, da Angela Merkel a Emmanuel Macron, inclusa Theresa May, a tutti i leader dell’Unione Europea. Hanno ripetuto all’infinito il mantra che il loro sostegno a Israele e al suo diritto di esistere in sicurezza è fermo e immutabile.
Hanno sempre dichiarato il loro sostegno alla soluzione negoziata dei due Stati. Quindi oggi chi sostenete? Cosa sostenete? Quale Israele, esattamente? In che mondo pensate di vivere? Forse in un mondo dei sogni che evidentemente vi pare confortevole, ma che ha sempre meno appigli con il mondo reale.
L’Europa sarà in grado di continuare a sostenere che Israele condivide i propri valori liberali, quando in Israele le organizzazioni della società civile vengono messe al bando? Quando più o meno tutti i politici sionisti, in Israele, dichiarano di non avere assolutamente nulla da discutere con i legislatori arabi eletti in parlamento?
Provate a immaginare un diplomatico europeo che dichiara che i membri ebrei del suo parlamento nazionale non possono prendere parte a nessuna discussione politica. O un diplomatico europeo che dichiara che i cittadini ebrei del suo Paese sono traditori e una quinta colonna. 
Questo genere di cose è politicamente corretto in Israele, tra i partiti. E che dire della libertà di parola, così sacra nel dibattito europeo, quando l’Indice della Libertà di Stampa di Reporter Senza Frontiere ha già classificato Israele all’ottantottesimo posto, dietro Albania, Kyrgyzstan e all’Ungheria di Victor Orban?
Questo è l’Israele che state sostenendo. 
La soluzione dei due Stati è morta
Anche il sostegno automatico dell’Occidente alla soluzione a due Stati dev’essere aggiornato. Davvero credete, cari statisti e statiste, che questo Israele abbia qualche vaga intenzione di mettere in pratica tale soluzione?
C’è mai stato anche un solo politico israeliano che abbia voluto, o potuto, trasferire 700.000 coloni, inclusi quelli di Gerusalemme Est? Credete che senza l’abbandono di tutti gli insediamenti, il che rappresenta un minimo di giustizia per i palestinesi, ci sia una qualche possibilità che tale soluzione possa prendere piede e diventare realtà?
Si potrebbe osservare che la maggior parte di quei diplomatici occidentali che sono ben informati su ciò che sta succedendo sapesse già da tempo che tale soluzione è morta, ma nessuno di loro ha il coraggio di ammetterlo. Ammetterlo richiederebbe loro una revisione delle posizioni sul conflitto in Medio Oriente, incluso il sostegno all’esistenza di uno Stato ebraico.
Con l’avvento del nuovo governo Netanyahu, il mondo occidentale non può semplicemente continuare a far finta di niente e a sostenere che va tutto bene. Niente va bene. Quindi, ora la domanda è: siete pronti ad accettare questa situazione? Rimarrete zitti, muti, darete il vostro supporto e farete finta di niente di fronte alla realtà?
Quelli tra voi che sono più preoccupati per il futuro di Israele dovrebbero essere i primi a svegliarsi e trarre le dovute conclusioni. In effetti, ogni persona di coscienza dovrebbe farlo.
Traduzione di Elena Bellini