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ARABIA SAUDITA. Sciiti giustiziati dopo confessioni estorte, Trump resta in silenzio

Michele Giorgio 29 aprile 2019
Il silenzio della Casa Bianca non si è rotto neppure dopo la presa di posizione della commissione governativa sulla libertà religiosa che ha esortato il Dipartimento di Stato «a smettere di dare un perenne lasciapassare» al regno dei Saud.

Non un commento, non una parola. Donald Trump continua a restare in silenzio davanti all’esecuzione – un vero e proprio bagno di sangue – avvenuta la scorsa settimana nell’alleata Arabia saudita, di 37 cittadini accusati di “terrorismo”, la maggior parte dei quali appartenenti alla minoranza sciita, oppressa dalle autorità sunnite wahhabite. Uno dei giustiziati, Khaled Abdulkarim Saleh Al Tuwaijri, è stato crocifisso e il suo corpo, e pare anche quello di un altro condannato, è stato esposto in pubblico con la testa infilzata in una picca. Tra coloro che sono stati decapitati non figura nessuno dei responsabili del brutale assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, strangolato e fatto a pezzi nel consolato saudita a Istanbul lo scorso 2 ottobre. Una eliminazione di cui il principe ereditario Mohammad bin Salman è considerato il mandante. Un’accusa che sostiene anche la Cia ma che Trump ha ignorato.
Il silenzio della Casa Bianca non si è rotto neppure dopo la presa di posizione della commissione governativa statunitense sulla libertà religiosa che ha esortato il Dipartimento di stato «a smettere di dare un perenne lasciapassare» al regno dei Saud, alla luce anche del suo rapporto annuale che classifica l’Arabia Saudita tra «i paesi di particolare interesse» per le violazioni della libertà religiosa contro i quali Washington attua misure punitive. «L’esecuzione da parte del governo saudita di musulmani sciiti sulla base della loro fede non è solo scioccante ma contraddice anche la narrazione del governo di lavorare per il miglioramento delle condizioni attuali di libertà religiosa», ha dichiarato il presidente della commissione, Tenzin Dorjee.
Inutile farsi illusioni. Trump, più dei suoi predecessori, continuerà ad accordare totale impunità e immunità all’Arabia saudita responsabile di gravissime violazioni di diritti umani e politici. Riyadh è un pilastro dell’ordine mediorientale a danno di Iran, Siria e palestinesi proposto dall’“Accordo del secolo”, il piano che l’Amministrazione Usa dovrebbe annunciare a giugno. Un nuovo ordine che vedrà dominanti nella regione Israele e, appunto, Arabia saudita. Senza dimenticare la vendita ai Saud di armi di fabbricazione americana per dozzine di miliardi di dollari.
Non servirà a far cambiare idea al presidente la notizia, diffusa dalla Cnn, che dozzine di cittadini messi a morte nei giorni scorsi avevano denunciato, nel corso dei processi, di essere stati brutalmente torturati e costretti a confessare durante gli interrogatori di aver attaccato impianti di sicurezza con esplosivi, di aver ucciso agenti di polizia e di aver collaborato con «organizzazioni nemiche» contro gli interessi del paese. Gli atti processuali ottenuti dalla Cnn, rivelano che uno dei giustiziati, Mohammed al Musallam, aveva riferito alla corte di aver subito percosse e lesioni multiple mentre veniva interrogato dagli uomini dei servizi di sicurezza. «Nella mia confessione non c’è niente di vero. Ci sono referti medici dell’ospedale di Dammam e chiedo che siano presi in esame poiché dimostrano le conseguenze delle torture sul mio corpo», aveva detto invano ai giudici. Anche Munir al Adam, un ragazzo di 27 anni parzialmente cieco e sordo, aveva smentito di aver confessato: «Non sono le mie parole, non ho scritto un sola lettera, l’ha fatto la persona che mi ha interrogato». Mujtaba al Sweikat, che aveva solo 17 anni al momento dell’arresto nel 2012, dopo aver partecipato a delle proteste. «È stato sottoposto ad abusi che gli hanno tolto ogni forza. Mio figlio ha firmato la confessione per fermare le torture che stava subendo», ha raccontato il padre. Sweikat si stava preparando a partire per gli Stati Uniti, dove era stato ammesso alla Western Michigan University, quando venne arrestato all’aeroporto e posto in isolamento totale per 90 giorni.
L’anno scorso il regno dei Saud ha eseguito 149 condanne a morte. Alcuni ricordano che il vicino Iran ha giustiziato un numero più elevato di persone nel 2018 ma l’Amministrazione Usa mentre condanna le politiche interne e nella regione di Tehran, resta in silenzio di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani dell’Arabia saudita, impegnata inoltre in una sanguinosa campagna militare in Yemen costata la vita a migliaia di civili.