La strage in Nuova Zelanda prova che il razzismo dilaga ovunque. Ormai non si può più minimizzare
Fabio Marcelli 18 Marzo 2019 |
La peste razzista dilaga ovunque nel mondo, prendendo varie forme (contro gli immigrati, gli islamici, gli ebrei, ecc.).
Del resto di che stupirsi se ai vertici della principale potenza mondiale c’è un razzista come Donald Trump, mentre suoi imitatori più o meno fortunati prosperano elettoralmente in varie nazioni dell’Occidente, inclusa la nostra? La strage di Christchurch (49 vittime) è stato solo l’ultimo di una serie di episodi. Come al solito c’è chi minimizza, parlando di pazzi isolati. Sappiamo che non è così. Non si pianifica, organizza ed esegue una strage con un commando dotato di armi automatiche, esplosivi, telecamere e finanche un manifesto ideologico di 75 pagine, contando solo su di un drappello formato da qualche squilibrato.
I terroristi assassini di Christchurch inneggiavano fra gli altri a Luca Traini e Anders Breivik e il loro manifesto contiene concetti come quello dell’”invasione” degli stranieri, specie se islamici, che da noi la Lega si affanna a propagandare da tempo, facendone una delle basi della sua resistibile ascesa elettorale, dato che si tratta di concetto atto a penetrare in chi cerca un capro espiatorio cui addebitare le proprie ansie più o meno fondate.
Ci sono oggi organizzazioni collegate sul piano internazionale che hanno punti di riferimento precisi, ad esempio in Steve Bannon, già ideologo di Trump che ha teorizzato la precedenza per i bianchi, versione globale del “prima gli italiani” di salviniano conio e che ha invitato più volte i suoi seguaci di non curarsi delle accuse di razzismo, le quali sarebbero, secondo lui, solo una reazione impotente al fatto che loro, i razzisti, starebbero vincendo. Del resto, fra i personaggi simbolici evocati dai terroristi di Christchurch ci sono proprio Traini, che fu candidato della Lega al consiglio comunale di Corridonia, e Breivik, che dopo la sua impresa terroristica costata ben 77 vittime ha ricevuto la comprensione di un personaggio storico della stessa Lega come Mario Borghezio.
Il razzismo, come già in altre epoche storiche, funge del resto in modo egregio da cemento ideologico per forze che non hanno la minima intenzione di mettere in discussione l’ingiusto sistema politico, economico e sociale vigente, al cui interno invece si trovano molto bene, salvo indirizzare l’ira dei settori più deboli verso i diversi.
E’ noto come Bannon non solo non venga perseguito per le sue teorie razziste, ma abbia addirittura acquisito un’abbazia storica, quella di Trisulti, vincendo un bando al tempo di Dario Franceschini e senza che oggi ovviamente Salvini e Di Maio, da lui incensati senza esitazioni e interruzioni, muovano un dito per impedire che un pezzo del patrimonio storico italiano cada in mano a un’organizzazione come quella che Bannon dirige, paradossalmente intitolata alla dignità umana, ma che in realtà con le sue teorizzazioni e le sue azioni umilia ogni giorno questa dignità, negandola a chi non risponda a determinati parametri “razziali” o culturali.
Di fronte al fallimento storico della sinistra, che per colpa di personaggi come Renzi, D’Alema e dei loro omologhi negli altri Paesi occidentali non è più in grado di dare espressione al malcontento sociale e alla rabbia degli esclusi, la peste razzista si diffonde specialmente nei tessuti popolari. Del resto anche il capo degli assassini di Christchurch si proclama né di destra né di sinistra.
L’indispensabile e inevitabile riscossa della sinistra passa invece, oltre che dalla capacità di dare un taglio netto con i personaggi che ne hanno provocato l’eclisse, da un pieno recupero delle tematiche dell’antirazzismo e dell’antifascismo. Gli organi dello Stato, a cominciare da polizia e magistratura, devono operare senza indugio per mettere le organizzazioni razziste nell’impossibilità di commettere ulteriori crimini, così come per colpire, dando attuazione alla Costituzione, coloro che si ispirano al regime fascista. Qualora ciò non dovesse bastare, occorre capire che, come ci insegnano le nuove leve della sinistra statunitense, la principale legittima difesa è quella che va organizzata e compiuta nei confronti dei razzisti, operando su tutti i terreni opportuni, a cominciare da quello culturale.