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ISRAELE. Deportata attivista ebrea americana Ariel Gold, direttrice di Code Pink

Nena News, 02 lug 2018

Gold
aveva organizzato la sua visita in anticipo con le autorità israeliane ma è
stata ugualmente deportata. Avrebbe dovuto partecipare a un corso di studi
dell’università ebraica di Gerusalemme ma all’aeroporto di Tel Aviv le hanno
contestato l’intenzione di voler svolgere attività a sostegno del Bds 
Ariel
Gold durante la sua visita a Hebron
  

Gerusalemme – Il movimento sionista e i fondatori di Israele hanno
ripetuto per decenni, e lo ripetono ancora, che lo Stato di Israele è sorto per
accogliere tutti gli ebrei di ogni parte del mondo. Tutti proprio no. Tutti ad
eccezione degli ebrei che non approvano le politiche nei confronti dei
palestinesi ed esprimono aperto dissenso in campo internazionale. E’ questo il
caso di Ariel Gold, notissima attivista americana di Code Pink, alla quale ieri
è stato impedito di entrare nel paese ed è stata espulsa.
“Sono
all’aeroporto di Tel Aviv e mi stanno deportando. Avevo ottenuto un visto
(d’ingresso) in anticipo ma si rifiutano di onorarlo e mi stanno deportando”
ha scritto questa mattina Gold su Facebook.
L’attivista
aveva organizzato la sua visita in anticipo con le autorità israeliane, ma è
stata comunque deportata. Avrebbe dovuto partecipare ad un seminario e un corso
di studi dell’università ebraica di Gerusalemme ma all’aeroporto le hanno
contestato l’intenzione di voler svolgere attività a sostegno del Bds il
movimento internazionale di boicottaggio di Israele per le sue politiche verso
i palestinesi sotto occupazione. Gold era già venuta in passato in Israele e
durante una visita a Hebron, nei Territori palestinesi occupati, era stata
duramente contestata dai coloni ebrei insediati nella città e arrestata dai
militari israeliani.
Code Pink
è un’organizzazione di donne statunitensi che si battono contro il militarismo,
l’uso dei droni militari contro i civili e per i diritti civili nel loro Paese.
In Medio Oriente, Code Pink appoggia la lotta dei palestinesi per la libertà e
l’indipendenza e aderisce al Bds. Per questa ragione nei mesi scorsi è stata
inserita nell’elenco di organizzazioni “ostili” colpilato dalle autorità
israeliane.
Di
seguito pubblichiamo un articolo scritto da Michele Giorgio per il quotidiano
Il Manifesto all’inizio di quest’anno  e pubblicato anche da Nena
News,  sul rilascio da parte di Israele di una lista nera di
organizzazioni che sostengono il movimento Bds nella quale è stata inserita
anche Code Pink.
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di
Michele Giorgio
il Manifesto
Gerusalemme,
10 gennaio 2018, Nena News – Ha risposto subito alla nostra mail Ariel Gold,
direttrice di Code Pink, organizzazione statunitense di donne che si batte
contro la guerra e il militarismo americano. Da anni Code Pink porta avanti una
campagna incessante contro l’impiego dei droni e di denuncia dell’uccisione di
migliaia di civili in Asia e Medio Oriente da parte degli Usa nella cosiddetta
“guerra al terrorismo”. In Medio oriente Code Pink chiede giustizia, libertà e
diritti umani per i palestinesi sotto occupazione israeliana.
«Siamo
sconvolti ma non sorpresi – scrive Ariel Gold al manifesto – del rilascio da
parte di Israele di una lista nera di organizzazioni che sostengono il
movimento Bds per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni in nome dei
diritti dei palestinesi». Gold è una ebrea e la sua famiglia vanta una storia
antica e importante – è una discendente del rabbino Joseph Karo autore nel XIV
secolo del “Shulchan Aruch” – ma è anche un’antisionista e oppositrice delle
«politiche repressive di Israele nei confronti dei palestinesi». Un anno fa, racconta,
mentre a Hebron denunciava la condizione di migliaia di palestinesi nella zona
H2 della città fu aggredita da alcuni coloni israeliani che le urlarono di
«andare ad Auschwitz».
Dal 1
marzo Ariel Gold, le sue compagne di Code Pink e gli attivisti e membri di
altre 19 organizzazioni e ong in tutto il mondo sostenitrici del Bds, non
potranno più entrare in Israele e nei Territori palestinesi occupati. Non
avranno più modo di farlo perché chiedono il boicottaggio internazionale di
Israele sino a quando i diritti politici e umani dei palestinesi non saranno
osservati e realizzati. Secondo il governo Netanyahu, e in particolare il
ministro per gli affari strategici Gilad Erdan, il Bds non contesterebbe le
politiche di Israele ma intenderebbe «delegittimarlo».
«Le
organizzazioni di boicottaggio hanno bisogno di sapere che Israele agirà contro
di loro e non permetterà loro di entrare nel suo territorio per danneggiare i
suoi cittadini. Siamo passati dalla difesa all’offesa» ha avvertito domenica
Erdan, al quale è stato assegnato un budget di 75 milioni di dollari per
combattere il Bds ovunque nel mondo. La lista nera rende ufficiale una politica
già in atto da tempo e che ha visto diversi esponenti del movimento Bds fermati
all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ed espulsi nel giro di qualche ora. Tra
questi Isabel Phiri, esponente di spicco del World Council of Churches. Già
dallo scorso marzo una legge autorizza il blocco ai valichi di confine
dell’ingresso di persone favorevoli al boicottaggio di Israele.
Tra le
organizzazioni nella lista nera, assieme Bds Italia, figurano anche Jewish
Voice for Peace (70 filiali e 15mila membri) schierata contro il governo
Netanyahu, e persino Afsc (American Friends Service Committee) una società
religiosa di quaccheri che si batte per la giustizia sociale, la pace,
l’abolizione della pena di morte ed i diritti umani. Afsc nel 1947 ha ricevuto
il Premio Nobel per la Pace per il suo sostegno agli ebrei e a tutte le altre
vittime del nazismo. «Mettendo al bando venti organizzazioni per i diritti
umani, tra cui Code Pink – spiega Ariel Gold – Israele si sta isolando
ulteriormente come uno Stato di apartheid in cui un gruppo di persone gode di
diritti e privilegi superiori semplicemente a causa della propria religione».
Non usa mezze
parole la direttrice di Code Pink. Per lei l’attacco al Bds è parte di una
campagna del governo Netanyahu volta a far tacere tutti coloro che denunciano
le politiche di occupazione nei Territori e che colpisce il diritto di
espressione sulla questione palestinese. «Dai recenti arresti di attivisti
palestinesi nonviolenti – prosegue Gold – a questa lista nera di organizzazioni
per i diritti umani di tutto il mondo, è chiaro che Israele sta aumentando la
repressione di attivisti dei diritti umani e sta precipitando nel razzismo e
nell’estremismo di destra con l’appoggio dei suoi sostenitori
nell’amministrazione Trump».
Code
Pink, in linea con le altre organizzazioni americane e del resto del mondo
inserite nella lista nera, fa sapere che «rimarrà fedele al lavoro di sostegno
della libertà palestinese e per l’uguaglianza e la giustizia per tutti i
popoli».