L’unica capitale europea senza una moschea
Il Post,
3 giugno 2018
È Atene,
e sta diventando un problema: la sua costruzione è stata autorizzata, ma ci
sono ancora molte cose da risolvere
Musulmani che pregano in un negozio convertito in moschea, Atene, 18 febbraio 2017 (Angelos Tzortzinis/AFP/Getty Images) |
Musulmani che pregano e cartelli di protesta contro la costruzione di una moschea ad Atene, 16 novembre 2010 (ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images) |
Ci sono
due piccole moschee storiche nella parte più antica della città, ma non vengono
utilizzate regolarmente per il culto fin dall’epoca ottomana. I musulmani
praticano dunque in spazi di culto informali, in luoghi sotterranei che spesso
sono scantinati, garage adattati o appartamenti modesti che sono tecnicamente
delle abitazioni private.
La moschea ottomana di Tzistarakis che si trova nella piazza principale dello storico quartiere di Monastiraki, ad Atene (Melanie Stetson Freeman/The Christian Science Monitor) |
Musulmani
che pregano in un negozio convertito in moschea, Atene, 2 febbraio 2017
(Milos
Bicanski/Getty Images)
|
Nell’ottobre
del 2016 – superate le proteste dei gruppi di estrema destra del paese, che
avevano occupato il terreno destinato alla moschea esponendo striscioni con
scritto che i musulmani «sono nemici di Cristo, dell’Ortodossia e del paese» e
che «devono tornare da dove sono venuti» – era stato firmato un contratto di
costruzione: il progetto prevede la ristrutturazione di una ex base navale nel distretto
periferico di Votanikos per renderla adatta all’accoglienza di 350 uomini e di
50 donne.
“Fuori i musulmani”: la scritta sul muro vicino alla base navale dove è iniziata la costruzione della prima moschea di Atene (ANGELOS TZORTZINIS/AFP/Getty Images) |
Nel
frattempo un alto funzionario del governo ha dichiarato all’Economist che
l’intenzione è regolarizzare i luoghi di preghiera informali rilasciando delle
licenze specifiche, a patto che vengano rispettate le regole di costruzione e
di sicurezza. Per ora sono state rilasciate sei licenze ad Atene. Naim
El-Ghandour, il presidente dell’Associazione dei musulmani di Grecia, ha
dichiarato che dare all’Islam lo status che gli spetta all’interno del paese
sarebbe anche un vantaggio per lo stato greco. Le relazioni con le autorità
sono positive e la polizia, dice, apprezza il lavoro svolto dai leader della
comunità che sorvegliano e segnalano la nascita di qualsiasi forma di
estremismo. Per le nuove generazioni di musulmani, che studiano in Grecia e che
in Grecia fanno il servizio militare, sta diventando sempre più incomprensibile
il fatto di dover andare in un garage per pregare e la questione potrebbe
dunque diventare un problema sociale diffuso: «Sono un cittadino greco, un
alunno delle scuole greche, non ho nessun altro paese, ma quando prego devo
andare in un seminterrato, mentre il mio vicino può andare in una chiesa».