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Turchia, le elezioni che potrebbero indebolire Erdogan

Cristin
Cappelletti, L’Indro, 30 maggio 2018

L’AKP
sembra avviarsi verso una vittoria annunciata, ma il risultato potrebbe non
essere così scontato. A parlarcene Antonello Biagini, professore di Storia
dell’Europa Orientale presso l’Università la Sapienza di Roma. 

A meno di
un mese dalle elezioni turche, la campagna elettorale è entrata nella sua fase
finale. Pubblicate le liste dei candidati presidenziali, l’opposizione si sta
preparando per dar battaglia alla coalizione guidata dall’AKP del Presidente
turco Recep Tayyip Erdogan. Lo scorso 18 aprile, in una mossa a sorpresa, anticipando
le elezioni
di ben 18 mesi, Erdogan ha messo nero su bianco il suo
tentativo di indebolire le voci dell’opposizione.
Per la
prima volta le elezioni si svolgeranno all’interno del nuovo sistema
presidenziale, transizione avvenuta dopo il referendum
del 2017
in cui, nonostante i molti dubbi espressi dall’OSCE,
la maggioranza del popolo turco avrebbe regolarmente votato per consegnare al
Presidente molti più poteri rispetto al precedente sistema parlamentare.
La
Turchia si trova ora in un limbo. Dopo il fallito colpo di
Stato del 2016
le libertà all’interno dello Stato di diritto turco
sono state notevolmente ridotte, soprattutto riguardo ai mezzi d’informazione e
alla libertà di espressione che negli ultimi anni è stata messa sotto attacco
dall’incarcerazione
di migliaia di giornalisti
, accademici e ‘oppositori’ della politica
dell’AKP. In questo clima di continua incertezza, ad emergere come unica vera
forza di opposizione allo strapotere di Erdogan è la lady di ferro turca, Meral Aksener,
candidata presidenziale con il suo nuovo partito, l’IYI Parti, Il Partito
Buono.
Nonostante
la crescente popolarità della signora Aksener, c’è chi teme che queste elezioni
non saranno libere, dati i molti strumenti a disposizione dell’establishment
dell’AKP per ribaltare il risultato delle elezioni. Un risultato che, tuttavia,
potrebbe non essere così scontato. ”I partiti d’opposizione, rispetto agli anni
passati,  non hanno fatto una sola candidatura con una personalità
piuttosto scialba. La signora Aksener viene da una buona storia politica con il
centrodestra laico turco, ha già avuto esperienze di governo, fa parte di
quella elite che si era progressivamente distaccata dal partito kemalista, negli
anni 70-80, ma che, allo stesso tempo, di fronte al successo del partito di
Erdogan, era finita un po’ nell’ombra. Sembra che questa volta ci sia una
compattazione sia di questo centro destra laico, sia di quello che è rimasto
del partito di Mustafa Kemal”,
afferma Antonello Biagini, professore emerito di Storia dell’Europa Orientale
presso l’Università La Sapienza di Roma. “Pare che esista un accordo tra i tre
partiti di opposizione, il CHP, il Partito Buono ed il Partito della Felicità,
che nel caso in cui si riesca ad andare al ballottaggio questi tre esponenti
convergerebbero su quello che ha preso più voti che dovrebbe essere il Partito
della signora Aksener”.
La
possibilità di un ballottaggio, tuttavia, potrebbe essere limitata dallo
spettro di brogli elettorali. ”Certamente non sappiamo che cosa farà Erdogan,
il Sultano, anche se non sono molto d’accordo con questo appellativo.
Sicuramente non c’è alcun dubbio che abbia delle tendenze autoritarie e che
abbia stravolto lo spirito, il dna della Repubblica turca, ovvero la
separazione tra potere politico e potere religioso. Però è anche inevitabile
che dopo così tanto tempo dalla nascita della Repubblica vi siano delle
trasformazioni. Erdogan ha fatto una politica intelligente sul piano sociale e
delle previdenze. Nonostante i residui autoritari questo atteggiamento è
bilanciato da soluzioni che soddisfano i bisogni della popolazioni, di molte
fasce sociali, creando molto consenso nei confronti del leader”.
Sarà
proprio sulla riscoperta, la riappropriazione dell’identità kemalista che si
concentrerà il programma della Aksener. “Sicuramente la leader dell’IYI Parti
sta promuovendo un programma volto al recupero della tradizione laica dello
Stato, dove non vi sia questo forte legame con la religione. In passato la
Turchia era un Paese ultra liberale, ha concesso il diritto alle donne molto
prima di molti altri Paesi europei. Mentre le donne della borghesia,
urbanizzate, andavano a votare, nell’entroterra, nella campagna profonda turca
le donne non avevano interesse e legami con la politica. Il merito di Erdogan,
in tal senso, è stato di riuscire a riportare le donne delle classi sociali più
basse facendo aumentare il consenso”.
L’opposizione,
come dicevamo, è riuscita a compattarsi e ad agire in maniera unita, evitando
ulteriori frammentazioni, un atteggiamento che potrebbe far ben sperare in
vista delle elezioni.
“In
realtà in una democrazia normale l’AKP, anche se per poco, dovrebbe perdere. Sarebbe
già una grandissima vittoria se Erdogan non vincesse al primo turno. Il Presidente
turco ha impostato tutta la sua politica domestica e interna sulla sua persona,
cambiando alleati senza il consenso del Parlamento. Il fatto che si sia
recentemente occupato della Siria, o che di recente abbia fatto un viaggio nei
Balcani promettendo varie cose, è sintomo di una politica altamente
personalizzata, basata sul suo carisma, con la consapevolezza di poter
trascinare il Paese. Nel momento in cui dovesse ricevere uno stop di questo
genere dovrebbe anche riflettere se continuare su questa linea. Dovrà
concentrarsi sul riappropriarsi del consenso delle classi medio di
un’iniziativa politica, che oggi, al momento, sembra non appartenere più a loro”.
Il
rapporto con l’Europa continua ad essere un rapporto molto delicato, sempre in
equilibrio precario pronto a degenerare in ogni momento. Un tema caldo anche in
queste elezioni. “In realtà il discorso sull’Europa era molto più presente in
passato. C’era nei confronti dell’ Unione Europea un atteggiamento di grande
disponibilità. Forse erano molto più europeisti di noi. C’è stato il grande
errore dell’Europa nel 2011 di aver chiuso le porte alla Turchia. È vero che
Erdogan stava prendendo il potere, però esisteva sostanzialmente un
atteggiamento di apertura verso l’Europa. A forza di vedersi chiudere la porta
ha adottato un’altra politica. L’aspettativa generale tra la popolazione è
molto diminuita. Credo, però, che questa forza politica di centrodestra, Il
Partito Buono, possa riuscire ad avere un consenso forte e aprire una serie di
prospettive verso l’Europa”.
Il clima
interno rimane molto teso. Le mossi degli ultimi mesi al di fuori dei confini
turchi, come l’operazione ad Afrin nel
Nord della Siria hanno riacceso i riflettori della Turchia come potenza
regionale capace di influenzare, almeno in parte, gli eventi più significativi
della regione. Queste elezioni potrebbero aprire un nuovo capitolo per la
politica di Erdogan. “Se si va al secondo turno sicuramente potrebbe essere uno
spartiacque per i piani di Erdogan, posto che lui vinca il secondo turno. Il
leader dell’AKP dovrà rivedere una serie di parametri politici, essendo secondo
me un uomo di grande intelligenza capirà il segnale che arriva dall’elettorato.
Sulle libertà interne potrebbe rivedere alcune posizioni. Forse non in politica
estera, perché ha avuto dei buoni successi e credo che l’opinione pubblica non
sia così scontenta da questo punto di vista”