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Fin dove si può arrivare per proteggere una specie in via d’estinzione?

Il Post, 1
aprile 2018

Nel parco
indiano di Kaziranga le guardie forestali possono sparare ai bracconieri: in
tre anni hanno ucciso 50 persone, compresi degli innocenti
Un
rinoceronte indiano nel parco di Kaziranga, 
il 2 giugno 2016 (BIJU
BORO/AFP/Getty Images)
Quest’anno
nel triennale censimento dei rinoceronti indiani che vivono nel parco nazionale
di Kaziranga, nel nord-est dell’India, sono stati contati 2.413 esemplari,
dodici in più rispetto al 2015. È una buona notizia per questa specie, di cui
negli anni Settanta c’era solo qualche centinaio di esemplari e che è
tuttora considerata
vulnerabile
dall’Unione Internazionale per la Conservazione della
Natura (IUCN). Due terzi dei rinoceronti indiani viventi si trovano nel parco
di Kaziranga e il loro aumento è merito della gestione del parco. Il modo in
cui questo successo è stato ottenuto, però, è molto controverso: per proteggere
i rinoceronti le guardie forestali del parco hanno infatti gli stessi poteri
che hanno i soldati incaricati di sedare le rivolte. Possono, in pratica,
uccidere i bracconieri.
Il parco
di Kaziranga esiste dal 1905 ed è un sito patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
Potreste aver visto alcuni dei suoi animali nel documentario Planet Earth
II
, in parte girato proprio nel parco. Oltre ai rinoceronti indiani
ci vivono tigri, elefanti, arni (un tipo di bufalo selvatico) e numerose specie
di uccelli. Inoltre nelle acque del Brahmaputra, il fiume che passa accanto al
parco, vivono i platanisti (Platanista gangetica), delfini di fiume a
rischio d’estinzione.
Tra gli
animali che vivono nel parco i rinoceronti sono i più cacciati dai bracconieri
per via dei loro corni, che in Cina e Vietnam vengono pagati molto perché ritenuti
capaci di guarire i più svariati disturbi e malattie, dai tumori alle
disfunzioni erettili; 100 grammi di polvere di corno di rinoceronte arrivano a
essere pagati l’equivalente di quasi cinquemila euro. I corni dei rinoceronti
indiani sono più piccoli di quelli dei rinoceronti africani, ma sono ritenuti
più potenti e per questo sono molto richiesti. Dal 2006 circa 15o rinoceronti
sono stati uccisi per i loro corni.
La
politica che permette alle guardie forestali di uccidere le persone che
ritengono essere dei bracconieri è stata introdotta dopo che, nel solo 2013,
furono uccisi 27 rinoceronti, più del doppio rispetto all’anno precedente. Fu
un problema molto sentito anche perché il Kaziranga è la principale attrazione
turistica dello stato di Assam (ogni anno accoglie 170mila visitatori o più), e
per questo le autorità non esitarono a scegliere una soluzione drastica.
L’allora direttore del parco MK Yadava propose di vietare qualsiasi
ingresso non autorizzato, e di uccidere chiunque avesse violato questo divieto,
giustificandosi dicendo che i crimini ambientali come il bracconaggio sono più
gravi dell’omicidio.
Dal 2014
il numero di persone uccise dalle guardie forestali è cresciuto: nei primi tre
anni dall’introduzione delle nuove regole sono state cinquanta, e per alcuni
mesi la media è stata di due persone uccise al mese. Nel 2015 le guardie
forestali del parco hanno ucciso 23 persone, più dei rinoceronti uccisi dai
bracconieri nello stesso anno. Non sono disponibili dati più recenti sulle
persone uccise dai guardiaparco.
L’anno
scorso BBC aveva
dedicato un articolo
al parco di Kaziranga e ai metodi delle sue
guardie forestali: una di queste aveva detto al giornalista Justin Rowlatt
che lui e i suoi colleghi hanno l’ordine di sparare a qualunque persona vedano
aggirarsi nel parco di notte. Il direttore del parco Satyendra Singh aveva
invece detto a Rowlatt che prima di sparare le guardie hanno l’ordine di
chiedere alle persone chi siano, e di sparare solo se queste sono armate.
L’obiettivo primario, in ogni caso, sarebbe quello di arrestarle, in modo da
ottenere informazioni sulla rete del bracconaggio.
Oltre
agli evidenti problemi umanitari di questo metodo molto violento di svolgere la
lotta al bracconaggio, c’è l’ulteriore conseguenza che periodicamente vengono
uccise delle persone che con il bracconaggio non c’entrano nulla. Attorno al
parco di Kaziranga ci sono moltissimi villaggi i cui abitanti sono abituati a
spingersi all’interno della zona protetta – non ci sono recinzioni che la
delimitino – per raccogliere legna da ardere, erbe e piante: è capitato più
volte che fossero scambiati per bracconieri e colpiti dalle guardie forestali,
in alcuni casi a morte. Nel luglio del 2016 capitò a un bambino di sette
anni, Akash Orang, che stava andando a casa a piedi su un sentiero sul
confine del parco: colpito gravemente alla gamba e non soccorso in modo
adeguato (l’ospedale più vicino al suo villaggio era a cinque ore
d’automobile), non riuscirà mai più a camminare come prima. Il parco ha ammesso
l’errore, ha pagato le sue spese mediche e ha dato alla sua famiglia un
indennizzo di quasi 200mila rupie, meno di 2.500 euro. In un altro caso un
abitante di un villaggio scambiato per un bracconiere è stato arrestato e
torturato per ottenere informazioni.
Dopo il
ferimento di Orang gli abitanti dei villaggi attorno al parco di Kaziranga
hanno organizzato numerose proteste contro il parco, e alcuni attivisti per i
diritti umani hanno cominciato a occuparsi della questione, chiedendo giusti
processi per le guardie forestali che abusano del proprio potere. Non ci sono
infatti molte indagini sulle uccisioni compiute dalle guardie forestali, e dal
2014 al 2016 solo due persone sono state accusate formalmente di bracconaggio,
contro le cinquanta uccise.
Per ora
comunque gli sforzi degli attivisti che si occupano di diritti umani non hanno
portato a grossi cambiamenti. Nel frattempo grandi organizzazioni
ambientaliste, come il WWF, sembrano ignorare il problema: proprio il WWF ha
più volte donato dei fondi al dipartimento per le foreste dello stato di Assam,
con cui sono state acquistate attrezzature speciali per equipaggiare le guardie
forestali.